Lo show degli sputtanatori sputtanati
Davigo, Consip, Amara, la trattativa e molto altro. Il processo mediatico è passato dal banco degli accusatori a quello degli imputati. Ma la difesa dello stato di diritto non può essere l’eccezione alla regola della gogna
Gli sputtanatori sputtanati: eccola la grande novità dell’Italia di oggi. Il circo mediatico-giudiziario è un universo osceno che ormai avete imparato a conoscere e che di solito presenta alcuni elementi ricorrenti all’interno del suo ingranaggio maligno. Di solito funziona così. Un magistrato desideroso di creare attorno alla propria inchiesta, o intorno alla propria persona, una grande attenzione mediatica utilizza ogni mezzo, anche quelli non leciti, per rendere la propria inchiesta appetibile, attraente, notiziabile. Utilizzare ogni mezzo, anche quelli non leciti, per rendere la propria inchiesta succulenta significa offrire ad alcuni soggetti del mondo dell’informazione sensibili agli input delle procure elementi utili per poter scaldare l’opinione pubblica.
Gli elementi utili sono sempre gli stessi: documenti segreti diffusi in modo illecito, intercettazioni irrilevanti trascritte in modo discrezionale, pataccari trasformati in eroi della verità di stato, magistrati disposti a parlare delle proprie inchieste in televisione prima che queste vengano chiuse, indagini aperte in modo arbitrario, sulla base più di sospetti che di prove, per provare ad aprire uno squarcio nella vita intima dei soggetti considerati da colpire. Negli ultimi tempi, però, in Italia, nel silenzio indifferente dei mezzi di informazione che hanno alimentato il circo mediatico stando bene attenti a dare grande spazio alle tesi delle procure e poco spazio alle sentenze che ribaltano i teoremi delle accuse, se sei indagato finisci in apertura di giornale ma se l’indagine finisce nel nulla la notizia della tua assoluzione è a pagina diciotto, c’è una novità interessante e quella novità è legata a un fatto nuovo: agli eroi del circo mediatico-giudiziario capita sempre più spesso di finire alla sbarra piuttosto che in prima pagina.
Gli sputtanatori sputtanati: eccola la grande novità dell’Italia di oggi. Le storie sono tante e si possono mettere in fila. C’è il caso Consip, naturalmente, fresco fresco, dove, dopo sette anni di processo, a essere condannati non sono stati gli iniziali indagati (Lotti & Co.) ma sono stati proprio i loro accusatori, i cui metodi ritenuti spregiudicati e fuori legge sono finiti al centro del processo, conclusosi due giorni fa con la condanna, tra gli altri, dell’ufficiale di fiducia del pm napoletano Henry John Woodcock, Gianpaolo Scafarto, colpevole di aver rivelato ripetutamente atti coperti da segreto investigativo, atti che neanche a dirlo, all’epoca, finivano sempre su un giornale amico, abituato da anni a deliziare i lettori con tonnellate di fango quotidiano.
C’è il caso Davigo, poi, ovviamente, la cui condanna in appello ha avuto come effetto quello di illuminare un meccanismo perverso del circo mediatico giudiziario: l’utilizzo discrezionale di verbali secretati. Davigo pensava di poter agire al di sopra della legge, un giudice ha ricordato a Davigo che le regole che valgono per tutti i cittadini valgono anche per i magistrati. Ma prima ancora dei due casi freschi di cronaca ce ne sono altri non meno importanti che meritano di essere riportati che ci permettono di illuminare con chiarezza il fenomeno descritto. Pensate per esempio al processo fuffa sulla trattativa stato-mafia che per molti anni si è sorretto sulle spalle di un super testimone di nome Massimo Ciancimino che da super informatore e icona dell’antimafia (come da celebre definizione dell’ex pm Antonio Ingroia) si è ritrovato sotto processo (accusato e condannato per calunnia, accusato e condannato per detenzione e porto di esplosivi che deteneva nel giardino di casa a Palermo) dopo essere stato per anni un beniamino degli sputtanatori di professione.
E ancora, ma i casi potrebbero essere infiniti, pensate al caso dell’avvocato Piero Amara, il famigerato “pentito del caso Eni”, che dopo aver offerto al circo mediatico-giudiziario elementi per favoleggiare sulla famosa “loggia Ungheria”, a cui avrebbero aderito 65 tra politici, alti magistrati, militari, funzionari pubblici e cardinali, è stato rinviato a giudizio per calunnia, per aver riportato false dichiarazioni tra il 2019 e il 2020 alla procura di Milano. Pensate poi al caso Eni-Nigeria, al processo farsa che la procura di Milano ha aperto anni fa contro l’azienda guidata da Claudio Descalzi, dove alla fine della fiera gli accusatori sono stati assolti e dove invece sono stati rinviati a giudizio il procuratore aggiunto di Milano e responsabile del pool affari internazionali Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro accusati di rifiuto d’atti d’ufficio per non aver depositato prove favorevoli alle difese del processo Eni-Nigeria.
Pensate anche al caso di Luca Turco, il pm di Firenze che insieme al collega Antonino Nastasi aveva acquisito delle mail dell’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, estraendole dai computer senza chiedere l’autorizzazione al Parlamento, la cui condotta è stata considerata illegittima dalla Consulta e la cui attività è finita al centro di un procedimento disciplinare aperto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio.
La storia degli sputtanatori processati e condannati per aver attivato in modo fraudolento e con la complicità dei giornali che si muovono come le buche delle lettere delle procure i meccanismi del circo mediatico-giudiziario è un fatto interessante e persino incoraggiante. Segnala la presenza superiore al previsto di anticorpi nel sistema giudiziario finalizzati a combattere la cultura dello scalpo ma non segnala purtroppo la possibilità che quel circuito si possa arrestare.
A questo punto del ragionamento si potrebbe auspicare l’intervento del legislatore per provare a riequilibrare con più forza, velocità e coraggio rispetto a quello mostrato fino a oggi le storture che consentono al circo mediatico-giudiziario di trasformare ogni cittadino in un colpevole fino a prova contraria. Ma forse, a pensarci bene, basterebbe un po’ meno. Basterebbe smetterla di considerare il diritto allo sputtanamento del prossimo come un elemento non negoziabile del sacrosanto diritto di cronaca. Basterebbe smetterla di considerare le fughe di notizie, le informative senza riscontri e le intercettazioni penalmente irrilevanti come ingredienti sani del nostro sistema giudiziario. E basterebbe smetterla di trasformare i magistrati in soggetti sopra la legge deputati a difendere più la moralità del paese che le norme presenti nel codice penale. Gli sputtanatori sputtanati sono un’eccezione alla regola, lo sappiamo. Ma quando unisci i puntini e scopri che il processo mediatico è passato dal banco degli accusatori a quello degli imputati non puoi non pensare per un attimo che ogni tanto, anche nelle procure, c’è chi considera la difesa dello stato di diritto più importante della difesa dello stato della gogna.
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