l'intervista

La storia del colonnello Mendella, massacrato per nove anni da accuse infondate

Ermes Antonucci

"Sono stato arrestato e perseguitato sul piano mediatico. Ho rinunciato alla prescrizione per veder riconosciuta la mia innocenza. Ogg, la sentenza dei giudici d’appello di Napoli rende finalmente giustizia", dice l'ufficiale della GdF

“Sono stati nove anni terribili. Mi hanno sbattuto in carcere. Sono stato sospeso dal servizio per tutta la durata del processo. La mia carriera è stata congelata. Questo significa che sono stato costretto ad andare avanti col 30 per cento dello stipendio, aiutato da mia moglie, tra mille difficoltà. Sono stato massacrato sul piano mediatico. Ho rinunciato alla prescrizione per veder riconosciuta la mia innocenza. Oggi, dopo nove anni, la sentenza dei giudici d’appello di Napoli rende finalmente giustizia”. Così, intervistato dal Foglio, parla il colonnello della Guardia di Finanza Fabio Massimo Mendella, accusato di presunta corruzione nel periodo in cui era in servizio a Napoli e, successivamente, a Roma dove comandava il Gruppo territoriale della Capitale. Pochi giorni fa la seconda sezione della Corte di Appello di Napoli (presidente Maria Francica) lo ha assolto “per non aver commesso il fatto”. L’ufficiale è stato assistito dagli avvocati Domenico Ciruzzi e Alfonso Furgiuele. 

 

La vicenda giudiziaria è alquanto paradossale. Inizialmente, infatti, Mendella fu destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare con l’accusa di concussione nei confronti di alcuni imprenditori, in particolare i fratelli Giovanni e Francesco Pizzicato. In altre parole, l’ufficiale venne accusato di aver svolto verifiche blande e pilotate, di non aver informato l’autorità giudiziaria degli elementi emersi, non aver richiesto provvedimenti cautelari, aver di fatto consentito ai Pizzicato e alle società a loro riconducibili di ottenere l’impunità, in cambio di denaro e altre utilità. 

 

Già nell’immediatezza dell’arresto, i legali di Mendella riuscirono a dimostrare l’infondatezza dell’ipotesi accusatoria, a dimostrare cioè che Mendella aveva coordinato una verifica fiscale sulle società dei Pizzicato da cui era emersa l’evasione di centinaia di milioni di euro, che lo stesso Mendella aveva redatto e inoltrato quattordici informative all’autorità giudiziaria, che aveva richiesto perquisizioni e sequestri, insomma che aveva compiuto una verifica profonda nei confronti del suo presunto “protetto”. 

 

A fronte di questi elementi, che avrebbero immediatamente imposto ai pm di fermarsi e di rendersi conto dell’errore commesso, l’accusa ha cambiato pelle, contestando a Mendella l’accusa di corruzione, che sarebbe stata compiuta dai Pizzicato indirettamente, tramite l’intermediazione di una terza persona. Nonostante le evidenti contraddizioni tra le affermazioni espresse dai Pizzicato e l’effettivo operato di Mendella, la procura continuò a portare avanti l’accusa di corruzione e nel 2018 il tribunale di Napoli condannò in primo grado il colonnello Mendella a quattro anni di reclusione con l’accusa di corruzione

 

Continuano a trascorrere gli anni e si arriva alla scadenza dei termini di prescrizione. Ma Mendella rinuncia: “Ho rinunciato alla prescrizione, maturata da due anni – spiega – perché mi sono sempre dichiarato innocente e sono sempre stato convinto che prima o poi la verità sarebbe emersa. Poi, in secondo luogo, volevo che si svolgesse un processo il più ampio possibile nel merito, perché volevo rappresentare la mia assoluta estraneità dai fatti”. La battaglia giudiziaria di Mendella è proseguita, fino ad arrivare al giudizio della Corte d’appello di Napoli, che, ribaltando la decisione di primo grado, ha assolto l’ufficiale da ogni accusa

 

E' una soddisfazione enorme – dichiara l’avvocato Domenico Ciruzzi, legale di Mendella – perché, sia pur dopo anni, è stata restituita la dignità e l’onore ad un uomo che ha servito lo stato con rigore ed onestà. Non ho mai dubitato, neppure nei momenti bui, che non sono stati pochi, della totale innocenza del mio assistito poiché le prove erano chiare così come evidente era l’inattendibilità e la scarsa verosimiglianza della dichiarazione accusatoria resa dal presunto corruttore”.

 

La vicenda di Mendella è arrivata anche all’attenzione del vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, che in un incontro svolto alla festa romana di Fratelli d’Italia ha citato il caso come un esempio emblematico della malagiustizia italiana.

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