la decisione
Luciano Canfora rinviato a giudizio con l'accusa di aver diffamato Giorgia Meloni
Lo storico definì l'allora leader dell'opposizione "neonazista nell'anima", "una poveretta", "trattata come una mentecatta pericolosissima". Il processo inizierà il 7 ottobre. Anche la premier potrebbe essere convocata in aula
Il giudice Antonietta Guerra ha rinviato a giudizio il filologo e storico Luciano Canfora, imputato per diffamazione aggravata nei confronti della premier Giorgia Meloni. I fatti risalgono all'11 aprile 2022, quando Meloni era parlamentare dell'opposizione e il presidente del Consiglio in carica era Mario Draghi. Canfora, invitato a parlare in un liceo scientifico di Bari nell'ambito di un incontro sul conflitto russo-ucraino, definì Meloni "neonazista nell'anima", "una poveretta", "trattata come una mentecatta pericolosissima". Il processo comincerà il 7 ottobre dinanzi al giudice monocratico Pasquale Santoro.
"È necessaria un'integrazione probatoria approfondita che non è compatibile con la struttura dell'udienza predibattimentale", ha riferito il legale di Canfora, Michele Laforgia, candidato sindaco del Movimento 5 stelle a Bari, riportando ai cronisti il testo del provvedimento che dispone il giudizio firmato dal giudice. "La premier sarà sicuramente chiamata a deporre in aula", ha aggiunto Laforgia, "e forse acquisire una massa importante di documenti biografici, bibliografici, autobiografici che ovviamente non si possono acquisire in una udienza preliminare o predibattimentale e che invece vanno acquisiti nel dibattimento e nel contraddittorio tra le parti che è la sede naturale".
In solidarietà a Cafora, nelle scorse settimane una trentina di associazioni e organizzazioni insieme a qualche centinaio di cittadini hanno firmato un appello: tra questi i sei comitati provinciali di Anpi, Arci Puglia, Cgil, Libera, la fondazione Di Vagno, partiti politici, associazioni politico-culturali, le organizzazioni studentesche regionali riunite nella Rete della Conoscenza. “Il bersaglio ultimo dell’azione legale intrapresa dall’on. Meloni è il diritto costituzionalmente garantito alla libertà di pensiero e di opinione”, si sostiene nell'appello. Eppure, come abbiamo già notato su queste pagine, i querelati e le associazioni democratiche che li supportano non dovrebbero temere il giudizio della magistratura, proprio per rispetto dei principi costituzionali di separazione dei poteri e autonomia della magistratura in cui fortemente dicono di credere. Se davvero temono che sia in gioco “la libertà di pensiero e di opinione” non dovrebbero scagliarsi contro la premier “neonazista” ma contro il fascismo dei magistrati. Perché sono loro che hanno il potere di condannare, Meloni ha solo la facoltà di querelare.