Rapporti alla mano /13

Ecco tutta la verità sulla corruzione in Italia

Sabino Cassese

È uno dei motivi per cui gli italiani si dicono insoddisfatti del proprio paese. Ma è un fenomeno così pervasivo? E poi come si fa a calcolarla: con i titoli dei giornali o con i numeri? Dati e tendenze inattese

L’Italia e gli italiani sono sempre stati poco in sintonia. È diffuso tra gli italiani un atteggiamento critico o piagnone verso la propria nazione. Prevalgono la tendenza a generalizzare e l’insoddisfazione generica e spesso generale per il Paese e i concittadini. Ora, un Paese deve conoscere sé stesso per potersi valutare, perché i cittadini possano votare – e cioè scegliere –, perché i membri della comunità possano partecipare alla vita collettiva. A questo scopo, oltre alle esperienze personali, vi sono i media. Ma questi forniscono notizia di episodi quotidiani, non riescono a metterli in prospettiva, a compararli, a misurare le loro dimensioni e la loro persistenza nel tempo. Un noto scrittore dichiarava di non leggere i giornali perché gli consentivano di conoscere “le cose”, ma non di comprendere “il senso delle cose”. Una delle ragioni della insoddisfazione degli italiani rispetto alla nazione è l’opinione diffusa che il Paese sia dominato dalla corruzione.

Il calcolo della corruzione

Per questo motivo è importante uscire dagli stereotipi e calcolare la corruzione. Vi sono tre modi per farlo, tutti imprecisi. Il primo registra la corruzione percepita. Il secondo la corruzione misurata. Il terzo la corruzione giudicata.
 

Il primo fornisce percezioni; quindi le indagini relative forniscono dati più alti quando i media danno notizie di casi eclatanti di corruzione, e dati meno preoccupanti quando di corruzione si parla meno. Il secondo fornisce testimonianze di persone che sono state effettivamente oggetto di tentativi di corruzione o che conoscono l’esistenza di tali tentativi; quindi, non tiene conto dei casi di corruzione che possono mettere in imbarazzo il rispondente, e dei casi di corruzione di maggiori dimensioni, più nascosti. Il terzo è fondato sui casi in cui la corruzione è stata scoperta o in sede amministrativa, dall’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) o dalla Corte dei conti, o in sede giudiziaria, dalle procure e dai giudici penali.
 

Dei dati è bene quindi fare un uso attento e principalmente usare quelli dell’Istituto nazionale di statistica (Istat), che nell’ultima indagine è giunto alla conclusione che la corruzione è in diminuzione.

L’indagine Istat sul 2022-2023

Secondo l’Istat, in questo periodo “si riscontra una diminuzione dal 2,7 per cento all’1,3 per cento delle richieste ricevute dalle famiglie nel triennio precedente l’intervista rispetto all’edizione del 2015-2016; i cali più consistenti riguardano i settori lavoro, uffici pubblici, sanità e giustizia. Nel corso della loro vita si stima che il 5,4 per cento delle famiglie abbia ricevuto richieste di denaro, favori, regali o altro in cambio di agevolazioni, beni o servizi; le richieste più frequenti al Centro (6,8 per cento), meno nelle Isole (3,6 per cento). Diminuisce anche la quota di chi conosce persone che hanno avuto esperienze di corruzione: dal 13,1 per cento (2015-2016) all’8,3 per cento (2022-2023)”.
 


L’Istat ha calcolato il numero di imprenditori e liberi professionisti che ritengono che capiti sempre o spesso di pagare per ottenere alcuni servizi; la quota di cittadini, tra i 18 e gli 80 anni, cui sono stati offerti denaro, beni o agevolazioni in cambio del voto; la percentuale di persone che ritiene accettabile pagare per trovare un posto di lavoro al proprio figlio. Secondo l’indagine Istat, la quota percentuale maggiore di corruzione riguarda l’Italia centrale, probabilmente per la presenza degli uffici centrali (ministeri, autorità, agenzie) a Roma.
 

