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il commento

Quanto è pericolosa una magistratura che non accetta critiche

Giacinto della Cananea

La reazione dell'Associazione nazionale magistrati all'articolo del Foglio solleva diversi interrogativi che toccano i principi alla base delle costituzioni delle democrazie liberali, come la nostra. Alcune riflessioni

La reazione della giunta distrettuale torinese dell’Associazione nazionale magistrati all’articolo di Ermes Antonucci sul Foglio del 6 luglio, in cui si segnalavano i risultati negativi conseguiti da un pubblico ministero, merita qualche riflessione nella prospettiva del costituzionalismo liberale. La reazione si è manifestata nella “condanna” dell’articolo per i toni e le espressioni che “di certo, superano il diritto di critica giudiziaria” e per aver erroneamente considerato i risultati da conseguire. Nessuno di questi rimproveri, però, regge a un’accurata disamina. Il rimprovero relativo ai risultati è confutato dalla storia e dall’assetto istituzionale. In sede storica, nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino adottata a Parigi il 26 agosto 1789 l’enunciazione di vari diritti dell’individuo era completata, rafforzata da un principio istituzionale: “la società ha il diritto di chiedere conto della sua amministrazione a ogni pubblico funzionario”. Quel principio è alla base delle costituzioni delle democrazie liberali, come la nostra.
 

Non dovrebbe, quindi, la libera stampa fornire dati e valutazioni alla società tutta, se i poteri del pubblico ministero sono esercitati con modalità invasive delle libertà personali, non avallate dalle corti? Non dovrebbe la società, attraverso le sue istituzioni, chiedere conto della sua azione (e inazione) a quel pubblico ministero? Non dovrebbero quelle istituzioni garantire che anche la magistratura agisca nel perimetro stabilito dalla Costituzione? In breve, la magistratura dev’essere non soltanto indipendente, ma anche accountable.
 

La reazione della giunta distrettuale dell’Anm è discutibile anche per quanto riguarda il diritto di criticare i provvedimenti giurisdizionali. Come ha affermato la Dichiarazione del 1789, “la libera manifestazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo”. La Costituzione e la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue ribadiscono questo diritto, lo circondano di garanzie. Lo ha ribadito l’avvocato generale presso la Corte di giustizia nella controversia riguardante l’entità del risarcimento imposto da un giudice spagnolo al quotidiano francese Le Monde e a uno dei suoi giornalisti. Per ottenere l’esecuzione alla sentenza di condanna, il giudice spagnolo si è rivolto al collega francese, ma quest’ultimo ha ritenuto eccessiva l’entità del risarcimento, per l’effetto dissuasivo rispetto agli organi di stampa.
 

La questione è stata sottoposta alla Corte di giustizia, in via pregiudiziale, e l’avvocato generale ha ritenuto legittimo il rifiuto di dare esecuzione alla sentenza del giudice spagnolo per la sua incidenza negativa sulla libertà di espressione. In attesa che la Corte di giustizia si pronunci, è stata pubblicata la nuova direttiva dell’UE sulla protezione delle persone attive nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi. Essa serve soprattutto a proteggere i giornalisti e gli organi di stampa dalle azioni legali di tipo strumentale, ma dovrebbe indurre a valutare con maggiore cautela le presunte violazioni del diritto di critica giudiziaria. Poiché fortunatamente la magistratura italiana esprime una varietà di posizioni, è auspicabile che prevalgano quelle più consapevoli del valore della libera stampa in una democrazia.