Retroscena
Cosa si cela dietro l'ennesima indagine di Tescaroli sulle stragi del 1993. Domande per Nordio
Il 14 marzo il pm fiorentino è stato promosso come nuovo capo della procura di Prato, ma non ha mai preso servizio. Ha ottenuto dal ministero della Giustizia di rimanere a Firenze per chiudere le inchieste aperte, ma invece ne apre di nuove, come quella su Mori. E il posto di procuratore di Prato continua a essere vacante da maggio 2023
C’è anche, e soprattutto, la firma del procuratore aggiunto Luca Tescaroli al termine dell’invito a comparire recapitato dalla procura di Firenze al generale Mario Mori, indagato per le stragi mafiose del 1993. E’ da oltre 25 anni, d’altronde, che Tescaroli indaga – senza risultati – sui presunti mandanti politici e le coperture istituzionali delle stragi di Cosa nostra. Dopo Berlusconi e Dell’Utri, ora tocca a Mori. Nonostante gli scarsi risultati, lo scorso 14 marzo Tescaroli è stato promosso dal Csm come nuovo capo della procura di Prato. Da allora, però, non ha mai preso servizio. Fonti del Csm riferiscono al Foglio che il magistrato ha infatti chiesto e ottenuto dal ministero della Giustizia il cosiddetto “ritardato possesso” dell’incarico, procedura che dovrebbe servire al pm o al giudice per chiudere i procedimenti ancora aperti. Anziché chiudere indagini, però, Tescaroli ne apre di nuove, come quella su Mori. E il posto di procuratore di Prato continua a essere vacante da maggio 2023.
L’avviso di garanzia della procura fiorentina nei confronti di Mori porta anche altre firme: quella formale del procuratore capo Filippo Spiezia, dell’altro aggiunto Luca Turco, che da sempre affianca Tescaroli nelle sue iniziative, pur concentrando le sue attenzioni su altre vicende (si chieda a Renzi e alla sua famiglia), e infine del più giovane pm Lorenzo Gestri.
Insomma, il vero regista dell’operazione giudiziaria contro Mori è chiaramente Tescaroli, che condusse (senza successo) a Caltanissetta un’inchiesta sui mandanti esterni delle stragi del 1993 e proseguì il filone di indagine appena arrivato nel 2018 a Firenze, accusando nientedimeno che l’ex premier Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Questo il teorema di fondo di Tescaroli: le stragi del 1993 a Firenze, Roma e Milano servirono “per indebolire il governo Ciampi” che in quel momento era alla guida del paese e avevano l’obiettivo di “diffondere il panico e la paura tra i cittadini, in modo da favorire l’affermazione del progetto politico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri”.
Più che un impianto accusatorio, l’apice del complottismo giudiziario. L’indagine nei confronti di Mori (che ieri ha ricevuto la significativa “vicinanza” dell’Arma dei Carabinieri per aver “reso lustro all’istituzione in Italia e all’estero”) sembra avere la stessa matrice.
Come già anticipato, ciò che sorprende è che Tescaroli alla procura di Firenze neanche dovrebbe più starci, dopo la sua promozione a procuratore di Prato avvenuta lo scorso 14 marzo. Il pm ha però chiesto e ottenuto dal ministero della Giustizia, in particolare dalla Direzione generale magistrati, di poter rimanere ancora per qualche mese (non è chiaro quanti) alla procura fiorentina. Il “ritardato possesso” ha come finalità quella di permettere al pm di chiudere le indagini condotte fino a quel momento. L’avviso di garanzia a Mori, tuttavia, segnala con evidenza l’inizio di una nuova indagine da parte di Tescaroli.
Insomma, quando il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, esprime il giusto “sconcerto” per le ennesime contestazioni mosse nei confronti dell’ex comandante del Ros dei Carabinieri dovrebbe allo stesso tempo rivolgere le sue perplessità al collega di governo Carlo Nordio, che guida il ministero che ha consentito a Tescaroli di rimanere alla procura di Firenze per aprire nuove inchieste assurde.
La vicenda diventa ancora più assurda se si considera che la procura di Prato attende un nuovo procuratore capo dal 5 maggio 2023, cioè da oltre un anno, in un contesto peraltro caratterizzato da carenza di toghe e di personale amministrativo. Nel “programma delle attività annuali 2024”, la procuratrice di Prato facente funzioni, Laura Canovai, evidenzia come la procura soffra di uno “strutturale sottodimensionamento dell’organico, anche in confronto agli uffici omologhi del distretto di Firenze, soprattutto in rapporto al carico di lavoro, alla tipologia dei reati commessi, alla popolazione e al tessuto sociale e produttivo del circondario”.
Nonostante l’organico sia già inferiore alle esigenze, risultano mancanti due procuratori su dieci, incluso il capo (quindi una scopertura del 20 per cento), e 15 unità di personale amministrativo su 33 (scopertura del 45 per cento). Insomma, la procura di Prato vive una situazione delicata, ancor di più se si considera l’alto numero di reati che si ritrova ad affrontare, legati soprattutto alle difficoltà di integrazione della comunità cinese e allo sfruttamento di manodopera clandestina. Basti pensare che proprio al tribunale di Prato si sta svolgendo un maxi processo sulla mafia cinese.
Insomma, nonostante questo contesto e una procura in sofferenza, il ministero della Giustizia ha comunque autorizzato Tescaroli a rimanere a Firenze, per di più non a chiudere vecchie indagini, ma ad aprirne di nuove, come quella su Mori che suona come l’ennesimo capitolo di una persecuzione infinita. Inevitabile porsi alcune domande: il ministro Nordio è stato informato, e nel caso ha avallato la richiesta di Tescaroli di restare più tempo a Firenze, malgrado le difficoltà affrontate dalla procura di Prato? E’ al corrente che il magistrato in questione sta aprendo nuove indagini? Ritiene che tutto ciò sia compatibile con un’efficiente organizzazione del sistema giudiziario?