il caso
Il gran pasticcio dietro il possibile “scioglimento” del comune di Bari
La decisione di Piantedosi di nominare una commissione di accesso fa sorgere diversi interrogativi viste le deboli accuse dei magistrati sulle infiltrazioni mafiose nel comune. Le pressioni del centrodestra e lo show di Decaro
Mettendo da parte la reazione, per molti versi scomposta, avuta ieri dal sindaco Antonio Decaro, la decisione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di nominare una commissione di accesso per verificare l’ipotesi di scioglimento del comune di Bari fa sorgere oggettivi interrogativi. Due sono gli elementi su cui si è fondata la decisione. “L’iniziativa si è resa necessaria – ha ripetuto Piantedosi al Tg1 – a seguito di una indagine giudiziaria molto importante che ha portato a 130 arresti tra cui anche un consigliere comunale, ma soprattutto il commissariamento, ai sensi della normativa antimafia, di un’azienda municipalizzata totalmente controllata dal comune di Bari”. Il primo elemento, l’arresto di una consigliera comunale, accusata di voto di scambio, sembra essere davvero di poco conto.
La persona in questione, Maria Carmen Lorusso, peraltro era stata eletta in una lista di centrodestra, prima di passare nei banchi della maggioranza. L’attività di inquinamento del voto alle comunali del 2019, insomma, è risultata essere piuttosto “parziale e circoscritta”, come ha specificato lo stesso procuratore di Bari, Roberto Rossi, il giorno dello scoppio dell’inchiesta.
Più serio sembra essere, a prima vista, il secondo elemento: il commissariamento da parte del tribunale di Bari dell’Amtab, l’azienda del trasporto pubblico locale, per infiltrazione mafiosa. Leggendo il provvedimento adottato dai giudici, tuttavia, si scopre che non tutta l’azienda municipalizzata era finita nel mirino dei condizionamenti dei clan mafiosi, ma soltanto un suo settore specifico, l’area soste, preposto alla gestione dei parcheggi a pagamento. In questo ambito, i clan mafiosi sarebbero riusciti a imporre assunzioni temporanee di soggetti a loro vicini come addetti alla sosta (cioè parcheggiatori) in occasione dello svolgimento di fiere, concerti o eventi pubblici di rilievo. Sono gli stessi giudici, d’altronde, a sottolineare la tendenza dei clan mafiosi “a lasciare incontaminato da condizionamenti il core business dell’attività imprenditoriale, e propendere, piuttosto, per il ricorso al metodo mafioso in altri settori meno sorvegliati, quale appunto l’area sosta”.
Insomma, i clan mafiosi non sono arrivati a mettere le mani sull’intera municipalizzata, ma sarebbero riusciti a condizionare solo un suo settore marginale, e con risultati che non sembrano essere così sconvolgenti. “L’amministrazione comunale di Bari in questi anni ha saputo rispondere alla criminalità organizzata”, aveva affermato non a caso sempre il procuratore Rossi. Insomma, c’è da sperare che al ministero dell’Interno abbiano altre informazioni più significative sulle infiltrazioni mafiose.
“L’iniziativa del Viminale appare un po’ esagerata”, dice al Foglio un prefetto di lungo corso. “Dagli atti emergono condizionamenti molto marginali da parte della criminalità organizzata. Ora – aggiunge – la commissione di accesso ha novanta giorni per valutare la situazione, quanto basta per avvelenare la campagna elettorale”.
La campagna elettorale, in realtà, sembra ormai già fuori controllo. Ieri il sindaco Decaro ha dato vita a una conferenza stampa show, in cui tra lacrime e scatti d’orgoglio, si è scagliato contro la decisione del governo, accusato di aver lanciato “un atto di guerra” contro la città di Bari. Non solo. “Come Savastano in ‘Gomorra’ alcuni del centrodestra hanno scritto andiamo a riprenderci la città – ha detto Decaro”.
Al sindaco di Bari non è andata giù la pressione, in effetti irrituale, esercitata da diversi parlamentari del centrodestra nei confronti di Piantedosi. Il giorno seguente all’emergere dell’indagine, i tre coordinatori regionali dei partiti di centrodestra (Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega), insieme a una delegazione di parlamentari pugliesi (tra cui il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto e il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato), si erano recati dal ministro dell’Interno per chiedergli di valutare lo scioglimento del comune di Bari.
Come se non bastasse, tra i corridoi parlamentari c’è chi fa notare una coincidenza ancora più esplosiva: dal 13 al 15 giugno la città di Bari sarà coinvolta nell’organizzazione del G7, che si terrà a Borgo Egnazia (Brindisi). L’ospitalità delle delegazioni si estenderà anche alle strutture alberghiere di Bari, su cui però nel frattempo potrebbe essersi espressa in senso negativo la commissione di accesso. Ma l’Italia potrebbe mai permettersi di ospitare i sette leader più importanti al mondo in una città decretata come mafiosa? Questioni di opportunità, così, potrebbero indurre il Viminale a prorogare di altri tre mesi l’incarico della commissione.