la mobilitazione
I penalisti scioperano contro il governo. Intervista a Francesco Petrelli (Ucpi)
L'Unione delle camere penali ha proclamato tre giorni di astensione dal 7 al 9 febbraio. Il presidente Petrelli: "Protestiamo contro l'aumento spropositato di nuovi reati, l'inerzia di fronte al sovraffollamento carcerario e la limitazione del diritto di difesa"
Introduzione a getto continuo di nuovi reati, inerzia di fronte al dramma del sovraffollamento carcerario, limitazione del diritto di difesa. Sono i principali motivi che hanno spinto l’Unione delle camere penali italiane (Ucpi) a proclamare tre giorni di sciopero, cioè di astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria, dal 7 al 9 febbraio. “Stiamo assistendo a uno spropositato incremento di nuove fattispecie penali e a un aggravamento delle pene in senso contrario al principio di uguaglianza e di proporzionalità. La normazione si è trasformata in una slot machine di nuovi reati”, dichiara al Foglio Francesco Petrelli, presidente dell’Ucpi. “Questa pretesa di affidare al sistema penale e alla carcerazione la soluzione di ogni situazione di conflitto sociale ha come conseguenza quella di avere il carcere come unico destino dell’intero sistema penale”, aggiunge Petrelli, che sottolinea “la situazione drammatica e inaccettabile delle condizioni dei detenuti”.
“Il numero dei suicidi è impressionante. L’atroce contabilità è arrivata al numero di undici soltanto nel mese di gennaio del 2024. Peraltro il fenomeno riguarda spesso giovani con problematiche di natura psichiatrica note prima del loro ingresso in carcere. Le carenze strutturali del sistema penitenziario, tuttavia, non permettono né di intercettare né di evitare questi tragici gesti”. “Il sovraffollamento sta raggiungendo ormai numeri vicini a quelli che portarono alla nota sentenza Torreggiani con cui nel 2013 la Corte europea dei diritti dell’uomo condannò l’Italia per la sottoposizione dei detenuti a trattamenti inumani e degradanti”, evidenzia il presidente dei penalisti. “Ciò che denunciamo è la totale inerzia da parte del governo e del Parlamento di fronte a una situazione che pone l’Italia al di fuori del novero dei paesi civili per quanto riguarda il trattamento dei detenuti”, spiega Petrelli.
“C’è una vera e propria truffa delle etichette, nascosta dietro alle formule che vanno di moda da qualche anno: ‘Marcire in galera’, ‘buttare via le chiavi’, ‘certezza della pena’. Si immagina che più carcere possa significare maggiore sicurezza per i cittadini, mentre statisticamente è il contrario: più detenuti fruiscono di misure alternative alla detenzione e minore è il fenomeno della recidiva, che subisce flessioni fino al 70 per cento. Occorrerebbe una vera e propria campagna di controinformazione per far capire ai cittadini che quella che viene indicata loro come una soluzione è, al contrario, una formula che va nella direzione opposta”, prosegue Petrelli.
Uno dei motivi che ha spinto l’Ucpi a proclamare l’astensione è la mancata abrogazione di una norma contenuta nella riforma Cartabia che limita l’appello in favore degli imputati assenti, disposizione che, afferma Petrelli, “nuoce gravemente ai soggetti più deboli che usufruiscono dell’istituto della difesa d’ufficio": “Il ministro Nordio si era detto favorevole all’abrogazione tuttavia nel corso dell’interlocuzione è emerso che tale norma era ricompresa nell’elenco delle riforme concordate con l’Unione europea per il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr, per la sua funzione deflattiva. L’esercizio del diritto di difesa è stato così subordinato a una pura finalità deflattiva”. Anche se, specifica Petrelli, “il ministero della Giustizia non è stato neanche in grado di fornirci dei dati sulla dimensione del fenomeno in questione”.
Nel comunicato con cui annunciano l’astensione, i penalisti riconoscono comunque al Guardasigilli Nordio l’importanza di alcune riforme ora in via di approvazione, come il ripristino della prescrizione sostanziale, l’abrogazione dell’abuso d’ufficio e la ridefinizione del traffico di influenze, l’introduzione di una norma a tutela della riservatezza delle comunicazioni fra difensore e il proprio assistito.
Presidente Petrelli, vi aspettavate di più da un ministro come Nordio, da sempre portatore di idee liberali in materia di giustizia? “Francamente no – risponde il presidente dell’Ucpi – Per disilludersi bisogna prima essersi illusi e noi siamo sufficientemente esperti delle vicende che riguardano la politica giudiziaria nel nostro Paese. Sappiamo benissimo che, al di là delle buone intenzioni, vi sono una serie di viscosità che caratterizzano i rapporti fra giustizia e politica, prima fra tutte quella costituita dall’egemonia culturale delle procure e dall'influenza della magistratura in generale sui processi legislativi. Ne sono un esempio la riforma sui magistrati fuori ruolo, che in realtà non fa altro che fotografare lo status quo, e il continuo slittamento della riforma della separazione delle carriere”, conclude Petrelli.
L'editoriale del direttore