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Altri guai tributari: i problemi della riforma
Gli obiettivi della riforma approvata nella scorsa legislatura rischiano di non essere raggiunti. Le soluzioni possibili
La riforma della giustizia tributaria è stata approvata dal Parlamento alla fine della scorsa legislatura. Ma due tra i suoi principali obiettivi, cioè la creazione di una magistratura tributaria non più onoraria e la riduzione dei ricorsi in materia fiscale pendenti presso la Cassazione, rischiano di non essere conseguiti. Sui tempi della giustizia tributaria nell’ultimo grado di giudizio, sono eloquenti i dati esposti dal Presidente della Corte di Cassazione, Curzio, all’inaugurazione dell’anno giudiziario: l’anno scorso si è registrata una diminuzione del 10% nel numero delle pendenze, ma queste erano pur sempre più di 45.000 e ad esse si aggiungevano i procedimenti di nuova iscrizione. Le cose non vanno bene nemmeno sull’altro versante. La riforma consente ai magistrati professionali che siano anche giudici tributari di optare per la nuova magistratura tributaria. Al bando per 100 posti riservato ai magistrati hanno però risposto in pochi (solo 37) e ancor meno (una ventina) hanno superato le varie fasi della procedura. Che fare? Una soluzione: favorire il transito, previo concorso, di un congruo quantitativo di dipendenti pubblici e professionisti – avvocati, dottori commercialisti e altri – già inclusi tra gli attuali giudici tributari. Insomma, la realizzazione di una riforma non si esaurisce con la promulgazione d’una legge. Richiede varie misure volte ad attuarla. I ministri della giustizia e dell’economia dovrebbero farsene carico, anche perché il regolamento dell’Ue sul Pnrr prevede la possibilità che, in mancanza di progressi concreti verso gli obiettivi concordati, i finanziamenti siano riconsiderati. Vi sarebbe un duplice danno per l’Italia: finanziario e d’immagine. Non è meglio evitarlo?