il richiamo

“Le indagini possono distruggere le persone”. Pinelli sferza il Csm

Ermes Antonucci

Le parole del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Fabio Pinelli, al plenum: "La fase delle indagini è ormai centrale nel processo. E’ vero che il giudice c’è, ma arriva quando il profilo reputazionale, professionale e personale dell’indagato è compromesso. Il giudice a Berlino arriva quando ormai le vite sono distrutte"

“Dobbiamo ricordarci che la fase delle indagini preliminari è la fase ormai centrale del nostro processo penale. C’è poco da dire che poi ci sarà un giudice. E’ vero che il giudice c’è, ma questi arriverà quando il profilo reputazionale, professionale e personale dell’indagato sarà ormai completamente compromesso. Il giudice a Berlino arriva quando ormai le vite sono distrutte. Non considerare la centralità delle indagini significa raccontare una modalità di concreto esercizio del processo penale in modo diverso rispetto alla realtà”. Con queste parole il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Fabio Pinelli, è intervenuto ieri al plenum del Consiglio, criticando i contenuti della nuova circolare sull’organizzazione delle procure predisposta dai membri togati. Il provvedimento alla fine è stato approvato dal Csm a maggioranza, con sei voti contrari (i laici indicati dal centrodestra) e un astenuto (il laico Michele Papa, indicato dal M5s). Pinelli non ha partecipato al voto, dopo aver sottolineato come la circolare si concentri quasi unicamente sul rapporto tra procuratore capo e sostituti, dimenticandosi appunto della rilevanza assunta ormai dalle indagini.

 

Come già spiegato su queste pagine nei giorni scorsi, la circolare messa a punto dai togati presenta una serie di disposizioni volte a ridurre nei fatti i poteri dei dirigenti delle procure. Il testo, per esempio, stabilisce che “il procuratore della Repubblica definisce in via generale i princìpi e i criteri per lo svolgimento delle attività dell’ufficio”, ma anche che questo potere “deve essere esercitato a valle di uno specifico momento partecipativo”, rappresentato dalle riunioni con i magistrati, “tenendo conto delle indicazioni emerse in tali sedi”. 

 

“La circolare si caratterizza per una sorta di prospettiva di riunione permanente degli uffici di procura, che a mio avviso non è in linea con le necessità di efficienza e di snellezza delle procedure decisionali proprie della modernità”, ha ammonito Pinelli, che ha rintracciato nella circolare “un intento limitativo dei poteri dei procuratori, che sono visti con sfiducia e diffidenza anziché come valore aggiunto”. Per il vicepresidente del Csm, il testo finisce per non tenere in adeguata considerazione “la prospettiva della valorizzazione della maturazione delle competenze e delle capacità professionalità dei procuratori”. Un tema di non poco conto in un ambito in cui i magistrati “dispongono del potere straordinario di incidere sulla libertà dei cittadini”: “Non basta la vittoria del concorso pubblico per valutare autonomamente un quadro probatorio. Bisogna fare molta esperienza, è troppo grande il potere che si ha nelle proprie mani”, ha evidenziato Pinelli, riferendosi anche alla sua lunga carriera da avvocato penalista. 

 

Forti “preoccupazioni” sul contenuto della circolare sono state espresse anche da Felice Giuffrè, professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all’Università di Catania, eletto membro laico in quota FdI. Per Giuffrè, infatti, il testo si basa su una prospettiva di “orizzontalità dell’organizzazione degli uffici requirenti” che “non risponde al modello costituzionale”. Anche il consigliere Papa ha rintracciato alla base della circolare “l’adesione a un quadro ideologico di riferimento che finisce per disegnare un mondo che si vorrebbe che fosse così, attraverso regole macchinose che comportano la cogestione dell’ufficio della procura”.

 

“La circolare rischia di depotenziare concretamente il ruolo dei procuratori”, ha affermato anche la laica Claudia Eccher, sottolineando “il rischio di una deresponsabilizzazione dei dirigenti, perché questo spazio partecipativo allargato rischia di degradare il ruolo del capo della procura a mero coordinatore delle istanze dei colleghi”. Inoltre Eccher, come Pinelli, ha richiamato l’attenzione sulla “possibile esondazione della circolare rispetto a quanto previsto dalla riforma Cartabia”. 

 

Le critiche dei membri laici non hanno però scalfito la volontà dei togati, che si pone in continuità con una tendenza culturale presente nella magistratura (e abbracciata dal Csm) che da decenni punta a cancellare ogni forma di gerarchia nelle procure, trasformandole in una sorta di assemblee di autogestione. Come se una procura fosse un liceo occupato. 
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]