l'emendamento
La maggioranza tenta di frenare la gogna delle intercettazioni. Pd e M5s contro
Approvata in commissione Giustizia del Senato una norma che vieta la trascrizione nei verbali delle intercettazioni di ogni riferimento a persone terze non indagate. E torna la proposta dei test attitudinali per i magistrati
Stop alla gogna mediatico-giudiziaria nei confronti delle persone non indagate, ma loro malgrado nominate da soggetti intercettati. E’ questo l’obiettivo dell’emendamento approvato giovedì dalla commissione Giustizia del Senato, presentato dal forzista Pierantonio Zanettin al disegno di legge sulla giustizia messo a punto dal Guardasigilli Carlo Nordio. L’emendamento, riformulato dal governo – in particolare dall’intervento del viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto – modifica l’articolo 268 del codice di procedura penale, prevedendo che nelle trascrizioni delle intercettazioni non possano comparire “dati che consentono di identificare soggetti diversi dalle parti”. La norma non vieta ovviamente la possibilità di effettuare intercettazioni, ma la trascrizione nelle carte del procedimento di dati che potrebbero far identificare chi non rientra nelle indagini. Di conseguenza, nei verbali non potranno comparire non solo i nomi dei terzi, ma neanche riferimenti che anche indirettamente possano fare identificare quest’ultimi.
La modifica è stata approvata con i voti della maggioranza e Italia viva. Contrari il Partito democratico (che evidentemente ritiene accettabile lo sputtanamento di persone terze non indagate) e il Movimento 5 stelle, che parla di “nuovo favore ai colletti bianchi”. “E’ una norma di ulteriore garanzia che rafforza la concreta applicazione del principio della presunzione di non colpevolezza, una battaglia storica di Forza Italia”, hanno dichiarato soddisfatti Zanettin e Sisto. Anche Matilde Siracusano, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento e deputata di FI, ha evidenziato come la norma miri a garantire “colui che non è nemmeno indagato e che dunque non deve correre il rischio di subire in alcun modo gogne o fango”.
L’approvazione dell’emendamento ha fatto insorgere alcuni quotidiani, abituati ad alimentare la gogna. Il Fatto quotidiano ha parlato di “assalto alla giustizia”. Per Repubblica, come per la Stampa, “l’obiettivo è quello di ‘purificare’ gli atti per evitare che il nome di qualche politico finisca sui giornali e venga collegato a un’inchiesta in corso”. L’esempio che viene fatto è sempre lo stesso: quello del ministro delle Infrastrutture e capo della Lega Matteo Salvini, citato nelle carte dell’inchiesta su Verdini junior. C’è un piccolo particolare, il solito: Salvini non è indagato, dunque non si comprende per quale ragione il suo nome dovrebbe essere riportato sui giornali e associato a una vicenda che vede soggetti accusati di gravi reati come la corruzione. Dalle intercettazioni diffuse dai quotidiani nei giorni scorsi emerge infatti come Tommaso Verdini e il socio Fabio Pileri spendevano il nome del vicepremier, a sua insaputa, per fare credere agli interlocutori imprenditori che “Matteo c’ha dato carta bianca” e che ha mostrato “la sua disponibilità nei loro confronti”. Evidentemente c’è qualcuno che confonde la millanteria con la libertà di informazione.
I voti sugli emendamenti al ddl Nordio riprenderanno comunque martedì prossimo, quando proseguirà l'esame delle proposte all’articolo 2, che riguarda tra le altre cose il divieto di pubblicazione delle intercettazioni anche di terzi e la riforma della disciplina della custodia cautelare in carcere.
Nel frattempo la commissione Giustizia del Senato ha incardinato l’esame dei decreti attuativi della riforma Cartabia. Il relatore Zanettin e la presidente della commissione, Giulia Bongiorno (Lega), si sono detti favorevoli all’inserimento nei decreti della norma che introduce i test attitudinali per l’ingresso in magistratura. La misura era stata discussa all’interno della maggioranza lo scorso novembre. La norma era stata sollecitata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano in un Consiglio dei ministri, ma il Guardasigilli Carlo Nordio si era detto contrario. Ora sembra passare la linea Mantovano. E nuove tensioni con la magistratura si stagliano all’orizzonte.