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Forza Italia boccia il decreto sulle intercettazioni antimafia: "E' incostituzionale"
Nuovo segnale di insofferenza degli azzurri nei confronti del Guardasigilli Nordio e di FdI. In un documento interno, l'ufficio legislativo evidenzia il rischio incostituzionalità del decreto voluto da Meloni ad agosto
Qualcosa è cambiato. Non passa giorno senza che da Forza Italia giungano piccoli segnali di insofferenza nei confronti di Fratelli d’Italia in materia di giustizia. Dopo il boccone amaro ingerito dagli azzurri sulla separazione delle carriere, rinviata a data da destinarsi dal ministro Nordio, e dopo lo scontro attorno alla scelta del testo base sulla riforma della prescrizione, nuove tensioni stanno emergendo tra i due alleati di governo sul delicato tema delle intercettazioni.
Per comprendere cosa sta accadendo tocca fare un passo indietro, allo scorso metà luglio, quando il governo annunciò l’intenzione di adottare un decreto legge che rafforzasse l’utilizzo delle intercettazioni contro i reati di mafia. La scelta nacque da due esigenze: da un lato, sfruttare l’onda emotiva dovuta al trentennale della strage di Via D’Amelio, in cui venne ucciso Paolo Borsellino, dall’altro cercare di ripulire l’immagine dell’esecutivo dalle polemiche emerse in quei giorni attorno alle dichiarazioni del ministro Nordio, che aveva invocato una riforma del reato di concorso esterno in associazione mafiosa (venendo bacchettato dalla premier Meloni: “Non è nel programma di governo”).
Con grande enfasi sugli organi di informazione, Palazzo Chigi annunciò la decisione di adottare un decreto legge che stabilisse l’interpretazione autentica di una sentenza della prima sezione penale della Cassazione pronunciata non alcuni giorni prima, bensì addirittura il 30 marzo 2022. In breve, la sentenza, in linea con la giurisprudenza precedente della Cassazione, escludeva la possibilità di eseguire le intercettazioni secondo la disciplina speciale, prevista per contrastare i reati di associazione mafiosa, anche per contrastare i reati comuni aggravati dalle modalità mafiose. Meloni chiese al Guardasigilli Nordio di intervenire sulla questione e di formulare un decreto. Tutto pur di scrollarsi di dosso l’accusa di voler scardinare la legislazione antimafia. Viste queste premesse, l’intervento non poteva che produrre risultati paradossali, e così è stato.
Il 10 agosto il decreto è stato varato dal Consiglio dei ministri (“Abbiamo evitato che processi aperti per reati legati alla mafia finiscano nel nulla”, esultò Meloni), ma la fretta di fare bella figura sembra aver prodotto non pochi problemi.
Come evidenziato dall’ufficio legislativo di Forza Italia in un documento a uso interno, il provvedimento rischia di risultare incostituzionale, perché “accompagnato dalla disposizione transitoria che prevede l’applicabilità delle nuove disposizioni anche nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge”. “Una simile disposizione transitoria – si legge nel documento – sembra aver senso solo sul presupposto che la norma introdotta non sia di interpretazione autentica”, se però, come pare, la norma ha carattere innovativo “vale per le modifiche a disposizioni processuali il principio tempus regit actum: gli atti da compiere sono regolati dalla nuova disciplina, quelli già compiuti restano regolati dalla vecchia”. Ciò significa che “intercettazioni illegittimamente disposte prima della modifica normativa non possono adesso essere considerate legittime e utilizzabili a fini di prova. La nuova norma potrà quindi interessare i procedimenti in corso nei quali ancora non siano state autorizzate intercettazioni e debbano esserlo”.
“L’intervento del governo, in altri termini – prosegue il documento dei forzisti – non può valere come una sanatoria per intercettazioni illegali nel momento in cui sono state disposte. Se la norma transitoria intende dire questo, è di più che dubbia legittimità costituzionale perché gli articoli 15 Cost. e 8 Cedu consentono limitazioni alla riservatezza nei limiti e con le garanzie stabilite dalla legge; una legge che, evidentemente, deve preesistere rispetto al momento in cui quelle limitazioni sono disposte”.
Una bocciatura che pare aver colpito nel segno, tanto da indurre ora FdI a riflettere su possibili correttivi.