toga unfit
Per il Csm il pm De Pasquale non è equilibrato, ma potrà continuare a lavorare
Al pm milanese, l'unico a essere riuscito a far condannare Berlusconi, è stato riconosciuto “un modus operandi” di fatto incompatibile con lo stato di diritto, ma potrà continuare a esercitare la sua attività, che include il prendere decisioni che incidono sulla libertà dei cittadini
E’ comprensibile l’imbarazzo con il quale i quotidiani che per trent’anni hanno contribuito a costruire l’immagine di Fabio De Pasquale come magistrato irreprensibile (una sorta di Superman a caccia di reati), e con il grande merito di essere l’unico pm a essere riuscito a far condannare Berlusconi, hanno riportato la notizia della sua bocciatura da parte del Csm. Sì, perché le durissime parole usate dall’organo di governo autonomo delle toghe vanno ben oltre il processo Eni-Nigeria, per il quale De Pasquale ora è sotto processo, e condannano un “modus operandi consolidato” fatto di “assenza di imparzialità ed equilibrio”.
Nella delibera con cui il Csm ha deciso di non confermare a De Pasquale l’incarico di procuratore aggiunto si legge che “risulta dimostrata l’assenza in capo al dott. De Pasquale dei prerequisiti della imparzialità e dell’equilibrio, avendo reiteratamente esercitato la giurisdizione in modo non obiettivo né equo rispetto alle parti nonché senza senso della misura e senza moderazione”. Il riferimento è alla condotta tenuta da De Pasquale al processo Eni-Nigeria, conclusosi con l’assoluzione di tutti gli imputati. De Pasquale ha infatti omesso di depositare diverse prove potenzialmente favorevoli alla difesa di Eni. Inoltre ha tentato a ridosso della sentenza di far ascoltare in aula Piero Amara, per fargli riferire di un presunto “accordo” avvenuto fra il presidente del collegio giudicante, Marco Tremolada, e alcuni difensori di Eni, con lo scopo proprio di spingere Tremolada ad astenersi (il tentativo fallì). Per tutti questi comportamenti, De Pasquale si ritrova ora sotto processo a Brescia insieme al suo collega Sergio Spadaro con l’accusa di rifiuto d’atti d’ufficio.
Il giudizio profondamente negativo fornito dal Csm nei confronti di De Pasquale, tuttavia, va ben oltre il caso Eni-Nigeria. Nella delibera approvata infatti si legge: “D’altra parte, la pervicacia dimostrata in tutte le sedi in cui è stato chiamato a illustrare il proprio operato è idonea a dimostrare” come “le condotte poste in essere” da De Pasquale “lungi dall’essere contingenti e occasionali, rappresentano un modus operandi consolidato e intimamente connesso al suo modo di intendere il ruolo ricoperto, proiettando, pertanto, un giudizio prognostico negativo sul possesso dei prerequisiti dell’imparzialità e dell’equilibrio anche ai fini della conferma” del magistrato nelle funzioni semidirettive.
Probabilmente in un paese normale un giudizio così negativo avrebbe comportato l’esclusione del magistrato dall’ordine giudiziario. Nonostante tutto ciò, invece, De Pasquale continuerà a esercitare le sue funzioni, sebbene non più come procuratore aggiunto ma come un semplice sostituto procuratore.
Formalmente al Csm non può essere contestato nulla: la procedura in cui è stata approva la delibera si limitava alla conferma o meno dell’incarico di aggiunto. Nei confronti di De Pasquale restano invece aperti il procedimento disciplinare e il procedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale, entrambi sospesi in attesa della definizione del processo in sede penale. Il risultato, tuttavia, resta paradossale: fino a quando il processo penale non terminerà, De Pasquale, cioè un magistrato al quale è stato riconosciuto “un modus operandi” di fatto incompatibile con lo stato di diritto, potrà continuare a esercitare la sua delicatissima attività, che include il prendere decisioni che incidono sulla libertà dei cittadini.
Probabilmente se Berlusconi fosse ancora in vita si chiederebbe se quel modus operandi è stato utilizzato anche nel processo che portò alla sua unica condanna definitiva per frode fiscale. A contare, però, ora è ciò che potrà pensare il semplice cittadino che in futuro potrà ritrovarsi indagato o sotto processo da parte di un magistrato di cui è stata riconosciuta l’assenza di imparzialità ed equilibrio, e che è stato dunque considerato unfit a svolgere la sua funzione (remember The Economist?).
La bocciatura di De Pasquale imporrà al procuratore di Milano Marcello Viola una riorganizzazione del lavoro interno alla procura. Ulteriori scossoni potranno giungere dalla conclusione del processo penale nei confronti proprio di De Pasquale e Spadaro (anche nei confronti di quest’ultimo infatti è stata avviata un’azione disciplinare).
Un altro magistrato milanese nel mirino della giustizia disciplinare è Paolo Storari, colui che nell’aprile 2020 consegnò all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo i verbali secretati degli interrogatori resi da Amara sulla fantomatica “loggia Ungheria”. Sul piano penale, Davigo è stato condannato in primo grado e in appello, mentre Storari è stato assolto in via definitiva per assenza dell’elemento soggettivo. La giustizia disciplinare segue altri criteri, così il procedimento nei confronti di Storari sta proseguendo.