l'asse inedito
Penalisti e magistrati uniti contro l'emergenza carceraria: "Servono interventi immediati"
Le Camere penali manifestano a Roma per sensibilizzare governo e opinione pubblica sui suicidi in carcere e sovraffollamento. "Il decreto Nordio non introduce nessuna soluzione immediata", dice Petrelli, presidente dei penalisti. D'accordo Santalucia, presidente dell'Anm: "Il decreto non dice nulla"
“Il governo adotti interventi immediati contro l’emergenza carceraria”. A chiederlo sono gli avvocati penalisti e i magistrati, per una volta, insieme nel cercare di sensibilizzare il governo e l’opinione pubblica sul dramma dei suicidi in carcere e del sovraffollamento. Ieri a Roma in Piazza dei Santi Apostoli si è svolta la manifestazione nazionale dell’Unione camere penali italiane (Ucpi) sull’emergenza carceri. A prendere parola sul palco, insieme a tanti penalisti e ad alcuni esponenti politici (Giachetti, Rossomando, Magi, Verini, Borghi, Cucchi), anche il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, che ha criticato il decreto legge sulle carceri recentemente varato dal governo: “E’ un decreto che non dice nulla e che contraddice se stesso. Se si interviene con un decreto perché vi è di straordinaria necessità e urgenza ci si attende di trovare qualche intervento che possa decongestionare il carcere nell’immediato, invece non ci sono interventi efficaci nel brevissimo periodo”, ha detto Santalucia. “Capisco le esigenze securitarie ma a chi le porta avanti dico che non c’è migliore tutela della sicurezza se non un carcere restituito alla possibilità di funzionare per quella che è la sua missione costituzionale, cioè quella di risocializzazione e di rieducazione”, ha aggiunto.
Molto scettico sugli effetti del decreto anche il presidente delle Camere penali, Francesco Petrelli, che al Foglio spiega: “A fronte di una situazione delle carceri drammatica che, come invocato dall’Europa, ma anche dal Papa e dal presidente della Repubblica Mattarella, dovrebbe esigere interventi immediati e urgenti, che possano restituire dignità alla condizione carceraria, il decreto non introduce nessuna misura immediata, mentre l’incendio divampa”. “Due fenomeni sono diventati davvero drammatici negli ultimi tempi, quello del sovraffollamento e quello del numero dei suicidio – prosegue Petrelli – A fronte di una teorica disponibilità di circa 47 mila unità, il sovraffollamento ha raggiunto la cifra di oltre 61 mila detenuti, soglia che nel 2013 portò la Corte europea dei diritti dell’uomo a condannare l’Italia per il trattamento inumano e degradante dei propri detenuti”.
“Poche settimane fa, il Comitato dei ministri del Consiglio europeo ha intimato all’Italia di prendere provvedimenti urgenti per risolvere questa situazione, che è resa davvero tragica da un numero di suicidi che è di venti volte superiore alla media che riguarda la società dei liberi”, aggiunge il presidente dei penalisti. “Si è raggiunta la soglia dei 54 suicidi da inizio anno. Se dovessimo proiettare questa media nell’intero 2024 ci troveremmo di fronte a un netto superamento dei cento suicidi in un solo anno, che è una soglia che non è mai stata raggiunta nel nostro paese”. Insomma, siamo di fronte a “una strage, in termini di perdita di vite umane e di diritti”, afferma Petrelli, ricordando che il 25-30 per cento dei detenuti sono ancora in attesa di giudizio, “soggetti sui quali dovrebbe valere la garanzia della presunzione di innocenza e che invece sono costretti a vivere in istituti di pena che non sono degni di questo nome e che non dovrebbero esistere in un paese che pensa di appartenere al contesto dei paesi civili”.
Come intervenire, dunque, per ridurre il sovraffollamento subito? “Il rimedio immediato, ma impronunciabile, è quello dell’amnistia e dell’indulto. Un’alternativa è rappresentata dalla proposta Giachetti, all'attenzione del Parlamento, che risolve in maniera molto semplice il problema, aumentando il numero dei giorni di liberazione anticipata di cui fruisce il condannato che ha avuto un comportamento positivo nel corso della detenzione. Quindi i condannati che hanno fine pena prossimo o stanno scontando pene brevi potrebbero essere rimessi in libertà, senza alcuna prospettiva di allarme sociale”. “Peraltro questa misura, lungi dall’essere una resa dello stato, come ha detto qualcuno (Nordio, ndr), rappresenterebbe il minimo sindacale del risarcimento che lo stato dovrebbe riconoscere ai condannati che sono stati costretti a espiare la pena in carcere in condizioni disumane e degradanti”, conclude Petrelli.