giustizia
Il rinvio della separazione delle carriere non preoccupa Forza Italia (ma i penalisti sì)
Gli azzurri non temono che la volontà di Meloni di dare priorità alla riforma del premierato possa penalizzare l’approvazione della riforma della giustizia. Caiazza (Ucpi), però, lancia l'allarme: "Il tempo corre"
Puntare tutto sull’approvazione della riforma costituzionale che introduce il premierato (con annesso referendum), rinviando a un secondo momento la riforma costituzionale della giustizia e della separazione delle carriere tra giudici e pm (con secondo annesso referendum)? Nessun problema. La strategia immaginata dalla premier Giorgia Meloni, anticipata ieri dal Foglio, non sembra preoccupare Forza Italia, cioè il partito di governo che da sempre ha fatto della riforma della giustizia una delle sue battaglie campali.
“Penso che ci sia il tempo e soprattutto il consenso parlamentare per approvare entrambe le riforme”, dichiara Pietro Pittalis, deputato di FI e vicepresidente della commissione Giustizia della Camera. “La separazione delle carriere è un punto qualificante del programma di governo”, nota. “Non realizzare la riforma sarebbe quindi un tradimento nei confronti degli elettori”, aggiunge Pittalis. “Vista la coerenza dimostrata finora da Meloni non pavento alcun rischio che la riforma della giustizia possa saltare”, conclude.
Della stessa opinione si mostra anche il deputato forzista Tommaso Calderone, primo firmatario della proposta di legge sulla separazione delle carriere presentata da FI: “Si tratta di un pilastro fondamentale del programma elettorale non solo di Forza Italia, ma dell’intero governo”, dice al Foglio, escludendo preoccupazioni per la precedenza che Meloni vorrebbe attribuire alla riforma del premierato. “Le due riforme sono compatibili”, afferma Calderone. “Possono essere esaminate entrambe – aggiunge –, fermo restando che per noi la riforma della giustizia costituisce una priorità assoluta”. “L’obiettivo è ripristinare l’equità nel processo, oggi troppo sbilanciato in favore dell’accusa. Occorre rimettere i diritti degli imputati al centro del sistema giudiziario. Noi siamo disposti a raddoppiare il nostro sforzo”, conclude Calderone.
Il ragionamento della premier è molto semplice: evitare di approvare un testo di riforma costituzionale che tenga dentro temi fra loro molto diversi, come la forma di governo, la separazione delle carriere fra giudici e pm, la struttura del Consiglio superiore della magistratura, e che chiami quindi gli italiani a votare su un quesito referendario molto complicato, in favore invece di due “momenti riformatori”, ciascuno dei quali con il proprio referendum, più semplice da spiegare ai cittadini. Senza dimenticare, inoltre, che mentre il problema della stabilità dei governi appare essere ormai molto sentito dai partiti, ed evidente persino all’opinione pubblica, i temi relativi alla giustizia sono ben più incendiari e divisivi.
Forza Italia non teme – al momento – che la volontà di Meloni di dare priorità alla riforma costituzionale per l’introduzione del premierato possa penalizzare l’approvazione della riforma della giustizia. Eppure di motivi per preoccuparsi ce ne sarebbero diversi, a partire dai tempi di approvazione richiesti dai testi di riforma costituzionale e dalle sfide elettorali che attendono il governo (rischiando di condizionarne l’andamento).
Un allarme, in questo senso, proviene da Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali italiane (Ucpi): “La notizia pubblicata ieri sul Foglio non fa che confermare le nostre preoccupazioni sull’accantonamento della riforma della separazione delle carriere”, dichiara Caiazza.
“I segnali nell’ultimo periodo sono stati abbastanza evidenti – prosegue –. Alla Camera sono incardinati diversi progetti di legge, la prossima settimana riprenderanno le audizioni, eppure il governo ha annunciato una propria iniziativa legislativa. Perché? L’esecutivo ha una idea della separazione delle carriere diversa da quella del Parlamento?”, si chiede Caiazza.
“Ci viene ripetuto che è un percorso lungo ed è vero, però bisognerebbe cominciarlo subito, non rinviarlo costantemente, perché per approvare un testo di riforma costituzionale servono due anni”, conclude il presidente dei penalisti.