processo alla politica
Che cosa non torna nell'inchiesta che ha portato all'arresto di Toti
L’indagine sembra muoversi sul sottile crinale che divide l’attività politica, svolta per venire incontro ai legittimi interessi di coloro che regolarmente finanziano l’attività governativa (peraltro tramite regolari bonifici), dalla corruzione
La presenza di tanti casi giudiziari di presidenti di Regione indagati, sputtanati mediaticamente e poi assolti (da Pittella a Fontana, da Oliverio a De Luca, da Zingaretti a Bonaccini), come ben evidenziato da Enrico Costa, impone di valutare con molta prudenza le accuse che ieri hanno travolto il governatore della Liguria, Giovanni Toti. Anche in quei casi, le accuse mosse dai magistrati inizialmente erano apparse granitiche, salvo poi sgretolarsi in sede di giudizio, spesso addirittura ancor prima di andare a processo. Le modalità con le quali, poi, è stata attuata la misura di custodia cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Toti (eseguita a cinque mesi di distanza dalla richiesta della procura genovese, in piena campagna elettorale per le europee, e nonostante ciò notificata al diretto interessato alle tre del mattino, neanche si fosse di fronte a un lestofante in procinto di fuggire all’estero) riportano purtroppo all’attenzione alcune storture micidiali del nostro sistema giudiziario.
La grande enfasi mediatica, tutta incentrata sulle tesi dell’accusa, ovviamente fa il resto, facendo apparire gli indagati (dieci in tutto) come dei colpevoli già accertati. Come se non bastasse, la situazione di crisi vissuta dalla magistratura genovese, che da tempo lamenta la carenza di risorse (ora quasi del tutto concentrate sulla trattazione del processo sul crollo del ponte Morandi), lascia pensare che, se mai Toti sarà rinviato a giudizio, il processo non vedrà la sua conclusione prima di almeno cinque anni.
Premesso tutto questo – che non è certo poco e dovrebbe suscitare qualche interesse da parte del Guardasigilli Nordio – l’accusa mossa dalla procura di Genova nei confronti di Toti risulta essere piuttosto grave: quella di aver “messo a disposizione la propria funzione e i propri poteri per favore di interessi privati, in cambio di finanziamenti, reiterando il meccanismo con diversi imprenditori”, in occasione e in concomitanza di quattro competizioni elettorali che si sono susseguite in 18 mesi dal 2021 al 2022. In particolare, al presidente della Liguria, ora sospeso, viene contestato di aver accettato finanziamenti per circa 74 mila euro da parte degli imprenditori Aldo e Roberto Spinelli, attivi nel settore della logistica portuale, in cambio di favori. I finanziamenti sono stati realizzati al “Comitato Giovanni Toti”, nato per sostenere le varie campagne elettorali di Toti. In cambio, il governatore sarebbe intervenuto per sbloccare, agevolare o contribuire ad autorizzare provvedimenti vantaggiosi per Spinelli, come il rinnovo per trent’anni della concessione del Terminal Rinfuse al porto di Genova, l’assegnazione di altri spazi portuali e l’agevolazione dell’iter di una pratica edilizia relativa al complesso immobiliare di Punta Dell’Olmo.
I pm e il gip non hanno dubbi: si è di fronte a casi di corruzione. “Nel caso dei finanziamenti promessi ed erogati da Spinelli – su richiesta di Toti –, si tratta di erogazioni tutte esplicitamente e chiaramente collegate a specifici provvedimenti amministrativi di competenza regionale (o alla cui formazione contribuisce la Regione) e, in generale, alla funzione ricoperta dal suo presidente”, si legge nell’ordinanza del gip. Motivo per cui sarebbe da escludere la natura di “erogazioni liberali” dei finanziamenti in questione.
Proprio la concomitanza fra le presunte condotte corruttive e gli appuntamenti elettorali ha spinto il gip ad accogliere la misura degli arresti domiciliari nei confronti di Toti: “Esiste il pericolo attuale e concreto che l’indagato commetta altri gravi reati della stessa specie di quelli per cui si procede e, in particolare, che possa reiterare, in occasione delle prossime elezioni, analoghe condotte corruttive, mettendo la propria funzione al servizio di interessi privati in cambio di utilità”.
Le intercettazioni riportate nell’ordinanza fanno denotare quantomeno una certa imprudenza da parte di Toti nelle modalità con cui intratteneva rapporti con Aldo Spinelli, imprenditore portatore di chiari interessi privati nel porto genovese. L’indagine, tuttavia, sembra muoversi sul sottile crinale che divide l’attività politica, svolta per venire incontro ai legittimi interessi di coloro che regolarmente finanziano l’attività governativa (peraltro tramite regolari bonifici), dalla corruzione.
Spetterà ai magistrati dimostrare che i provvedimenti sui quali Toti si sarebbe attivato per facilitarne l’approvazione derivano dall’asservimento del governatore agli interessi degli Spinelli, anziché da una sua legittima discrezionalità politica.
Lo stesso si può dire per l’altra accusa di corruzione mossa a Toti, in concorso con il suo capo di gabinetto Matteo Cozzani, in favore di Esselunga. Secondo gli inquirenti, il governatore avrebbe ricevuto un finanziamento illecito rappresentato dal pagamento occulto di alcuni passaggi pubblicitari, comparsi sul pannello esposto sulla Terrazza Colombo, per la campagna elettorale comunale del giugno 2022. In cambio Toti e Cozzani si sarebbero impegnati a sbloccare due pratiche di Esselunga pendenti in Regione relative all’apertura di due punti vendita rispettivamente a Sestri Ponente e Savona.
Se a Toti sono stati comminati gli arresti domiciliari, è finito invece direttamente in carcere Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale dal 2016 al 2023, accusato di corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d'ufficio.
Capitolo a parte merita, infine, il filone relativo al reato di corruzione elettorale, contestato a Cozzani e ai gemelli Italo Maurizio Testa e Arturo Angelo Testa, quali rappresentanti della comunità genovese originaria di Riesi (Caltanissetta), in occasione delle elezioni regionali in Liguria del settembre 2020. Quest’ultimi sono accusati di aver promesso posti di lavoro e il cambio di un alloggio di edilizia popolare per convogliare i voti degli elettori appartenenti alla comunità riesina di Genova (almeno 400 preferenze) e comunque siciliani verso la lista “Cambiamo con Toti Presidente”. Viene contestata anche l’aggravante mafiosa.