teoremi

L'ultima inchiesta della procura di Firenze contro Dell'Utri (e il Cav.) è il trionfo delle congetture

Ermes Antonucci

Per il pm Tescaroli le somme ricevute da Dell'Utri da Berlusconi sono servite per comprare il suo silenzio sulle stragi mafiose del 1993, ordite da entrambi. Siamo alla fantagiustizia: ipotesi accusatorie fondate su mere congetture, senza alcun appiglio probatorio, alle quali si legano altre ipotesi accusatorie a loro volta fondate sul nulla

Con un vero colpo di coda, a pochi giorni dall’effettiva fine della sua esperienza ultrasettennale alla procura di Firenze, il pm Luca Tescaroli (promosso di recente procuratore di Prato dal Csm) ha chiuso con i suoi colleghi l’indagine sulle somme ricevute nel corso degli anni da Marcello Dell’Utri da parte di Silvio Berlusconi (13,4 milioni di euro dal 2017 al 2023). L’illecito contestato dalla procura è la violazione della normativa antimafia che impone la comunicazione delle variazioni patrimoniali a chi è condannato per reati legati alla mafia, come Dell’Utri, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma dietro, si legge nell’atto di chiusura delle indagini, c’è un’accusa molto più pesante: quella di aver commesso il reato “al fine di occultare la più grave condotta di concorso nelle stragi ascrivibile a Silvio Berlusconi e allo stesso Dell’Utri”. In altre parole, Berlusconi avrebbe trasferito i soldi a Dell’Utri per comprare il suo silenzio sulle stragi del 1993. Stragi che, sempre secondo Tescaroli, sarebbero state ordite proprio da Berlusconi e Dell’Utri per far trionfare Forza Italia alle elezioni del 1994Siamo sempre allo stesso punto: alla fantagiustizia. Ipotesi accusatorie fondate su mere congetture, senza alcun appiglio probatorio, alle quali si legano altre ipotesi accusatorie a loro volta fondate sul nulla. 

 

Non esiste infatti un atto, un documento o un’intercettazione da cui emerge l’intento di Berlusconi di pagare il suo amico di una vita per farlo tacere sulle stragi compiute da Cosa nostra nel 1993 a Milano, Firenze e Roma (peraltro, non si capisce perché Dell’Utri dovesse essere pagato per non auto-accusarsi). Così come non esiste nulla che possa lasciar intendere il coinvolgimento dei due nella regia delle stragi in questione. L’intero teorema accusatorio, formulato da Tescaroli già nel lontano 1997 quando era alla procura di Caltanissetta, si basa su alcune dichiarazioni di pentiti che non hanno mai trovato riscontro e, in anni più recenti, su un colloquio intercettato avuto in carcere dal boss Giuseppe Graviano con il detenuto  Adinolfi. Un colloquio riportato con queste parole dalla Dia: “Graviano percuote la spalla sinistra di Adinolfi utilizzando la mano destra in posizione cosiddetta ‘a taglio’, dopodiché la chiude a pugno e la muove ritmicamente due volte orizzontalmente per indicare, con tutta probabilità, un evento esplosivo”. Roba da ridere. Fatto sta che è dal 1997 che si susseguono indagini, interrogatori, perquisizioni, perizie. Tutto, ovviamente, a spese dei contribuenti.   

  

Una farsa che prosegue, nonostante lo scorso marzo il tribunale di Palermo abbia respinto la richiesta di confiscare il patrimonio di Marcello Dell’Utri e dei suoi famigliari, perché non c’è nessuna prova che le donazioni ricevute nel corso degli anni da Silvio Berlusconi abbiano una natura illecita o mafiosa. Una tesi “semplicistica e indimostrata”. Non solo. Per i giudici palermitani, anche la tesi del silenzio serbato da Dell’Utri circa i rapporti fra Berlusconi e Cosa nostra “pur se estremamente suggestiva, presta il fianco alla finora indimostrata esistenza di accordi fra il sodalizio criminale e Berlusconi, sia in campo imprenditoriale che politico”.

 

In effetti, prima di ipotizzare il trasferimento di denaro da Berlusconi a Dell’Utri come prezzo del silenzio sulle stragi, la procura di Firenze dovrebbe dimostrare che dietro quelle stragi ci siano proprio i due. Ma la logica non sembra essere ben accolta a Firenze, regno delle suggestioni indimostrate. 

 

Sfogliando l’atto di conclusione delle indagini, si scopre che sono sette i bonifici finiti sul conto di Dell’Utri tra il 2017 e il 2023. Cinque di questi provengono da Berlusconi (direttamente o per il tramite di Miranda Ratti, moglie di Dell’Utri). Uno è il frutto di fatture incassate da case d’asta o disinvestimenti. Infine uno proviene dalla casa editrice del “Fatto quotidiano” (giornale sul quale scrive spesso proprio Tescaroli): quasi 16 mila euro, probabilmente legati al risarcimento per una causa di diffamazione. Usando la stessa non-logica dei pm fiorentini, anche questa somma potrebbe essere interpretata come finalizzata a ottenere il silenzio di Dell’Utri sulle stragi. Il cortocircuito dei teoremi giudiziari
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]