Ribaltoni
Il “caso dossieraggio” è sparito. Ma non era lo scandalo del decennio?
Per settimane non si è parlato d'altro. Ora il silenzio. Ciò che è certo, per ora, è che non è emersa l’esistenza di alcun dossier. Insomma, il “caso dossieraggio” non esiste. Al massimo si può parlare di accessi abusivi alle banche dati, vicenda meno attraente per il lettore medio
Per settimane è stato rappresentato come lo scandalo del decennio: migliaia di accessi abusivi alle banche dati della procura nazionale antimafia, fughe di notizie, creazione di dossier su politici, imprenditori e personaggi famosi, rapporti distorti fra inquirenti e giornalisti, l’ombra del coinvolgimento di servizi segreti stranieri. Poi il “caso dossieraggio” è sparito completamente dai radar del dibattito pubblico e politico. Neanche una parola. Ci sarebbe quasi da rallegrarsi, se non fosse che il segreto delle indagini è ormai da tempo andato a farsi benedire.
Raffaele Cantone, capo della procura di Perugia, che sta conducendo l’inchiesta, in un’audizione di oltre due ore alla commissione Antimafia ha infatti elencato tutte le principali risultanze investigative raggiunte finora: gli accessi abusivi effettuati dal finanziere Pasquale Striano, principale indagato, sono risultate “oltre diecimila”; Striano “ha scaricato 33.528 file dalla banca dati della Direzione nazionale antimafia”; al momento non sono emersi elementi tali da far pensare a finalità economiche della sua attività; “con alcuni giornalisti Striano aveva rapporti di amicizia personali”. E tanto altro. Fatto sta che dopo il tam tam iniziale, l’attenzione sul caso si è interrotta. Segno forse che le indagini non stanno fornendo i riscontri attesi. Ciò che è certo, per ora, è che non è emersa l’esistenza di alcun dossier in senso stretto. Insomma, il “caso dossieraggio” non esiste. Al massimo si può parlare di “caso accessi abusivi alle banche dati”. Tutta un’altra cosa, di sicuro meno attraente per il lettore medio.
L’inchiesta non solo sembra essersi fortemente ridimensionata, ma rischia di subire un clamoroso scossone. Il magistrato Antonio Laudati, indagato per alcuni accessi abusivi e responsabile per un periodo del gruppo Sos (segnalazioni operazioni sospette) a cui faceva riferimento Striano, ha chiesto di essere sentito in commissione Antimafia. Nella richiesta, Laudati ricorda che il caso ha preso avvio dalla denuncia del ministro Crosetto dopo la pubblicazione di un articolo sulla sua precedente attività professionale. Laudati spiega di aver verificato che nessun accertamento nei confronti di Crosetto è mai stato effettuato dall’ufficio Sos della procura nazionale antimafia: gli accessi sono stati effettuati sulla banca dati in dotazione alla Guardia di Finanza, nei cui uffici Striano lavorava tre giorni a settimana.
Laudati aggiunge che in quelle occasioni non avrebbe logicamente potuto esercitare alcuna direzione né controllo sulle attività di Striano. Se ciò fosse confermato, significherebbe che la competenza sui fatti al centro del caso sarebbero di competenza della procura di Roma e non di Perugia, competente per i reati che coinvolgono i magistrati in servizio nella Capitale. Si ricomincia da capo?