Guardia carceraria nell'istituto penitenziario San Vittore, Milano, marzo 2023 (Andrea Fasani / Ansa) 

l'intervento

È l'ignavia del governo ad alimentare l'emergenza nelle carceri

Se l’esecutivo non vuole nemmeno discutere del sovraffollamento, non ci resta che far valere l’articolo 40 del codice penale. Ci scrive il deputato Roberto Giachetti

Se continuiamo a far finta di non capire che stiamo parlando dei rimedi a una emergenza, e non delle scelte strategiche per migliorare il sistema carcerario, il risultato non potrà che continuare a essere quello di un dibattito inconcludente e pieno di falsità. 

 
L’emergenza è quella del sovraffollamento carcerario con punte in alcuni istituti che raggiungono il 250 per cento, con una presenza attuale di oltre 61.000 detenuti a fronte di una capienza effettiva di circa 47.000 posti. Questa emergenza vede nei 57 suicidi di detenuti nei primi sei mesi dell’anno, ai quali vanno aggiunti i sei agenti di polizia penitenziaria, la punta dell’iceberg del dramma che si consuma nelle nostre carceri ma in realtà il dramma è molto più complesso. Basti pensare che nello stesso periodo ci sono stati più di 800 tentativi di suicidio sventati solo grazie all’impegno della polizia penitenziaria, nonché migliaia di atti di autolesionismo.

 

Ma c’è anche un altro elemento fondamentale da mettere in rilievo e cioè che il sovraffollamento, accompagnato dalla grave carenza di organico del personale di polizia penitenziaria, impedisce o limita spesso e volentieri il pieno esercizio di alcuni preziosi diritti dei detenuti. Si pensi all’ora d’aria (cioè al tempo da trascorrere fuori dalle celle), alle attività, al lavoro nei laboratori. Il sovraffollamento in buona sostanza pone lo stato fuori legge perché viola apertamente l’articolo 27 della Costituzione (“le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”). Parlare di situazione di illegalità non è un’esagerazione. E’ tecnicamente così e a sancirlo sono gli stessi magistrati di sorveglianza ogni qual volta accolgono un ricorso di un detenuto e lo risarciscono, anche attraverso uno sconto di pena. Il presupposto di questo risarcimento è che la detenzione sia avvenuta in condizioni inumane e degradanti e quindi in aperta violazione della Costituzione. Le identiche motivazioni con le quali la Cedu dieci anni fa condannò l’Italia con la famosa sentenza Torreggiani. Quella sentenza chiedeva all’Italia due cose precise: intanto la riduzione immediata delle presenze (tant’è che fu fatta la legge sulla liberazione anticipata speciale) ma poi, e soprattutto, che fossero rimosse le cause che rendevano la detenzione inumana e degradante. E’ proprio su questo punto che da allora sostanzialmente nulla è stato fatto (per essere chiari da tutti i governi che si sono succeduti) tant’è che alla fine del 2024 se non si interviene urgentemente saremo più o meno ai livelli di sovraffollamento che ci procurarono la condanna Cedu.  

   
Perché ho fatto questa premessa? Perché il cancro da affrontare è quello del sovraffollamento. E’ da quello che poi derivano tutti i problemi di cui si parla. In presenza di numeri così alti è letteralmente impossibile garantire che sia attuata quella volontà del costituente per la quale il carcere non ha solo un valore punitivo ma anche rieducativo. Certo, sappiamo tutti che se gli istituti penitenziari fossero alleggeriti dei detenuti che in carcere non ci dovrebbero stare la situazione di emergenza d’un tratto non esisterebbe più. Se pensiamo che un terzo dei detenuti è in attesa di giudizio (e la nostra Costituzione dice che in galera ci si dovrebbe andare solo dopo sentenza definitiva salvo eccezioni motivate e che in realtà ormai l’eccezione è divenuta la regola), che i detenuti legati alle tossicodipendenze dovrebbero trovare trattamento nelle comunità e non in galera e ancor di più la questione vale per quel che riguarda i detenuti con problemi psichici, certo che allora tutto sarebbe diverso. Ma non è così. E allora che fare? Restiamo ad assistere indifferenti all’autentica strage di vite umane che si realizza tra le sbarre dei nostri istituti penitenziari o mettiamo in campo delle norme che affrontino l’emergenza e dunque il sovraffollamento? Servono azioni immediate tenuto anche conto che i mesi di luglio, agosto e settembre sono micidiali con il caldo torrido che avanza.


