Dopo il generale scrittore, ecco il poeta bloccato nel corpo di un magistrato
Il caso del giudice campano Ernesto Anastasio, che, preso dalla passione per la letteratura, ha accumulato circa 800 fascicoli processuali. Ora si trova sotto procedimento disciplinare davanti al Csm
Chi lo ha detto che solo i politici sono liberi di dare libero sfogo alle proprie velleità letterarie, pubblicando saggi, romanzi e autobiografie? L’estate 2023 sarà ricordata anche per una importante novità nel campo editoriale: ai politici si sono infatti aggiunti altri professionisti, la cui figura veniva un tempo associata a virtù come serietà, continenza e sobrietà. A cambiare le cose ci hanno pensato il generale Roberto Vannacci (già comandante della Folgore), autore di un libro – autopubblicato ma in cima alle classifiche – pieno zeppo di insulti razzisti, omofobi e sessisti, diventato un caso nazionale, e un magistrato, Ernesto Anastasio, protagonista di una vicenda meno nota, ma altrettanto paradossale: da giudice ha accumulato centinaia di fascicoli processuali perché “oppresso dal lavoro” e interessato ad altri campi, in particolare la poesia e la letteratura.
Precisiamo: se il caso Vannacci rappresenta una novità, non certo felice, per l’esercito, Anastasio non è certo la prima toga a dedicarsi alla letteratura (basti pensare a un pm mediatico come Nicola Gratteri, autore di oltre venti pubblicazioni con il solito fido co-autore giornalista), ma mai prima d’ora un magistrato era arrivato a interrompere la propria attività sotto il peso della passione letteraria.
Cinquantaquattro anni, originario della provincia di Napoli, in magistratura dal 1999, Anastasio è stato chiamato a rispondere davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura del numero record di sentenze e provvedimenti mai redatti o depositati. Da giudice del tribunale civile di Santa Maria Capua Vetere ha accumulato oltre 200 sentenze non redatte nei termini previsti. Anziché sospenderlo o consigliargli di cambiare lavoro per soddisfare le proprie passioni, il Csm ha avuto la brillante idea di trasferire Anastasio a Perugia, presso il tribunale di Sorveglianza, cioè l’ufficio chiamato ad adottare decisioni delicatissime che riguardano l’esecuzione della pena e quindi la libertà personale dei cittadini.
A Perugia il giudice avrebbe accumulato circa 800 provvedimenti non depositati o redatti in ritardo, facendo così scattare l’ennesimo procedimento disciplinare al Csm. La condotta ha provocato anche le proteste dei penalisti e persino un’istanza collettiva di un gruppo di detenuti.
La procura generale della Cassazione accusa il giudice campano di gravi violazioni ai “doveri di diligenza e laboriosità” e nei mesi scorsi è stata disposta anche una perizia, affidata a un docente di Psicopatologia forense, per accertare eventuali patologie. Anastasio, ha concluso il perito lo scorso giugno, “appare consapevole del problema, ma allo stesso tempo non è in grado di opporsi a questa spinta interna. Si trova – prosegue il perito – a fare un lavoro che non genera in lui alcuna soddisfazione essendo tutti i suoi interessi orientati in altri campi, letterari e poetici”. Proprio l’amore per la poesia lo ha spinto a trascurare i suoi doveri di giudice. “Si sente oppresso da quello che fa e tende a boicottarlo”, aggiunge il perito, secondo cui Anastasio non è idoneo a fare il lavoro da giudice, ma per esempio “potrebbe fare il bibliotecario”.
“Sicuramente il problema è grave e non è giusto che un giudice combini tutto questo macello – ha ammesso il magistrato campano davanti alla sezione disciplinare del Csm –. Ma voglio dire che ora fare il magistrato di sorveglianza mi piace e vorrei portare a termine il quadriennio, anche se sono certo che non morirò magistrato”. La soluzione non è poi così difficile, per quanto inconcepibile per una toga abituata all’inamovibilità: basterebbe dimettersi.