divulgatori di panzane
Chi trasforma il negazionismo in verità giudiziaria. Cosa è successo nei tribunali dopo il 7/10
Mai si erano viste accreditate delle idee come se fossero altrettante verità di fatto. Così se Tizio dà di assassino a qualcuno perché sventola una bandiera con la Stella di David, ti tocca leggere che la cosa non sarebbe illecita perché è notorio che Israele è un’organizzazione criminale e quel simbolo è la svastica dei giorni nostri
Al direttore - In più occasioni, negli ultimi mesi, ho avuto modo di discutere in aula di giustizia di faccende in qualche modo connesse al Sabato Nero, il pogrom del 7 ottobre, e al dibattito pubblico che da lì in poi è montato. Si trattava perlopiù di controversie relative a propalazioni lesive e denigratorie – sulla stampa, via social, eccetera – rivolte ai “sionisti”: vale a dire, pressappoco, gli eretici che bestemmiano il verbo dell’Onu secondo cui il 7 ottobre non viene dal nulla e gli sconsiderati che non omaggiano le avvocature farlocche della cooperazione internazionale secondo cui l’Europa e gli Stati Uniti assistono inerti alle malefatte dell’Entità sionista perché sono soggiogati dalla lobby giudaica.
Ebbene, io faccio questo lavoro da trentacinque anni e, come tutti, ho potuto assaggiare la pasta delle difese più ardite: quando difendi qualcuno, lo difendi, punto, e ricorri a ogni argomento disponibile per convincere il giudice che il tuo assistito ha ragione, o almeno che non ha il torto che gli si addebita. Ma non mi era mai capitato – mai – di vedere accreditate delle idee, delle opinioni, dei convincimenti, come se fossero altrettante verità di fatto. Di più: mai mi era capitato di vedere che quelle ruminazioni fossero trasfigurate in verità neppure semplicemente ostentate – che già farebbe trasecolare – ma addirittura fatte proprie, condivise, reiterate come realtà irrefutabili e convenzionali negli scritti posti a difesa di quei divulgatori di panzane.
Insomma, se Tizio dà di assassino a qualcuno perché sventola una bandiera con la Stella di David, ti tocca leggere che la cosa non sente neanche lontanamente di illecito perché è notorio che Israele è un’organizzazione criminale e perché quel simbolo, come sa chiunque, altro non è che la svastica dei giorni nostri. Se Caio insulta qualcun altro, dicendogli che è complice di genocidio perché non si tatua in fronte “from the river to the sea”, ti tocca apprendere che è tutto regolare giacché è pacifico – l’han detto pure a Sanremo! – che c’è un genocidio in corso, e non solo in corso ma in corso da settantacinque anni!, con punto esclamativo.
Se Sempronio definisce “sionista di merda” un signore responsabile di non strillare “Fuori i sionisti da Roma!”, ti accade di imparare che non c’è proprio nulla di storto visto che il sionismo – è super notorio anche questo – costituisce null’altro che la cospirazione implementata in armi e realizzata in terra sottratta al popolo oppresso. Ripeto, e confido che sia chiara la distinzione: qui non si tratta della difesa del diritto del negazionista di dire che le camere a gas non esistevano. Macché: si tratta della difesa del negazionista tramite la riaffermazione del fatto indiscutibile che le camere a gas non esistevano. Di modo che il negazionista ha ragione non già perché ha il diritto di negare la verità: ha ragione invece perché quella verità non esiste, e quindi il suo negazionismo è giustificato non in nome della libertà di opinione ma in nome della verità vera, vale a dire che le camere a gas, come tutti sanno, sono un’invenzione.
Aspettiamo con ansia qualche controversia in cui si discuta dei crimini della finanza ebraica per verificare quanto prontamente, a supporto, interverrà inoppugnabile un’edizione illustrata dei Protocolli dei Savi di Sion. C’è solo da sperare e pregare che certi spropositi rimangano in certe difese e non si trasferiscano in pronunciamenti resi in nome del popolo italiano.