l'intervista
“Non è vero che Salis da eletta sarebbe scarcerata”. Parla il prof. Martinelli
“Non esiste alcun automatismo fra l’eventuale elezione di Ilaria Salis al Parlamento europeo e la sua scarcerazione in Ungheria”, ci dice Claudio Martinelli, docente dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca: "Necessaria la collaborazione delle autorità ungheresi"
“Non esiste affatto alcun automatismo fra l’eventuale elezione di Ilaria Salis al Parlamento europeo e la sua scarcerazione in Ungheria”. Interpellato dal Foglio, Claudio Martinelli, docente di Diritto pubblico comparato e Diritto parlamentare all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, smorza gli entusiasmi attorno alla candidatura alle elezioni europee, con l’Alleanza Verdi e Sinistra, dell’insegnante italiana reclusa in Ungheria, offrendo una lettura realistica e pragmatica di ciò che potrebbe avvenire in caso di superamento della soglia di sbarramento e di vittoria del seggio: “I trattati Ue – spiega Martinelli – prevedono che i parlamentari godano su tutto il territorio europeo della prerogativa di non subire detenzioni e provvedimenti di restrizione della libertà personale. Una volta eletta, Salis acquisterebbe lo status di parlamentare con la proclamazione. A quel punto però sarebbe necessaria la collaborazione delle autorità ungheresi. Non è affatto certo, però, che quest’ultime decidano di collaborare. Ciò che è più probabile è che le autorità ungheresi inizino una procedura presso il Parlamento europeo di richiesta di revoca dell’immunità di Salis”.
“C’è un dato di fatto che in molti sembrano voler ignorare: Salis non si trova libera in uno stato terzo, ma è detenuta nelle carceri ungheresi. L’Ungheria potrebbe decidere di non scarcerarla finché il Parlamento europeo non risponda alla richiesta di revoca dell’immunità”, aggiunge il docente, da pochi giorni in libreria con un libro intitolato “Il Parlamento europeo” (Il Mulino). “Ovviamente l’Ungheria potrebbe anche non decidere di chiedere la revoca, ma su un piano realistico, proprio perché la situazione si è molto politicizzata, è difficile pensare che di fronte alla proclamazione dell’elezione di Salis come parlamentare europeo l’Ungheria non dica niente in contrario e la lasci libera di andare a Strasburgo”, prosegue Martinelli, che ribadisce: “Parliamo di una zona grigia, che non è normata né a livello europeo né a livello nazionale. L’Ungheria potrebbe chiedere la revoca dell’immunità e dire al Parlamento europeo: ‘Finché non vi pronunciate, Salis rimane qui’”.
Di quali tempistiche parliamo? “La valutazione della richiesta di revoca dell’immunità potrebbe richiedere qualche mese. Una volta che l’organo viene costituito al Parlamento europeo, la pratica va istruita. Ci sono dei tempi tecnici che vanno esperiti, a prescindere dal fatto che il caso sia famoso o meno”, spiega Martinelli.
Negli ultimi giorni, alcuni hanno evocato una sentenza del 2019 della Corte di giustizia dell’Unione europea sul caso Junqueras Vies, sostenendo che questa garantirebbe al cittadino eletto al Parlamento europeo la revoca della misura di custodia cautelare nei suoi confronti. “In realtà, la sentenza riguarda un aspetto specifico dell’ordinamento spagnolo. La Corte di giustizia dell’Ue ha stabilito che, a prescindere da quale sia l’ordinamento nazionale, un parlamentare europeo diventa tale all’atto della proclamazione, che non può essere impedita da un altro adempimento, nel caso in questione il giuramento di fedeltà alla Costituzione spagnola. La sentenza ha dunque una valenza limitata, che non si applica al caso Salis”, afferma Martinelli.
Ad ogni modo, se il Parlamento europeo rigettasse la richiesta di revoca dell’immunità avanzata dall’Ungheria, Salis “dovrebbe uscire dal carcere, ma non bisogna mai dimenticare che si trova in uno stato che non brilla di certo in termini di rispetto della rule of law”, prosegue Martinelli: “Le autorità ungheresi potrebbero realizzare manovre ostruzionistiche, soprattutto per rallentare i tempi di scarcerazione, in particolare in un contesto in cui il caso è stato oggetto di ulteriore politicizzazione. Questo per sottolineare che in ogni caso, è comunque necessaria la collaborazione delle autorità ungheresi”.
Insomma, conclude il docente, “la decisione di candidare Salis innescherà un processo di ulteriore spostamento del focus della vicenda dal terreno giudiziario a quello politico, con tutte le incognite che questo comporta”.