La proposta di legge scritta insieme a Rita Bernardini e all’Associazione Nessuno Tocchi Caino è l’unica proposta in campo che va in questa direzione, l’unica che consente di alleggerire subito i numeri nelle carceri. Mente chi afferma che è uno svuotacarceri o peggio un’amnistia mascherata perché noi agiamo su una legge già esistente. La legge per la liberazione anticipata è  in vigore dal 1975. Originariamente prevedeva una detrazione di pena di 20 giorni ogni sei mesi di detenzione per tutti quei detenuti che avevano mantenuto una buona condotta nel rispetto dei regolamenti del carcere e che avevano seguito il percorso trattamentale. Nel 1986, con la legge Gozzini (una delle riforme più importanti e riuscite del sistema carcerario) i 20 giorni furono portati a 45. La nostra proposta si limita semplicemente, a quasi quarant’anni dalla Gozzini, ad aumentare i giorni di premialità da 45 a 60. Quindi non ci inventiamo nulla di nuovo, ma semplicemente agiamo su una legge già esistente e secondo lo spirito che la animò per ottenere un allentamento del sovraffollamento. Chi è contrario a questa norma o è in malafede o è incoerente, perché allora invece di contrastare la nostra iniziativa dovrebbero abrogare la legge che è in vigore e che già consente una premialità di 45 giorni ogni sei mesi. Vorrei chiedere al ministro Nordio: davvero la resa dello stato si realizzerebbe nel concedere 30 giorni in più all’anno di sconto pena? O non è invece vero che la resa dello stato si realizza assistendo inermi allo stillicidio di suicidi (praticamente uno ogni due giorni) che ci sta accompagnando dall’inizio dell’anno? Davvero il ministro e il governo possono pensare di cavarsela con un decreto legge (quello in discussione al Senato) che contiene misure che, a prescindere dalla valutazione sulla loro bontà, non hanno alcuna incidenza sull’emergenza sovraffollamento, tanto da non citarlo neanche nel testo in discussione? Ma è mai possibile che per pure logiche, tristemente muscolari, all’interno della maggioranza non si ascoltino le voci che arrivano praticamente da tutti i protagonisti della vita pubblica che in qualche modo interagiscono con il sistema carcerario? 

 
Dalle audizioni in commissione al dibattito pubblico e mediatico praticamente tutti dicono che, lungi dall’essere la soluzione strutturale ai mali del sistema carcerario, la nostra proposta è l’unica che ha il merito di affrontare l’emergenza per almeno ridurla. Lo dicono i sindacati della polizia penitenziaria, lo dicono molti magistrati di sorveglianza, lo dice il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, lo dicono i garanti dei detenuti di tutta Italia, lo dicono le associazioni di volontariato che si dedicano al carcere, lo dicono le Camere penali, lo dicono gli educatori, gli psicologi. E allora perché questa opposizione ideologica a una proposta da tutti giudicata di buon senso? Ma vorrei dire di più: non volete aderire alla nostra proposta? Benissimo allora intanto bocciatela. Non scappate, non fate slittare come state facendo il voto di settimana in settimana. Assumetevi la responsabilità di bocciarla. Poi però avete il dovere di mettere in campo voi una proposta che abbia la stessa capacità di incidere sull’emergenza e dovete farlo subito perché la situazione drammatica nelle carceri non consente più a nessuno di cincischiare. 

 
Insieme a Rita Bernardini abbiamo fatto decine di giorni di iniziative non violente, come nella tradizione radicale, con assoluto spirito di dialogo nei confronti del governo e della maggioranza, ci siamo messi a disposizione per qualsiasi tipo di mediazione purché fosse volta a migliorare il testo e soprattutto a garantire che andasse in porto. Abbiamo acconsentito alle continue richieste di rinvio per dare il tempo alla maggioranza di trovare una linea unitaria. Sembra non essere servito a nulla, sembra che (a eccezione di Forza Italia  – va dato atto –  e mi auguro che ancora in queste ore sia loro possibile assicurare un cambiamento di linea da parte dell’esecutivo) al governo non interessi proprio affrontare e almeno arginare l’emergenza. 

 
Spero di sbagliarmi. Però io sul voto non mi arrendo: non consentirò alla maggioranza di scappare dalle loro responsabilità. Io voglio che ci sia un voto del Parlamento anche perché, fallita la battaglia politica, penso sia doveroso spostarsi sul piano giudiziario. C’è un articolo del nostro Codice penale che dice che “non impedire un evento che si ha l’obbligo di impedire è uguale a cagionarlo”. Se questo vale per il singolo ritengo che valga ancor di più per lo stato, nelle cui uniche mani sono consegnati coloro che vengono ristretti. Il ministro conosce benissimo la situazione, sa bene che il sovraffollamento è causa della gran parte dei suicidi, sa perfettamente che lo stato che non interviene con norme immediate per ridurre il sovraffollamento è tecnicamente fuori legge. E allora, a mio avviso, l’art. 40 del Codice penale non può che diventare il passo successivo.

 
Roberto Giachetti, deputato di Italia viva

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