le polemiche
La crociata della procura di Milano (con metodi discutibili) contro il caporalato
I pm milanesi hanno dato vita a una battaglia contro lo sfruttamento dei lavoratori. Ma dalla lettura degli atti emerge l’immagine di magistrati impegnati, più che a dare riscontro a notizie di reato, ad affrontare un fenomeno economico-sociale con le armi del codice penale
Anche il gruppo Carrefour è finito vittima della crociata lanciata dalla procura di Milano contro il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori. Lunedì, nell’ambito di una delle numerose inchieste condotte da tempo in questo settore dalla procura milanese, in particolare dal sostituto Paolo Storari, la Guardia di Finanza ha dato esecuzione a un decreto di sequestro preventivo d’urgenza di 64,7 milioni di euro alla società Gs, del gruppo dei supermercati Carrefour Italia. Secondo l’ipotesi accusatoria della procura, tra il 2018 e il 2022 Gs ha “fatto largo ricorso all’esternalizzazione dei servizi di logistica, movimentazione merci, facchinaggio e trasporto” con un meccanismo di presunte false fatture che “ha comportato non solo il sistematico sfruttamento dei lavoratori ma anche ingentissimi danni all’erario”. Questo sistema si sarebbe basato sul ricorso da parte di Gs a “serbatoi di manodopera”, cioè società cooperative che avrebbero “sistematicamente omesso il versamento dell’Iva, nonché degli oneri di natura previdenziale e assistenziale”.
Carrefour è solo l’ultimo gruppo a finire nel mirino della procura di Milano, che a partire dal 2021 ha messo alla sbarra una serie di aziende, anche di prim’ordine, attive nei settori della grande distribuzione, della logistica, della vigilanza privata e della moda, accusandole di caporalato e reati fiscali. Le società sono state oggetto di sequestri preventivi milionari e spesso poste addirittura sotto amministrazione giudiziaria. L’elenco è impressionante: Dhl, Gls, Spumador, Salumificio Beretta, Spreafico, Movimoda, Uber, Lidl, Nolostand-Fiera Milano, Schenker, Aldieri, Cegalin-Hotelvolver, Brt, Geodis, Esselunga, Ups, Chiapparoli, Securitalia, e di recente Alviero Martini e Giorgio Armani Operations.
Il modus operandi della procura di Milano è decisamente drastico e consiste nell’imputare direttamente a questi grandi gruppi il presunto sfruttamento di lavoratori da parte delle aziende appaltatrici se non addirittura dei sub-fornitori. Spesso le accuse risultano essere piuttosto discutibili, per esempio quando ad alcune aziende della vigilanza privata viene addebitato di pagare ai lavoratori retribuzioni sotto la soglia di povertà, anche se in linea con i contratti collettivi nazionali. Più in generale, a colpire è la presunzione di consapevolezza (e quindi di colpevolezza) sullo sfruttamento dei lavoratori che viene attribuita ai vertici dei gruppi, anche se non ci sono prove che questi siano a conoscenza delle presunte irregolarità nella propria rete dei fornitori.
Sotto il peso di sequestri preventivi milionari o persino provvedimenti di controllo giudiziario (prontamente enfatizzati sugli organi di informazione), le aziende – soprattutto quelle con sedi strategiche all’estero, che non vogliono perdere tempo con la giustizia italiana – preferiscono a venire a patti con gli inquirenti milanesi, aumentando gli stipendi o direttamente assumendo centinaia di lavoratori.
Il decreto di sequestro contro Gs Carrefour si caratterizza per una lunga e singolare premessa in cui il pm Storari analizza il fenomeno dell’appalto di manodopera attraverso false cooperative, che dagli anni Cinquanta sarebbe sopravvissuto fino a oggi, anche se riguarderebbe non più manodopera meridionale ma lavoratori extracomunitari. Subito dopo vengono elencate tutte le aziende interessate negli ultimi mesi dalle inchieste della procura, in cui il fenomeno dello sfruttamento sarebbe stato “ampiamente riscontrato”. Ne emerge l’immagine di un pm impegnato, più che a dare riscontro a notizie di reato, ad affrontare un fenomeno economico-sociale con le armi del codice penale (come all’inizio degli anni Novanta la procura meneghina si convinse di poter fare con il fenomeno del finanziamento illecito ai partiti).
L’uso disinvolto da parte della procura delle misure preventive, che non offrono possibilità alle aziende di fornire chiarimenti sugli addebiti in via preliminare, sta facendo molto discutere gli operatori del mondo economico, forense e accademico. Proprio domani pomeriggio al Palazzo di giustizia di Milano si terrà un convegno dedicato alle misure di prevenzione promosso dalle Camere penali di Milano e Catanzaro, con la partecipazione anche di Storari e di Fabio Roia, presidente del tribunale meneghino.