La corte dei miracoli
Il grillino Tommaso Miele giudicherà la condotta di Massimo Degni per i suoi post contro il governo
Per alcune dichiarazioni scritte sui social contro il governo Meloni, il giudice della Corte dei conti sarà giudicato, tra gli altri, anche il presidente dell'istituzione, che spesso e volentieri si è lasciato ad attacchi contro Matteo Renzi e si è schierato apertamente con il Movimento 5 stelle
Marcello Degni rivendica il suo diritto a fare attivismo politico sui social network: “Credo che un magistrato abbia il diritto di esprimere le sue posizioni”, dice alla stampa il giudice della Corte dei conti. Il caso è esploso nei giorni scorsi, dopo la pubblicazione di un tweet in cui il magistrato contabile, citando la segretaria del Pd Elly Schlein, scriveva che l’approvazione della legge di Bilancio è stata una “occasione persa”, dato che “c’erano le condizioni per l’ostruzionismo e l’esercizio provvisorio”. “Potevamo farli sbavare di rabbia sulla cosiddetta manovra blindata e gli abbiamo invece fatto recitare Marinetti”.
I partiti di maggioranza chiedono le dimissioni di Degni mentre, come detto, il magistrato che si identifica con i partiti di opposizione ritiene le sue semplici “affermazioni che da anni sono discusse in ambito accademico” e, pertanto, si rimette al giudizio del Consiglio di presidenza della Corte dei conti che, nel frattempo, ha preso le distanze da Degni e annunciato un approfondimento sul caso: “In merito a talune dichiarazioni rese da un magistrato, espresse su social media al di fuori di canali istituzionali e che non rappresentano in alcun modo posizioni dell’Istituto – dice una nota della Corte dei conti –, la questione verrà esaminata in via di urgenza nella prossima adunanza del Consiglio di presidenza per le valutazioni di competenza”.
L’aspetto singolare di questa storia è che nel Consiglio di presidenza che dovrà valutare la posizione di Marcello Degni siede di diritto Tommaso Miele, presidente aggiunto della Corte dei conti. Miele è il giudice contabile che, come rivelò il Foglio, sui social network lanciò una serie di attacchi politici e insulti personali nei confronti dell’allora premier Matteo Renzi (“il bullo furbastro bugiardo”, “il cazzaro di Rignano... ha la faccia come il…”) schierandosi apertamente per il M5s (“voterò convintamente M5s”). Dopo lo scandalo sollevato dal Foglio Miele, che era il favorito, si ritirò dalla corsa a presidente della Corte. Ma, meno di due anni dopo, il Consiglio di presidenza nominò Miele presidente aggiunto della Corte dei conti. La mancanza di equilibrio istituzionale, la partigianeria politica e addirittura l’insulto non solo sono rimasti impuniti, ma sono stati premiati. Come può ora un Consiglio di presidenza che ha Tommaso Miele come presidente aggiunto avere la legittimità per censurare chi ha fatto altrettanto? Altro che sanzione, andrà a finire che presto Miele diventerà presidente e Degni presidente aggiunto. È così che procede il degrado delle istituzioni.