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Da Melillo a De Lucia: i procuratori capi irritati per la nuova circolare del Csm
Circola un profondo malumore tra i capi di alcune delle più importanti procure del paese, dopo l’approvazione da parte del Consiglio superiore della magistratura della nuova circolare sull’organizzazione degli uffici requirenti, che riduce i poteri dei dirigenti. Il documento riservato inviato al Csm dalla procura nazionale antimafia
Dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, al procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, che ha coordinato l’arresto di Matteo Messina Denaro. Circola un celato ma profondo malumore tra i capi di alcune delle più importanti procure del paese, dopo l’approvazione – due settimane fa – da parte del Consiglio superiore della magistratura della nuova circolare sull’organizzazione degli uffici requirenti. La circolare, come già spiegato su queste pagine, riduce i poteri dei dirigenti delle procure, stabilendo per esempio che questi debbano definire i criteri organizzativi dell’ufficio soltanto dopo aver consultato tutti i magistrati che compongono l’ufficio stesso, tenendo necessariamente conto delle loro indicazioni. Viene limitato anche il potere di revoca dell’assegnazione dei procedimenti. La circolare, insomma, prevede una burocratizzazione delle procedure organizzative delle procure che non piace a tanti dirigenti, soprattutto per l’effetto negativo che potrebbe determinare sull’efficienza degli uffici stessi.
Melillo e De Lucia hanno espresso le loro perplessità sui contenuti della circolare in occasione di un seminario online tenutosi lo scorso 10 giugno, organizzato dalla corrente Magistratura democratica. “Parliamo di una circolare di 86 articoli a fronte di una precedente circolare che era di 43 articoli. Quando si norma troppo il rischio di normare male c’è”, ha detto De Lucia, secondo cui il testo poi approvato dal Csm contiene “tante problematiche”. Tra queste, il procuratore di Palermo ha citato “i tempi di approvazione del progetto organizzativo, nell’ipotesi di contrasti che dovessero verificarsi nell’ufficio, che arriverebbero a un anno”. Inoltre, ha sottolineato, “la circolare esclude la possibilità di trasferire, con il consenso del sostituto, il procedimento a un altro sostituto, che magari ha il precedente. Questo creerebbe grossissimi problemi alla vita ordinaria di tutti gli uffici”. Nel corso dell’incontro, il procuratore Melillo ha invece criticato la “visione neocorporativa che risolve tutti i problemi nel riconoscimento dell’unanimità delle valutazioni del corpo magistratuale”, ricordando ad esempio come il procuratore nazionale antimafia possa applicare un sostituto in altra sede, indipendentemente dal suo consenso, ed evidenziando quindi l’importanza di promuovere una “visione di un pubblico ministero chiamato a confrontarsi con fenomeni criminali di straordinaria complessità”.
In verità, il procuratore Melillo aveva espresso le sue perplessità già in un documento inviato in via riservata ad aprile alla Settima commissione del Csm, incaricata di elaborare la nuova circolare sulle procure, e che Il Foglio ha avuto modo di visionare. Nel documento Melillo, d’intesa con i procuratori distrettuali antimafia, pur sottolineando l’importanza della tutela dell’autonomia del singolo magistrato e della condivisione delle idee negli uffici, ammoniva: “Rigide catalogazioni dei presupposti di tali doveri (la condivisione delle informazioni investigative e processuali e la leale collaborazione, ndr) apparirebbero, oltre che in contrasto con la disciplina primaria, irrealistiche e foriere di disorientamento delle prassi”. “Del resto – proseguiva il documento – è ormai radicata la consapevolezza che eccessi di regolamentazione determinano una mera burocratizzazione dei processi di lavoro. Insomma, occorre evitare regole assolute e tassative tipizzazioni, foriere di controlli solo formali e burocratici”. Al termine del documento, Melillo offriva al Csm la disponibilità a fornire una riflessione più approfondita attraverso un’audizione, ma la Settima commissione del Csm ha deciso di non ascoltarlo.
Le preoccupazioni delineate da Melillo e De Lucia sono di fatto le medesime espresse dal vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, nell’intervento tenuto in plenum prima dell’approvazione della nuova circolare. “La circolare si caratterizza per una sorta di prospettiva di riunione permanente degli uffici di procura, che a mio avviso non è in linea con le necessità di efficienza e di snellezza delle procedure decisionali proprie della modernità”, ha affermato Pinelli, che ha rintracciato nella circolare “un intento limitativo dei poteri dei procuratori, che sono visti con sfiducia e diffidenza anziché come valore aggiunto”. Il provvedimento alla fine è stato approvato dal Csm a maggioranza, con sei voti contrari (i laici indicati dal centrodestra) e un astenuto, mentre Pinelli non ha partecipato al voto.
L'editoriale del direttore