l'intervista
Cassese: "Il governo evoca complotti dei pm per trovare un capro espiatorio. E perde tempo"
"Lo scontro con la magistratura? Le riforme si fanno 'per', non 'contro'. Così facendo il governo distoglie rispetto ai veri problemi della giustizia". Parla il giudice emerito della Corte Costituzionale
“I problemi di fondo della giustizia non possono essere oggetto di contesa o di scontri. Vanno trattati con l’attenzione e la serietà dell’entomologo, uniti con la decisione e l’acume dell’uomo di stato”. Il professor Sabino Cassese non è certo tacciabile di pregiudizio o predisposizione acritica nei confronti del funzionamento della magistratura italiana. Ne conosce i limiti, ne ha denunciate le storture. Eppure, in questo colloquio con il Foglio, lo confessa subito come la pensa a proposito del vittimismo manifestato dal governo nei confronti delle toghe, soprattutto dopo i casi giudiziari che hanno riguardato la ministra del Turismo Daniela Santanchè e il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Procedimenti che hanno portato la premier Meloni a credere di essere oggetto di un assedio da parte dei pubblici ministeri. “Vedere complotti da tutte le parti o è la ricerca di capri espiatori, o è il segno di una debolezza di analisi della realtà”, dice il giudice emerito della Corte Costituzionale. “E questa realtà è segnata, principalmente, dall’errore compiuto da circa cinquant’anni in Italia, che ha riconosciuto all’ordine giudiziario un ‘autogoverno’ che ad esso non è attribuito dalla Costituzione. Quante volte ha letto nei documenti ufficiali che il Csm è ‘organo di autogoverno della magistratura’?”.
Cassese, che in passato ha difeso alcune scelte dell’esecutivo, ad esempio quando decise di limitare i poteri della Corte dei Conti nel controllo sul Pnrr, apprezza le impostazioni e la sensibilità di fondo espresse dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. “Come giudico il suo lavoro? Positivamente, purché continui”, spiega. Ed è per questo che la sua analisi dovrebbe servire quasi da monito nei confronti di Meloni e della sua squadra. Perché, come ci dice ancora l’ex ministro della Funzione pubblica, “le riforme non si fanno ‘contro’, ma ‘per’. Non si tratta di contrapporsi all’ordine giudiziario, ma di assicurare sollecita e autentica giustizia ai cittadini”. Che poi sono quelli che più patiscono gli effetti di una giustizia inefficiente.
Eppure secondo Palazzo Chigi, con le loro azioni i giudici starebbero imbastendo una “campagna elettorale per supplire alle mancanze delle opposizioni”. Questa è stata la lettura filtrata giovedì sera dal governo. E’ davvero così? Secondo Cassese, a dire il vero, “preoccupano tutte le iniziative che hanno per effetto di distogliere l’attenzione dello spazio pubblico per i problemi di fondo della giustizia: i 4.4 milioni di casi pendenti, il rinvio delle decisioni persino a 10 anni dopo, la generale lentezza della giustizia, i troppi magistrati che fanno i funzionari amministrativi, la carenza di reale indipendenza dell’ordine giudiziario che ne consegue, l’atteggiarsi del corpo dei giudici come una vera e propria corporazione, che apre ‘tavoli di confronto’ con il governo. Questi sono i problemi di fondo e a questi bisognerebbe fare attenzione”, risponde risolutamente il decano dei giuristi italiani. E quindi si può dire che l’evocazione del complotto da parte del governo rischi di vanificare il lavoro precipuo portato avanti in questi mesi dal Guardasigilli su dossier specifici come l’abolizione del reato di abuso d’ufficio e la limitazione delle intercettazioni? “Non penso che si possa parlare di vanificazione del lavoro del ministro. L’effetto è un altro: non consente la concentrazione sui problemi importanti, finisce per richiamare l’attenzione sugli epifenomeni, allunga il processo di decisione”. In sostanza, porta a perdere altro tempo prezioso.
Per di più, si apre anche una partita che riguarda le priorità dell’azione di governo in ambito giudiziario. Perché dietro al rilancio della separazione delle carriere tra giudici e pm, quasi fosse un fallo di reazione alle indagini della magistratura, si nasconde forse più la voglia di brandire slogan che risolvere i problemi della malagiustizia italiana. E il professore Cassese anche su questo punto ha le idee chiare: “La separazione delle carriere è un altro dei capitoli della riforma, anche se non quello dal quale partirei, perché ve ne sono altri più urgenti”.
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