Il giudizio

Cassese boccia i domiciliari per Toti: “Irragionevoli sul piano costituzionale”

Ermes Antonucci

L'ex giudice costituzionale ha formulato un parere negativo sul mantenimento della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del governatore ligure: "Non risponde al criterio della ragionevolezza e proporzionalità". Il ricorso al Riesame

La misura cautelare degli arresti domiciliari adottata lo scorso 7 maggio nei confronti del governatore della Liguria, Giovanni Toti, “non risponde al criterio della ragionevolezza e proporzionalità desunto dal giudice costituzionale dall’articolo 3 della Costituzione” e “appare per questo motivo irragionevole”. Ad affermarlo è Sabino Cassese, già giudice della Corte costituzionale, in un parere richiesto  e poi depositato dalla difesa di Toti, rappresentata dall’avvocato Stefano Savi, al tribunale del Riesame, insieme alla richiesta di revoca dei domiciliari nei confronti del governatore.

 

Secondo Cassese, la decisione con cui lo scorso 14 giugno la gip di Genova Paola Faggioni ha confermato i domiciliari per Toti “è stata raggiunta considerando soltanto il rapporto tra gravità dei fatti e esigenze di cautela, aspetti interni alla procedura, senza considerare altri aspetti”. Ci sono infatti altri elementi dei quali la misura cautelare dovrebbe tener conto. A stabilire questo principio, ricorda Cassese, è stata la Corte costituzionale con la sentenza n. 230 del 2021, in cui si evidenzia la necessità di bilanciare gli interessi in gioco, in particolare quello al buon andamento dell’azione amministrativa (articolo 97 della Costituzione), quelli dell’eletto al mantenimento della carica e degli elettori alla continuazione della funzione da parte del cittadino da essi democraticamente scelto (articoli 48 e 51), nonché il principio di non colpevolezza sino alla condanna definitiva (articolo 27). 

 

Nel parere Cassese sottolinea come gli arresti domiciliari nei confronti di Toti abbiano un impatto rilevante in primo luogo proprio sul buon andamento dell’amministrazione: “La varietà dei compiti, attinenti alle funzioni legislativa e amministrativa, oltre che ai rapporti con altri soggetti, nazionali e transnazionali, richiede una continuità delle varie attività del presidente (della giunta regionale, ndr), attività che implicano la presenza, e alle quali il vicario può supplire solo temporaneamente, ciò che vuol dire per una durata limitata di tempo (ipotesi che non si verifica nel caso di specie, in quanto la contestata misura cautelare è stata eseguita il 7 maggio 2024, e quindi da essa sono già trascorsi quasi due mesi)”. Dall’analisi delle norme discende dunque che “un impedimento non temporaneo impedisce lo svolgimento di funzioni pubbliche di cui il presidente della giunta è investito, produce effetti sul funzionamento di un ente pubblico rappresentativo come la regione, bloccandone l’attività, produce effetti su numerosi altri soggetti”, nota Cassese. 

 

L’ex giudice della Corte costituzionale richiama anche la sentenza n. 183 del 1981 della Consulta, che ha interpretato in maniera estensiva l’articolo 48, comma 3 della Costituzione, sottolineando, da un lato, “l’esigenza che gli eletti non siano privati dell’ufficio, sinché non intervenga una definitiva condanna implicante la loro interdizione”, dall’altro che “l’interesse alla conservazione dei collegi eletti dal popolo non può essere sacrificato, se non in considerazione di effettive necessità di giustizia”. 

 

Per queste ragioni, Cassese suggerisce al Riesame di prendere in considerazione ulteriori elementi rispetto alla mera gravità del reato, come “il buon andamento della pubblica amministrazione, che richiede di assicurare la continuità dell’azione amministrativa; l’investitura popolare, che impone di considerare il rispetto delle scelte compiute dall’elettorato; lo ‘ius in officio’ di terzi che hanno una situazione giuridica attiva a mantenere l’ufficio”.

 

Qualora ciò non avvenisse, conclude Cassese, la difesa di Toti dovrebbe valutare l’opportunità di promuovere “un giudizio di costituzionalità in via principale o in via incidentale”. In altre parole, portare il caso direttamente all’attenzione della Corte costituzionale. 
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]