La resa
Senza più l'ossessione Berlusconi, il pm Tescaroli lascia Firenze
Luca Tescaroli, procuratore aggiunto a Firenze, è stato nominato nuovo procuratore di Prato. Il suo nome è da sempre legato a una delle indagini più surreali: quella su Berlusconi e Dell'Utri, accusati di essere i mandanti delle stragi mafiose del 1993-1994
Più che una promozione, una resa. Il protagonista è Luca Tescaroli, procuratore aggiunto a Firenze per sette anni e mezzo, nominato giovedì nuovo procuratore di Prato dal Consiglio superiore della magistratura. Il nome di Tescaroli è da sempre legato a una delle indagini più surreali degli ultimi decenni: quella nei confronti di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, accusati di essere i mandanti esterni delle stragi di Cosa nostra nel biennio 1993-1994.
Tescaroli ha ipotizzato per la prima volta il coinvolgimento del fondatore di Forza Italia e del suo braccio destro nelle stragi mafiose alla fine degli anni Novanta, quando era sostituto alla procura di Caltanissetta. L’inchiesta non portò a nulla e venne archiviata. Arrivato a Firenze, nel 2017 Tescaroli ha riaperto di nuovo l’indagine, sulla base di alcune parole pronunciate in carcere dal boss Giuseppe Graviano, intercettato dai pm palermitani del processo sulla cosiddetta trattativa stato-mafia, poi clamorosamente crollato con l’assoluzione di tutti gli esponenti politici e istituzionali imputati (incluso Dell’Utri).
L’indagine è andata avanti in maniera silente fino allo scorso anno, quando su alcuni quotidiani è emersa chiaramente l’ipotesi investigativa dei pm: le stragi del 1993 a Firenze, Roma e Milano servirono “per indebolire il governo Ciampi” che in quel momento era alla guida del paese e avevano l’obiettivo di “diffondere il panico e la paura tra i cittadini, in modo da favorire l’affermazione del progetto politico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri”. In questo contesto, anche il fallito attentato allo stadio Olimpico di Roma del 23 gennaio 1994 doveva essere “funzionale a dare il colpo decisivo alla compagine governativa, in quel momento al potere (governo Ciampi), eliminando decine di carabinieri”, e tutto questo doveva servire “per avvantaggiare Berlusconi e Dell’Utri”. Non a caso, sempre secondo questa tesi, il fallito attentato avvenne tre giorni prima dell’annuncio ufficiale di Berlusconi di scendere in campo.
Si è di fronte, come è evidente, all’apice del complottismo giudiziario. Fatto sta che su questo teorema assurdo si è concentrata per anni l’attività di Tescaroli a Firenze. “Dobbiamo capire perché nel ’94 la mafia rinunciò alla strategia stragista”, dichiarò in un’intervista il magistrato, rendendo chiara l’intenzione non tanto di perseguire eventuali reati, ma di condurre una missione che dovrebbe essere riservata agli storici.
Basti considerare che nell’ottobre 2021 la procura di Firenze si spinse a disporre una serie di perquisizioni e sequestri nei confronti di alcuni famigliari di Graviano, in cerca di documenti rilevanti per le indagini, a distanza di quasi trent’anni dai fatti (operazioni peraltro bocciate dalla Corte di cassazione in quanto aventi “finalità meramente esplorative”).
L’obiettivo dell’intera indagine, in verità, era molto chiaro: Silvio Berlusconi. Così, nel corso del tempo l’inchiesta ha finito per concentrarsi sui presunti finanziamenti che Berlusconi avrebbe ricevuto dalla mafia tra gli anni Settanta e Ottanta per lanciare le sue aziende. Quale fosse il nesso tra la nascita dell’impero berlusconiano e gli eventi che si sono verificati agli inizi degli anni Novanta è un mistero, ma nel frattempo Tescaroli e i suoi colleghi hanno passato al setaccio tutti i flussi di denaro che hanno riguardato la Fininvest.
La morte di Berlusconi, avvenuta il 12 giugno 2023, ha messo forzatamente fine a questa ossessione. Privato della sua “ragion di vita”, Tescaroli ha così deciso di cambiare aria andando a dirigere la procura di Prato. Fine dello show. In quanto dirigente, infatti, Tescaroli non potrà chiedere al Csm di continuare a occuparsi delle indagini condotte in precedenza a Firenze.
A Firenze resterà l’aggiunto Luca Turco, che invece sembra avere un’altra ossessione: Matteo Renzi. Un interessamento giudiziario che da Renzi si è allargato nel tempo anche ai genitori dell’ex premier, ai suoi conoscenti, ai suoi amici, persino a suo cognato. Un interessamento che fino a oggi ha prodotto solo buchi nell’acqua.