metodi discutibili

“Grazie alle inchieste 14 mila assunti”. Così la procura di Milano si è trasformata in un'agenzia del lavoro

Ermes Antonucci

La procura milanese contesta direttamente alle aziende il presunto sfruttamento di lavoratori commesso dalle cooperative con le quali si sono stipulati appalti. Colpiti giganti come Dhl, Esselunga, Gs-Carrefour, Brt, Uber, che sotto il peso di sequestri preventivi milionari cedono ai pm

Assunzione per 14 mila dipendenti, aumento dello stipendio per altri 70 mila, ritorno per l’erario di circa 500 milioni di euro. Sono i risultati ottenuti negli ultimi mesi dalla procura di Milano attraverso le sue inchieste sul presunto sfruttamento di lavoratori e reati fiscali da parte di grandi gruppi del settore della logistica, della grande distribuzione e della sicurezza: Dhl, Esselunga, Gs-Carrefour, Gls, Brt, Uber, Fratelli Beretta, tanto per fare alcuni nomi. L’ultima società a finire nel mirino dei pm milanesi è Amazon Italia Transport, succursale italiana della multinazionale fondata da Jeff Bezos, che pochi giorni fa si è vista recapitare un decreto di sequestro preventivo di 120 milioni di euro.

 

L’accusa mossa dai magistrati, Paolo Storari e Valentina Mondovì, è la stessa rivolta alle altre aziende, tanto che ormai i provvedimenti di sequestro sembrano redatti con il copia e incolla: aver stipulato contratti di appalto per servizi di logistica con diversi consorzi e cooperative che, in realtà, agiscono come “meri serbatoi di manodopera”, sfruttano i lavoratori e omettono di versare correttamente l’Iva, oltre che i contributi previdenziali e assistenziali dovuti. La procura di Milano, in particolare il pm Storari, ha inaugurato un nuovo filone giurisprudenziale, che consiste nell’imputare direttamente alle aziende che stipulano i contratti di appalto gli eventuali illeciti commessi dalle cooperative alle quali si sono affidate, secondo una logica, se non di responsabilità oggettiva, quantomeno di “presunzione di consapevolezza” (e dunque colpevolezza).

 

La procura opera con l’accetta, adottando sequestri preventivi milionari e persino provvedimenti di controllo giudiziario sulle aziende, che, sotto il peso mediatico-giudiziario, vengono a patti con gli inquirenti ancor prima che le accuse siano dimostrate in sede processuale, impegnandosi ad assumere direttamente i lavoratori o ad aumentare le retribuzioni. I decreti di sequestro, come quello nei confronti di Amazon, ormai sono tutti uguali e assomigliano più a un manifesto di politica criminale.

 

La prima parte è infatti dedicata a esaminare il fenomeno dell’appalto di manodopera attraverso false cooperative, che dagli anni Cinquanta sarebbe sopravvissuto fino a oggi. Segue l’elenco di tutte le aziende coinvolte dalle indagini della procura, in cui il fenomeno dello sfruttamento sarebbe stato “ampiamente riscontrato”, con tanto di schemino con nomi delle aziende e relative somme versate all’erario“Inoltre le società di cui sopra hanno proceduto a internalizzare i dipendenti, prima ‘in balìa’ delle cooperative”, si legge nel decreto di sequestro Amazon, in una sorta di autocelebrazione dei risultati raggiunti attraverso le inchieste.

 

Insomma, più che una procura, quella di Milano sembra ormai un’agenzia del lavoro. A condurre tutte le indagini è il pm Storari, colui che nella primavera del 2020 consegnò verbali coperti da segreto a Piercamillo Davigo (nonostante ciò, Storari è poi stato assolto dall’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio perché per i giudici è stato “indotto” all’errore proprio da Davigo). Una nuova crociata per la procura milanese, dopo quella, fallita miseramente, contro la corruzione internazionale. Il ricordo del disastro del processo Eni-Nigeria è ancora vivido.

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]