Nella maggior parte dei casi di corruzione, c’è stata una richiesta esplicita da parte del diretto interessato (la stima è pari al 31,5 per cento, circa 94 mila famiglie) o questi lo ha fatto capire (33,0 per cento); segue la richiesta da parte di un intermediario (22,6 per cento). In altri casi le famiglie riportano che non vi è stata una vera e propria richiesta dal momento che “si sa che funziona così” (8,1 per cento), mentre in un residuale 2,1 per cento è il cittadino ad avere offerto di propria iniziativa denaro o regali. Tuttavia, a questa domanda il 4,4 per cento degli intervistati si è rifiutato di rispondere e il 4,3 per cento ha detto di non ricordare o di non sapere come si fosse svolto il fatto. La richiesta da parte di intermediari è più frequente in sanità (29,6 per cento), mentre nel settore degli uffici pubblici si è esposto il diretto interessato che lo ha fatto capire (41,3 per cento).

Il metodo dell’Istat

Come notato, i tipi di corruzione individuati dall’Istat consistono nella richiesta di denaro in cambio di favori, prestazioni di beni e servizi, nonché nel voto di scambio, definito dalla legge scambio elettorale politico-mafioso, più frequente nelle elezioni amministrative, e nel pagamento per ottenere licenze, contratti e concessioni da funzionari pubblici o anche privati. L’Istat ha calcolato la corruzione sia nei rapporti tra cittadini e pubblici ufficiali, sia nei rapporti tra privati. L’ha fatto ormai per un decennio. L’ha fatto, da ultimo, con circa 31 mila interviste. Dal 2018, si vale anche dei criteri determinati dalle Nazioni Unite per la misurazione della corruzione.
 

Il limite principale dell’indagine sta nel fatto che essa probabilmente non coglie i singoli casi di grande corruzione, che rimangono più nascosti e non riesce a ottenere da tutti i rispondenti tutte le informazioni.

Il silenzio dell’Anac

L’Italia si è dotata da un decennio di un’apposita autorità, chiamata Autorità nazionale anticorruzione (Anac), con lo scopo di individuare e sanzionare i casi di corruzione. L’Anac è incaricata della prevenzione della corruzione e della vigilanza, all’interno della pubblica amministrazione, della corretta gestione dei contratti pubblici, della concorrenza negli appalti, e del rispetto della trasparenza. L’Anac si affianca, quindi, alla Corte dei conti e alle procure e ai giudici penali.
 

Essa dispone di una struttura corposa, composta di non meno di una trentina di servizi (Segreteria del presidente, Segreteria del segretario generale, Ufficio operativo speciale, Relazioni istituzionali e drafting legislativo, Misure straordinarie e commissariamenti, Relazioni internazionali, Affari generali e organizzazione, Risorse umane e Formazione, Programmazione delle risorse finanziarie, bilancio e contabilità, Gare e logistica, Precontenzioso e pareri, Regolazione contratti pubblici, Affari legali e contenzioso, Servizi informatici interni, Servizi IT per i contratti pubblici, Servizi IT per la prevenzione della corruzione e trasparenza, Servizi infrastrutturali informatici e sicurezza IT, Vigilanza collaborativa, vigilanze speciali e centrali di committenza, Vigilanza lavori pubblici, Vigilanza servizi e forniture, Vigilanza concessioni e PPP, Vigilanza sulle SOA e rating di impresa, Sanzioni contratti, Sanzioni SOA e operatori economici qualificati e annotazioni, Gestione elenchi e qualificazione stazioni appaltanti, Osservatorio studi e analisi banche dati, Rilevazione e monitoraggio prezzi di riferimento, PNA e regolazione anticorruzione e trasparenza, Vigilanza in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, Relazioni esterne, attività consultiva e vigilanza collaborativa in materia di anticorruzione e trasparenza, Vigilanza sulla imparzialità dei funzionari pubblici, Vigilanza sulle segnalazioni dei whistleblowers).
 

L’Anac dispone di un centro di documentazione per la misurazione del rischio di corruzione. Lì si possono trovare una bibliografia sulla corruzione nonché dati che misurano elementi prospettici, legati al rischio di corruzione, quindi per mettere sull’avviso e prevenire, non per conoscere e misurare. Il suo limite principale è che interviene su un fenomeno che non indaga in modo sistematico e di cui quindi ha una conoscenza episodica.

Una conclusione

Da questo breve resoconto possono trarsi una conclusione e un suggerimento. La conclusione è di non ingigantire, sopravvalutandolo,  il fenomeno della corruzione, perché le indagini dell’ultimo decennio mostrano che non ha dimensioni preoccupanti e che ha un andamento decrescente. Il suggerimento è di non tenere separati gli apparati che raccolgono dati e li analizzano da quelli che intervengono e correggono (o sanzionano), perché – per parafrasare un motto di uno dei padri della patria – non si può deliberare senza conoscere.

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