le manovre

Così l'ex procuratore di Milano Greco usò Amara tentando di far saltare il processo Eni-Nigeria

Ermes Antonucci

A ridosso della sentenza Eni-Nigeria, l'ex capo della procura milanese Greco inviò ai colleghi di Brescia un verbale in cui Amara parlava di presunte interferenze di Eni sul presidente del collegio giudicante. La deposizione al Csm

Più che chiarire i motivi che spinsero il pm milanese Paolo Storari a consegnare nel marzo 2020 a Davigo i verbali di Amara coperti da segreto sulla fantomatica loggia Ungheria, il procedimento disciplinare in corso davanti al Csm nei confronti proprio di Storari sta riportando alla luce tutta l’ambiguità con cui i vertici della procura di Milano gestirono le dichiarazioni di Amara. L’allora capo della procura Greco e l’aggiunto Pedio, sentiti in Csm giovedì, infatti, da un lato ritennero poco credibile Amara sulla loggia (poi rivelatasi inesistente), dall’altro usarono le sue dichiarazioni per cercare di far saltare il collegio giudicante del processo Eni-Nigeria. 

 

La mossa disperata avvenne il 4 febbraio 2020. La sentenza del tribunale di Milano sulla presunta corruzione da oltre un miliardo di dollari compiuta da Eni in Nigeria per il giacimento petrolifero Opl 245 si stava avvicinando, e la procura di Milano, consapevole di non poter contare su prove concrete a sostegno dell’accusa, decise nientedimento che  far saltare il banco. Come? Inviando alla procura di Brescia, competente sugli illeciti commessi dalle toghe milanesi, un verbale in cui lo stesso Amara faceva riferimento a presunte “interferenze della difesa Eni” sul giudice Marco Tremolada, presidente del collegio giudicante che poi avrebbe assolto tutti gli imputati accusati dalla procura. De Pasquale e Spadaro, titolari del procedimento,  chiesero inoltre, senza successo, di ascoltare in aula proprio Amara.

 

A raccogliere le dichiarazioni di Amara era stato appunto Storari, nell’ambito dell’indagine sulla loggia Ungheria, una fantomatica associazione segreta composta da magistrati, politici, generali delle forze armate e imprenditori, finalizzata a condizionare istituzioni e organi costituzionali. 

 

Le dichiarazioni di Amara sulla loggia vennero (giustamente) trattate con molta cautela da Greco e Pedio. Il procuratore Greco, in particolare, come ha ribadito giovedì al Csm, riteneva Amara poco credibile (“E’ una persona di cui ho sempre diffidato”) e per questo era convinto che andassero trovati riscontri alle sue parole prima di iscrivere nel registro degli indagati le decine di persone da lui nominate come associate alla loggia: “Avevo dato delle indicazioni ben precise –  ha detto Greco al Csm –  Se si vuole costruire questa roba qui bisogna avere le prove di come si realizzava l’eventuale vincolo associativo, le prove delle affiliazioni, le prove delle espulsioni, le assemblee. Se uno dice ‘tizio è il capo’, mi dici chi lo ha eletto: l’assemblea dei soci, il comitato esecutivo, è solo un problema di leadership?”. “Fatto questo quadro, che non c’era, si poneva il problema dei reati”, ha aggiunto Greco: “Se uno va a vedere questi benedetti verbali, che cosa avevano fatto questi poi? Amara non ha detto un episodio specifico in cui lui o la sua loggia o il suo gruppo sia risultato vincente. E’ una loggia ridicola o è una cosa credibile?”. Della stessa idea l’aggiunto Pedio, secondo cui il quadro delineato da Amara era “quantomai fumoso”. 

 

Su una strada radicalmente diversa si muoveva invece proprio Storari, che proponeva subito l’iscrizione tra gli indagati per violazione della legge Anselmi delle autorevoli personalità citate da Amara nei suoi interrogatori. Da questo contrasto di visioni nacque l’iniziativa di Storari di consegnare i verbali di Amara coperti da segreto a Davigo, accusando i vertici di inerzia sulle indagini. Da questa violazione del segreto sono nati due processi penali, che hanno visto Storari  assolto in via definitiva per assenza dell’elemento soggettivo e Davigo condannato in primo e secondo grado. 

 

La cautela mostrata da Greco e Pedio sulle parole di Amara sulla loggia Ungheria fa a pugni, però, con la decisione degli stessi (formalmente di Greco) di spedire subito a Brescia le dichiarazioni di Amara sui presunti condizionamenti ai danni di Tremolada. “Non voglio essere accusato di negligenza, questa roba la porto a Brescia e così ho fatto”, ha spiegato Greco al Csm. Come se un procuratore sia tenuto a trasmettere alla procura competente qualsiasi dichiarazione in cui un giudice viene accusato di non essere imparziale (peraltro in questo caso da un soggetto ritenuto poco credibile). La contraddizione sfiora la presa in giro. Alla fine, per la cronaca, la procura di Brescia aprì un’indagine sui “condizionamenti” di Tremolada e la archiviò in virtù dell’inattendibilità di Amara. 

 

La verità è che da parte dei vertici della procura di Milano ci fu un tentativo indecoroso di condizionare la sentenza del processo Eni-Nigeria, che poi si concluse con l’assoluzione di tutti gli imputati, in seguito confermata in via definitiva. Un tentativo che rimarrà impunito, visto che Greco ormai è in pensione.    

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]