la polemica

Meloni nega lo scontro con le toghe, ma attacca ancora la giudice di Catania

Ermes Antonucci

"Non c’è nessuno scontro con la magistratura”, dice la premier. Ma poi rilancia le bufale contro la giudice Apostolico. Intanto si muove il Consiglio superiore della magistratura

"Non c’è nessuno scontro con la magistratura”, dice la premier Meloni a Torino. “Semplicemente – aggiunge – la magistratura è libera di disapplicare una legge del governo e il governo è libero di dire che non è d’accordo”. Fosse così “semplice” nessuno avrebbe niente da ridire, ma la vicenda degli attacchi rivolti alla giudice di Catania che ha respinto il trattenimento di tre migranti è decisamente più complessa. E a confermarlo è la stessa presidente del Consiglio subito dopo, ripetendo ciò che già abbiamo sottolineato essere una bufala: “A me la motivazione con la quale si rimette in libertà un immigrato irregolare, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dicendo che le sue caratteristiche fisiche sarebbero quelle che i cercatori d’oro in Tunisia considerano buone per il loro interesse, mi pare francamente una motivazione molto particolare”. Come evidenziato ieri su queste pagine, l’affermazione sui “cercatori d’oro”, fatta dal  richiedente asilo, non viene affatto ripresa dalla giudice nelle motivazioni della sua decisione

 

La strumentalizzazione da parte del governo del contenuto dei provvedimenti redatti dalla giudice Iolanda Apostolico, dunque, prosegue, trascinando con sé reazioni inevitabili da parte del mondo togato. Dopo l’intervento dell’Associazione nazionale magistrati (secondo cui le dichiarazioni di esponenti del governo e della maggioranza “esprimono una preoccupante visione delle prerogative di verifica di legalità esclusivamente attribuite alla magistratura e ne minano l’indipendenza e l’autonomia”), anche il Consiglio superiore della magistratura si appresta a prendere posizione, seppur spaccandosi al suo interno.

 

Tredici consiglieri – quelli appartenenti ai gruppi di centrosinistra Area, Magistratura democratica e Unicost, più gli indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda – hanno depositato al Comitato di presidenza la richiesta di aprire una pratica a tutela della giudice Apostolico, uno strumento che non ha alcun fondamento nella Costituzione e che è stato ideato dal Csm negli anni Ottanta per replicare alle critiche rivolte da esponenti del mondo politico ai magistrati. 

 

Nel documento si parla di “dichiarazioni da parte di esponenti della maggioranza parlamentare e dell’esecutivo che, per modi e contenuti, si traducono in autentici attacchi all’autonomia della magistratura”, pongono in discussione “la funzione stessa della giurisdizione in uno stato di diritto” e, “realizzando una grave delegittimazione professionale del giudice estensore dell’ordinanza, espongono lo stesso a indebiti attacchi mediatici aventi a oggetto la sua sfera personale”. Alla richiesta di aprire una pratica a tutela della giudice non hanno aderito i consiglieri di Magistratura indipendente, che “hanno ritenuto di non intervenire per non alimentare ulteriormente la dannosa contrapposizione tra istituzioni democratiche in atto, fermo restando il doveroso rispetto delle decisioni giurisdizionali e l’auspicio che la legittima critica degli stessi abbia a oggetto il loro contenuto”. “La militanza politica non ci appartiene”, hanno aggiunto.

 

Non è da escludere, però, che nelle prossime ore la mozione possa trovare anche il consenso dei togati moderati, mentre resta da vedere quale sarà la contromossa dei componenti laici eletti in quota centrodestra. A Palazzo dei Marescialli gira persino voce che questi ultimi sarebbero intenzionati a chiedere addirittura l’apertura di una pratica per incompatibilità ambientale a carico della giudice Apostolico, per i post pubblicati negli anni scorsi su Facebook. 

 

Ciò che è certo è che i laici, soprattutto quelli eletti in quota Fratelli d’Italia e Lega, hanno reagito con non poca irritazione all’iniziativa dei consiglieri togati, in particolare per i risvolti che rischia di avere sul piano istituzionale. Un fastidio condiviso da Ernesto Carbone, laico eletto in quota Italia viva, che al Foglio dichiara: “Fino a quando è l’Anm a intervenire in difesa di un magistrato non c’è niente di male. Vedo invece con preoccupazione una presa di posizione da parte del Csm su una vicenda che ormai ha assunto rilievo politico-istituzionale. Non ci lamentiamo se poi in molti tendono a sovrapporre l’Anm (e le sue correnti) al Csm”. “Nessun consigliere togato mi ha chiesto se aderire o meno all’apertura della pratica a tutela”, rivela poi Carbone. “I togati da sempre auspicano un rapporto più stretto coi laici, ma alla fine sono loro i primi ad agire come un mondo a parte”. 

 

Ieri è intervenuto di nuovo anche il vicepremier Matteo Salvini: “Apprezzo i giudici che parlano con le sentenze non politicizzate e non con le interviste su Repubblica”, ha detto il leader leghista, rilanciando pure la proposta di una riforma della responsabilità civile dei magistrati. Materia che non rientra in alcun modo nella vicenda della giudice di Catania. A proposito di strumentalizzazioni.