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Tutte le balle sull'abrogazione dell'abuso d'ufficio. Parla il giurista Stortoni

Ermes Antonucci

L’abrogazione del reato di abuso d’ufficio “è contraria al diritto internazionale”, “creerebbe un vuoto di tutela per i cittadini”, “eliminerebbe un importantissimo reato spia”. Tutte affermazioni infondate o addirittura false, spiega Luigi Stortoni, professore emerito di Diritto penale dell’Università di Bologna

L’abrogazione del reato di abuso d’ufficio “creerebbe un vuoto di tutela per i cittadini contro le angherie dell’autorità pubblica”, “eliminerebbe un importantissimo reato spia”, “è contraria al diritto internazionale”. Sono solo alcune delle tesi che hanno trovato spazio nel dibattito pubblico negli ultimi giorni – da parte di magistrati, politici e giornalisti – contro l’ipotesi di abrogazione del reato di abuso d’ufficio (deciso martedì in prima battuta dalla commissione giustizia del Senato). Affermazioni infondate o addirittura false, come spiega al Foglio Luigi Stortoni, professore emerito di Diritto penale dell’Università di Bologna. Partiamo dalla prima. “Non è vero che con l’abrogazione dell’abuso d’ufficio si creerebbe un vuoto di tutela per il cittadino – dice Stortoni –. Il vuoto di tutela ci sarebbe se i numeri dimostrassero una corrispondenza tra denunce e condanne, e invece questo è assolutamente smentito dai dati: il 95 per cento delle denunce finisce con l’archiviazione, mentre il restante 5 per cento solo in pochissimi casi dà luogo a condanne e per giunta per fatti bagatellari”.

 

Insomma, prosegue Stortoni, “si hanno tanti processi inutili, che sono dannosi non solo per chi li subisce ma anche per l’immagine della Pubblica amministrazione. Non ci sarebbe alcun vuoto perché i cittadini potrebbero continuare a rivolgersi alla giustizia amministrativa, nata proprio con la funzione di verificare l’eventuale cattivo uso della discrezionalità amministrativa”. 

 

La seconda obiezione mossa contro l’abrogazione del reato è che questo costituirebbe un reato spia molto importante per indagare su altri reati più gravi, come corruzione, concussione o turbativa d’asta. “Questa argomentazione è contraria a qualsiasi principio del processo penale liberale e anche costituzionale – replica Stortoni –. Si usa un reato, che si afferma non avere una sua ragion d’essere, per creare impropriamente uno strumento processuale per accertare altri eventuali reati, anziché accertarli con i modi ordinari previsti dalla legge. Il reato spia non può esistere nel nostro ordinamento. Il reato deve essere giustificato in sé”. 

 

Altra obiezione mossa in questi giorni: se abroghiamo il reato violiamo il diritto europeo e internazionale. “E’ una bugia”, dichiara netto Stortoni: “E’ falso che esista un obbligo sovranazionale a mantenere questo reato. Nella convenzione di Merida la penalizzazione dell’abuso d’ufficio è meramente facoltativa e non obbligatoria come è per altri reati, come la corruzione. C’è poi una proposta di direttiva europea che introdurrebbe questo obbligo, ma la proposta è ancora tutta da discutere ed è molto criticata dalla dottrina, soprattutto per il mancato rispetto dei princìpi di sussidiarietà e proporzionalità. Il testo quindi potrebbe subire modifiche o essere approvato  non si sa fra quanti anni”. 

 

C’è un’altra critica di carattere tecnico. La riforma del 2020 avrebbe tassativizzato in misura maggiore il reato di abuso d’ufficio, stabilendo che occorre la violazione di una specifica disposizione di legge, e in questo modo le ambiguità precedenti sarebbero state superate. “Purtroppo non è così – spiega Stortoni –. La giurisprudenza della Corte di cassazione, ad esempio, con la sentenza n. 2080 del 2022, si è mostrata refrattaria alla modifica legislativa, sostenendo – come in precedenza – che può costituire reato anche un comportamento che non vìola una specifica disposizione di legge ma che è contrario lato sensu al principio di imparzialità stabilito dall’articolo 97 della Costituzione”. 

 

C’è un dato che ieri è stato rilanciato con grande enfasi: la soppressione del reato porterebbe alla cancellazione di oltre tremila condanne definitive. Il dato si riferisce agli ultimi 25 anni, anche se non è chiaro come sia stata calcolata questa cifra (secondo il ministero della Giustizia, nel 2021 le condanne sono state 44 davanti alla sezione gip/gup e 18 in dibattimento). “Anche io non comprendo da dove siano stati tirati fuori questi dati – afferma Stortoni –. Ad ogni modo, se ci sono state delle condanne per un reato, che poi viene abrogato, è normale che quelle condanne vengano annullate, non c’è niente di scandaloso. Secondo questo ragionamento allora l’abrogazione dei reati di adulterio o di omicidio d’onore avrebbe dovuto lasciare in vita le pregresse condanne?”. “Se mi è concesso, questa obiezione dimostra davvero la pochezza degli argomenti utilizzati in questi giorni nel dibattito pubblico”, conclude. 

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