l'inerzia

Nordio sogna la riforma epocale ma da due anni non attua la legge Cartabia

Ermes Antonucci

Mentre si parla dei massimi sistemi, come la separazione delle carriere e la riforma del Csm, si scopre che il ministro della Giustizia non è stato in grado in due anni di attuare la norma sui criteri generali per la trattazione delle notizie di reato

E’ tutta una grande attesa per la riforma epocale del ministro Nordio, che dovrebbe separare le carriere dei magistrati, ridefinire il ruolo del Csm e persino – si sussurra – toccare il principio di obbligatorietà dell’azione penale. Eppure, è dal giugno 2022 che il ministero della Giustizia è inadempiente rispetto all’attuazione di una delle norme più importanti introdotte dalla riforma Cartabia: quella secondo cui gli uffici di procura stabiliscono i criteri di priorità nella trattazione delle notizie di reato tenendo conto dei “criteri generali indicati dal Parlamento con legge”. A presentare il provvedimento al Parlamento per la sua approvazione dovrebbe essere proprio il ministro della Giustizia, anche in virtù del patrimonio conoscitivo di cui dispone grazie alle sue strutture rispetto al funzionamento dell’organizzazione giudiziaria. Eppure, come detto, è dal giugno 2022 che ciò non avviene. Un ritardo che chiama in causa soprattutto la figura di Carlo Nordio, diventato Guardasigilli nell’ottobre 2022 dopo le dimissioni del governo Draghi, avvenute a luglio. Chiariamo: non si tratta di una materia di interesse tecnico, tutt’altro. 

 

In sintesi, inondate da un numero di notizie di reato impossibile da gestire, le procure sono costrette a decidere – con proprie circolari interne – a quali procedimenti dare priorità e quali trattare in via secondaria (con l’alta probabilità che questi reati finiscano in prescrizione, cioè al macero). Ogni ufficio requirente individua in modo diverso i propri criteri di priorità nell’azione penale, col risultato non solo di generare possibili trattamenti diseguali del cittadino di fronte alla legge in base al territorio in cui si trova, ma soprattutto di affidare di fatto alle procure la definizione delle politiche nel settore criminale. Per cercare di garantire un uniforme esercizio dell’azione penale, la riforma Cartabia del 2021 ha stabilito che il Parlamento indichi dei “criteri generali” ai quali le procure devono adeguarsi nell’individuare i propri criteri di priorità.

 

Con una legge del giugno 2022 il legislatore ha proceduto ad adeguare il codice di procedura penale a questa importante novità. Sono trascorsi quasi due anni, ma la legge che stabilisce i criteri generali non è ancora stata adottata. Una “dimenticanza” di non poco conto da parte del ministro Nordio, che nel corso degli anni ha speso fiumi di parole e inchiostro sulla sostanziale elusione del principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale e sulla necessità di una regolamentazione di questa situazione.

 

Tale è l’inerzia del ministro della Giustizia che lo scorso novembre il senatore di Forza Italia, Pierantonio Zanettin, ha depositato un proprio disegno di legge in cui vengono stabiliti i criteri generali nella trattazione delle notizie di reato: “gravità dei fatti, anche in relazione alla specifica realtà criminale del territorio e alle esigenze di protezione della popolazione”, “tutela della persona offesa in situazioni di violenza domestica, o di genere e di minorata difesa”, “offensività in concreto del reato, da valutare anche in relazione alla condotta della persona offesa e al danno patrimoniale e/o non patrimoniale a essa arrecato”. L’iniziativa, per stessa ammissione del proponente, aveva come obiettivo soprattutto quello di smuovere le acque. Questo, però, non è avvenuto: il ministero della Giustizia ha continuato a non presentare in Parlamento il testo richiesto dalla riforma Cartabia. 

 

L’inerzia di Nordio risulta significativa soprattutto se si considera il dibattito in corso in questi giorni sulla riforma costituzionale della magistratura. Mentre si parla dei massimi sistemi, come la separazione delle carriere, la riforma del Csm e, paradossalmente, anche l’ipotesi di abolizione del principio di obbligatorietà dell’azione penale, si scopre che il ministro della Giustizia non è stato in grado in due anni di indicare dei criteri generali per la trattazione prioritaria delle notizie di reato. Se queste sono le premesse, c’è poco da essere ottimisti. 

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]