Enrico Costa, primo firmatario della proposta di legge sulle ordinanze d'arresto approvata alla Camera - foto Ansa

L'appunto

Vietare la pubblicazione delle ordinanze d'arresto è garantismo, non il funerale della libertà

Sergio Soave

La norma proposta dal deputato di Azione Enrico Costa e approvata dalla Camera non è un bavaglio (come scrive Rep.): bisogna ricordare che un indagato resta "innocente fino a sentenza definitiva"

Oggi si celebra “il funerale della libertà”: ce lo dice Repubblica che insorge contro la “legge bavaglio”, cioè la norma che vieta la pubblicazione delle ordinanze dell’arresto di un indagato, votata alla Camera da una maggioranza più ampia del solito, visto che era stata proposta da un esponente di Azione e ha ottenuto il voto, oltre che della maggioranza di centrodestra, anche dei due raggruppamenti centristi. Bisognerebbe ricordare che chi perde davvero la libertà è l’indagato sottoposto all’arresto cautelare, un indagato che resta “innocente fino a sentenza definitiva”.

 

 

Che cosa è scritto in queste ordinanze? Ce lo dice proprio Repubblica: “C’è tutta la storia di arresti, interrogatori, intercettazioni, perquisizioni”, che vengono resi noti prima che la consistenza degli indizi venga vagliata in un processo, in cui c’è solo il punto di vista delle procure. Ora che questi testi non potranno essere pubblicati “le procure diventano mute”. Ma le procure debbono esprimersi nel procedimento, come ha spesso ricordato Sergio Mattarella, anche in discorsi pronunciati come presidente del Consiglio superiore della magistratura. Alla stampa mancheranno elementi di informazione, ma si porrà anche un freno al micidiale meccanismo mediatico-giudiziario che spesso sembra improntato a una logica da “sbatti il mostro in prima pagina”. Ci sono stati tanti, troppi casi, in cui indagati e arrestati sono  stati poi assolti completamente in tribunale, ma hanno visto distrutte la loro carriera e la loro vita dalla diffusione delle motivazioni, poi rivelatesi insufficienti, delle accuse. I processi si dovrebbero fare solo in tribunale, non sulla pubblica piazza mediatica.

La libertà di informazione va tutelata, e sarebbe interesse dei mezzi di informazione seri tutelarla pure dagli abusi che, anche in buona fede, vengono commessi a danno degli indagati a causa della ricerca del sensazionalismo. Una riflessione seria sui rapporti necessari tra libertà di stampa e diritti e garanzie degli indagati sarebbe il modo più sensato di affrontare la questione, senza bisogno di agitare gli spettri del “funerale della libertà”.

Di più su questi argomenti: