Gli errori di Travaglio. Tutti i danni provocati dalla retorica repressiva alle carceri italiane
Il numero di reati (soprattutto quelli gravi) nel nostro paese diminuisce da anni, quello dei carcerati è in esponenziale aumento (e con esso i suicidi in cella). Svegliarsi
La quantificazione degli spazi minimi esistenziali all’interno dei quali un essere umano può riconoscersi come tale costituisce uno di quei profili valutativi altamente soggettivi sui quali (al di là dei dati normativi, giurisprudenziali, convenzionali, ragionieristici ed altro…), ogni parere è ammesso. La questione tuttavia è interessante perché chi ne discute svela la sua Weltanschauung di riferimento. Nelle navi negriere utilizzate nel commercio di schiavi nei secoli XVII e XVIII i corpi degli schiavi venivano ammassati l’uno sull’altro perché comunque le perdite calcolate, con cibo e acqua calibrati al minimo della sussistenza, si aggiravano intorno al 12 per cento, assicuravano un notevole profitto. Se l’uomo è considerato “merce di scambio” ogni valutazione è possibile e tutto torna. Tutto dipende dall’idea che si ha dunque del valore delle vite umane e della dignità dell’uomo che, come è noto e come rivelano alcune esternazioni, prevede anche lo zero come base di partenza del possibile rating. Basti tornare indietro di qualche secolo. Se il dibattito sul sovraffollamento carcerario (da Turati in poi…) si ripete, si vede che chi si dovrebbe occupare del problema, non se ne occupa, in questa intensa e solerte attività omissiva evidentemente supportato da chi non ritiene affatto che si tratti di un problema. E da chi pensa, come ha scritto ieri Marco Travaglio sul Fatto quotidiano, che la questione dovrebbe essere posta al contrario, considerando che i detenuti non sono affatto troppi in quanto, al contrario, “rispetto il numero di reati e di delinquenti – i detenuti (in Italia) sono troppo pochi”.
Se tuttavia si volesse operare una analisi del problema che tenga conto delle linee di tendenza dei fenomeni, si dovrebbe dire che in verità i reati nel nostro paese diminuiscono progressivamente da molti anni e questo fenomeno riguarda in particolare i reati più gravi. Ma il numero dei carcerati aumenta esponenzialmente. Un carcere inutilmente inumano che degrada l’individuo e ne umilia la dignità (si rilegga la lettera inviata dal carcere di Canton Mombello, citata dal presidente Mattarella, per averne un idea in concreto), non concorre affatto alla sicurezza dei cittadini, perché non rende certo migliori gli uomini che si sono sottratti alle regole della convivenza civile e non riduce affatto il rischio della recidiva. Pensare ancora a un primitivo uso del carcere duro come medicina evoca improbabili scenari retributivi che non appartengono certo alla modernità occidentale ed ai nostri riferimenti giuridici convenzionali e costituzionali.
Quanto alla sana retorica repressiva cito solo un dato sul quale riflettere: dall’inizio dell’anno si sono tolta la vita nelle nostre carceri 10 giovani con meno di 25 anni. Senza contare gli altri 50 che certamente se la sono cercata, in quanto fragili, emarginati e con problemi psichiatrici, e meritano tutta la nostra indifferenza. Sentire evocare in queste drammatiche condizioni il proficuo recupero di “un po’ di efficienza repressiva” ci fa chiedere quali siano i luoghi mentali di chi auspica tali scenari. Certo, la tanto aborrita “indecente liberazione anticipata” funziona un poco da “carota e bastone” con chi si induce ad accettare le regole e vede tale adesione premiata da una riduzione della pena, ma la sostituzione di tale dispositivo premiale (che esiste in tutta Europa), con il solo “bastone” è evidentemente il sogno di chi scrive. Da quali dati empirici, razionali o comunque esperienziali provenga l’idea che quella auspicata “efficienza repressiva” accompagnata da una non meglio definita “certezza della pena” risolverebbe almeno “un 5 per cento delle centinaia di migliaia di delitti impuniti”, resta un mistero, visto che tutte le politiche criminali di quel tipo hanno notoriamente fallito e chi si era retoricamente riempito la bocca di simili autoritarie flatulenze ha dovuto fare un rapido retro-front. Auguri a chi pensa di percorrere ottusamente ancora queste strade, che oltre che essere contro la nostra Costituzione sono anche contro il buon senso.
Francesco Petrelli
presidente Camere penali
L'editoriale del direttore