Edmondo Bruti Liberati/ Ansa 

L'emendamento

“Legge bavaglio? Gentile on. Costa ascolti i magistrati”

Edmondo Bruti Liberati

Perché l'estensore del noto emendamento dovrebbe misurare seriamente le obiezioni di chi opera col diritto

Vi sono leggi che a distanza di quarant’anni vengono citate con i nomi dei proponenti: la “Rognoni- La Torre”. L’”emendamento Costa”, aspira all’ eternità, nelle intenzioni del proponente che su Il Foglio del 2 gennaio lo scolpisce nelle tavole di un “decalogo liberale”. Per ora si tratta di un emendamento inserito in una legge delega che di altro trattava e non sarebbe la prima volta che un governo, meglio riflettendo, non eserciti la delega. Ma  vigila impavido l’on. Costa, senza ritrarsi dall’enfasi “finche avrò voce difenderò questa norma approvata dalla Camera e ringrazio i tanti che lo fanno al mio fianco”. E se chi non esita a dettare un decalogo si misurasse seriamente con le obiezioni di almeno altrettanti “tanti” ?. Non sono mai stato a Maranello, ma suppongo che gli ingegneri della Ferrari, se non pendano dalle labbra, quanto meno ascoltino con attenzione le valutazioni di Leclerc e Sainz su innovazioni volte a migliorare le prestazioni della macchina.  Eppure si respingono con fastidio le osservazioni di molti magistrati, tra i quali Pm che praticano o hanno praticato a lungo queste tematiche e giornalisti, che sono poi i diretti destinatari delle proposte. Altrettanto per le osservazioni di autorevolissimi professori di diritto e procedura penale, tra i quali i massimi esperti della materia.  Le citazioni di ordinanze sovrabbondanti e di stralci di intercettazioni ininfluenti, ma “piccanti” finite sui giornali sono, pressoché tutte, reperti d’epoca.


 Da qualche anno è entrata in vigore e ormai, superate difficoltà tecniche, opera a regime il sistema dell’udienza stralcio a conclusione delle intercettazioni. Spesso si dimenticano due dati centrali. Primo: al pm deve essere preclusa la possibilità di operare una selezione, perché la difesa ha diritto di conoscere tutto e in una intercettazione che a prima vista (e anche al pm) può apparire irrilevante può trovare un importante spunto per la strategia difensiva. Secondo: tutto quanto depositato alle difese non è più coperto dal segreto dell’indagine. Al segreto non sono tenuti gli indagati e, ovviamente, neppure i difensori che legittimamente possono ritenere utile divulgare il materiale di cui dispongono, ad esempio in una strategia difensiva volta a sminuire il rilievo di una posizione rispetto ad altre. Ora con l’udienza stralcio i dati valutati, in contradditorio con la difesa, irrilevanti vengono appunto “stralciati” e depositati in un archivio riservato.  Con una ulteriore innovazione si è previsto che i giornalisti possano chiedere copia delle ordinanze di custodia cautelare, facendo così cessare quello che, non a torto, era stato definito un “mercato nero” del documento; proprio gli esempi del passato che vengono riproposti dimostrano che la pretesa che non fosse pubblicato ciò che non era più segreto, logicamente insostenibile, di fatto era impraticabile. 


Un equilibrato sistema di segretazioni e liberalizzazioni, risultante da queste due innovazioni, consente il pieno controllo delle difese su tutti i materiali acquisiti, un efficace meccanismo di segretazione dell’irrilevante e la possibilità di acquisire alla luce del sole tutti i documenti necessari per esercitare un controllo critico sulla giustizia per i giornalisti, che la Corte Europea di Strasburgo ha chiamato “cani da guardia della democrazia”, proprio con riferimento alla cronaca giudiziaria. Innumerevoli documenti di istituzioni europee, pur attenti alla presunzione di innocenza, hanno insistito sulla esigenza di “trasparenza della giustizia”. Un’analisi non preconcetta della applicazione pratica di queste due recenti innovazioni ci mostra che non vi è stato un solo caso di illecita divulgazione di intercettazioni segretate. Ed inoltre la maggiore attenzione alla presunzione di innocenza e la consapevolezza della integrale pubblicabilità delle ordinanze di custodia cautelare sta progressivamente inducendo uno stile più sobrio e più attento nella citazione di intercettazioni.  Non mancheranno eccezioni in negativo, ma, appunto, eccezioni.


Eppure  si vorrebbe tornare indietro al “mercato nero”, che non ha mai impedito pubblicazioni integrali, in favore della tecnica del “riassuntino”. I giornalisti e, tra di loro i cronisti giudiziari, esercitano quotidianamente l’arte della sintesi, ma, quando necessaria, la citazione testuale di stralci più o meno ampi del documento è garanzia di “buona stampa”. Una efficace dimostrazione della insensatezza dell’emendamento Costa  lo ha fornito un quotidiano di assoluta certificazione liberal, “Il Giornale”, che in un un articolo pubblicato giusto il 31 dicembre, ha utilizzato proprio stralci integrali di numerose intercettazioni per svolgere valutazioni critiche sull’inchiesta Anas. Le intercettazioni sono un’odiosa interferenza nella privacy, ma sono indispensabili nelle indagini di criminalità organizzata, e altrettanto in quelle di corruzione ove vige il patto di ferro del silenzio tra corrotto e corruttore. La custodia cautelare, nelle sue diverse modalità, è in alcune circostanze necessaria. La motivazione delle ordinanze, pur nella sobrietà, deve necessariamente riportare tutti gli elementi di accusa che fondano, appunto “motivano”, la decisione della custodia cautelare. Nelle cose della giustizia vi è sempre la necessità di contemperare diverse esigenze e diversi valori in gioco.  Con la spada e con gli “emendamenti epocali” si tagliano forse nodi, ma non si fa giustizia.

Edmondo Bruti Liberati è un magistrato italiano, ex Procuratore della Repubblica di Milano ed ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati