i costi della forca

Così il giustizialismo di Pd e Fdi su Brandizzo mette a rischio 79 posti di lavoro

Ermes Antonucci

Dopo la tragedia di Brandizzo, le forze politiche non hanno saputo fare altro che alimentare gli istinti giustizialisti, senza interessarsi al futuro dei 79 colleghi degli operai morti, che ora rischiano il posto

Il giustizialismo praticato attorno ai fatti di cronaca sarà pure utile ai partiti per raccattare una manciata di voti in più, ma oltre a svilire il dibattito pubblico ha anche un costo economico e sociale. Lo conferma la vicenda dell’incidente di Brandizzo, avvenuto lo scorso 30 agosto lungo la linea Torino-Milano, in cui sono morti cinque operai. Dopo la tragedia, le forze politiche non hanno saputo fare altro che brandire la forca.

 

Il Partito democratico, per bocca della sua capogruppo alla Camera Chiara Braga, ha proposto l’introduzione di un nuovo tipo di reato, l’omicidio sul lavoro. Un reato sostanzialmente inutile, visto che già oggi nel codice penale esistono tutte le norme necessarie per punire gli incidenti  e le morti sul lavoro. Dall’altra parte, Fratelli d’Italia ha chiesto di escludere immediatamente la Sigifer, l’azienda di Borgo Vercelli per la quale lavoravano gli operai travolti e uccisi, dal sistema di appalti di Rete ferroviaria italiana, cioè la società alla quale in realtà spettava il compito di garantire la sicurezza durante i lavori sui binari (non a caso il principale indagato per l’incidente è il tecnico di Rfi, Antonio Massa, presente sul posto in qualità di “scorta cantiere”, che ai magistrati avrebbe peraltro ammesso di aver dato il via libera ai lavoratori sapendo che la linea non era stata interrotta).

 

A chiedere la sospensione della Sigifer è stata la deputata meloniana Augusta Montaruli, che in un intervento in Aula, con voce bassa che contrastava il senso delle sue stesse parole, quasi incapace di sciogliere il dilemma tra essere istituzionale o di lotta, ha parlato di “strage” e dell’esigenza di “tutelare i lavoratori superstiti”, cioè i dipendenti della ditta subappaltata che per fortuna quella notte non erano al lavoro. Come se l’azienda avesse come strategia imprenditoriale quella di mandare al massacro i propri dipendenti. 

 

Il risultato è stato paradossale: Rfi ha notificato la sospensione di tutti gli appalti alla Sigifer, che, perso l’unico committente, ha formalizzato la richiesta di tredici settimane di cassa integrazione ordinaria per tutti i suoi 79 impiegati e operai. Impegnati ad alimentare gli istinti giustizialisti dell’opinione pubblica, né il partito di governo né quello che dovrebbe essere il partito dei lavoratori (il Pd) avevano infatti minimamente pensato al futuro della Sigifer e dei suoi 79 dipendenti, cioè al futuro di 79 famiglie. Insomma, alla disperazione per aver perso cinque colleghi in un incidente gravissimo (dalle dinamiche ancora tutte da accertare in sede giudiziaria), si è sommata nei lavoratori della Sigifer la paura di perdere il posto di lavoro e la sensazione di essere stati sacrificati dalla politica in nome di un’assurda corsa al forcaiolismo. 

 

Per fortuna, dopo giorni di grandi preoccupazioni, pare che la ditta emiliana Cfl (quella che per conto di Rfi aveva subappaltato i lavori di Brandizzo) abbia deciso di farsi carico per tre mesi di tutti i 79 dipendenti, distaccandoli presso l’azienda. L’operazione dovrebbe concludersi, se tutto va bene, proprio nelle prossime ore, anche se il futuro dei lavoratori resta incerto. 

 

Ciò che rimane è il senso di vuoto lasciato dalla politica, incapace di affrontare la drammatica vicenda di Brandizzo con senso di responsabilità, senza cedere a pulsioni populiste che rischiano di generare pesanti costi anche sul piano economico-sociale. E non è tutto. Se davvero i partiti avessero voluto inviare un messaggio concreto di supporto alla giustizia, avrebbero dovuto dare una risposta ai continui allarmi sulla mancanza di risorse lanciati dalla procura di Ivrea, competente sul disastro di Brandizzo. 
A denunciare per ultimo le precarie condizioni del distretto giudiziario è stato il procuratore generale Francesco Saluzzo, con un lungo appello. “L’ultima gravissima vicenda, quella di Brandizzo (con il suo corollario di centinaia di denunce per inosservanza delle previsioni antinfortunistiche), potrebbe segnare il ‘tracollo’ definitivo di quell’ufficio giudiziario”, ha scritto Saluzzo senza mezzi termini.

 

Il pg ha ricordato che la procura di Ivrea “nel 2013, sulla base di una scelta infelicissima (pur se nell’ottica di una positiva razionalizzazione dei territori e delle sedi giudiziari), divenne assegnataria di un territorio vastissimo (con annessa popolazione), giungendo a toccare i confini metropolitani della città di Torino. Circolarono varie ipotesi su interessi (tutti non giudiziari e, ancor meno, razionali o fondati) sul perché si volle far sopravvivere la sede di Ivrea. Ma non è questo il punto. La procura di Ivrea fu ‘ingrandita’ a dismisura, senza la benché minima dotazione di risorse (personale amministrativo, magistrati, polizia giudiziaria), proporzionate alle nuove competenze, territorio, popolazione, qualità ‘criminale’ del territorio”. 

 

La questione dovrebbe interessare anche e soprattutto il ministro della Giustizia Carlo Nordio: a Ivrea mancano magistrati e personale amministrativo, e i numeri della polizia giudiziaria sono talmente esigui da essere “molto inferiori a quanto previsto per legge”. “Gli appelli, miei, del presidente della Corte di Appello di Torino, dei procuratori della Repubblica di Ivrea (che si sono succeduti) sono stati ascoltati con lusingante benevolenza da tutti gli attori del potere centrale, e sono regolarmente caduti nel nulla”, ha attaccato Saluzzo, lanciando l’ennesimo appello: “Chi può intervenga. O sopprimendo la sede di Ivrea o ridisegnandone il territorio o dandole dotazioni adeguate ai numeri e alle esigenze”.

 

Come se ciò non bastasse, sarà sempre la procura di Ivrea, guidata da Gabriella Viglione, a dover indagare sull’incidente che ha portato un aereo delle Frecce Tricolori a precipitare e colpire un’auto su cui viaggiava una famiglia vicino all’aeroporto di Torino Caselle (una bimba di cinque anni è morta e padre, madre e fratello di dodici anni sono rimasti feriti). 
Insomma, governare è tutto un altro paio di maniche rispetto al produrre “grida”. A Brandizzo, come altrove.