il retroscena

L'ultima minaccia dei pm a Toti: altri 12 mesi di arresti domiciliari

Ermes Antonucci

Dietro le dimissioni del governatore l'intenzione della procura di Genova di chiedere il giudizio immediato, che consentirebbe di rinnovare la custodia cautelare fino a un altro anno. L’ultima trappola ideata dai pm per tenere Toti in arresto per un tempo indefinito

Che il caso Toti stesse per conoscere una svolta si è capito giovedì pomeriggio, quando le agenzie e i quotidiani che fin dall’inizio hanno sostenuto l’azione della magistratura genovese hanno diffuso la notizia che i pm avevano sentito gli ultimi testimoni e l’inchiesta era alle battute finali. In altre parole, stava diventando sempre più chiara l’intenzione della procura di Genova di chiedere nei confronti del governatore il giudizio immediato custodiale, un rito speciale che consente di saltare l’udienza preliminare, portare direttamente l’imputato arrestato a processo e far sì che i termini di scadenza delle misure cautelari vengano azzerati. Con la possibilità, in questo caso, di rinnovare gli arresti domiciliari contro Toti potenzialmente per un termine di altri dodici mesi (altro che 80 giorni). Uno scenario difficile da credere? Non proprio, se si riguarda con attenzione alle forzature operate dai magistrati genovesi dall’inizio della vicenda giudiziaria pur di confinare Toti nella sua casa di Ameglia, con le accuse di corruzione e finanziamento illecito ai partiti. 

 

La prima ordinanza di custodia cautelare viene eseguita dalla giudice delle indagini preliminari, Paola Faggioni, il 7 maggio, a distanza di quattro mesi dalla richiesta, in piena campagna elettorale per le europee. Secondo l’accusa, Toti sarebbe stato corrotto dall’imprenditore Aldo Spinelli, ricevendo finanziamenti per il suo comitato elettorale in cambio di favori. Il governatore finisce ai domiciliari per il pericolo di inquinamento probatorio (l’indagine è durata quattro anni, ma per i pm ora i testimoni potrebbero essere condizionati) e di reiterazione del reato in vista delle imminenti elezioni europee, anche se non esiste alcun indizio né intercettazione che possa far pensare ciò.

 

Passano le elezioni e i legali di Toti chiedono la revoca dei domiciliari, che viene però negata dal gip Faggioni: Toti, sostiene, potrebbe infatti reiterare le condotte contestategli in vista delle elezioni regionali del 2025. Sembra una barzelletta, ma non lo è. Il giudice, anzi, precisa qual è il vero tema di fondo: “Il predetto (Toti, ndr) continua tuttora a rivestire le medesime funzioni e le cariche pubblicistiche, con conseguente possibilità che le stesse vengano nuovamente messe al servizio di interessi privati in cambio di finanziamento”. Insomma, il ricoprire la carica di governatore implicherebbe di per sé il rischio di commettere il reato di corruzione, per questo Toti deve restare agli arresti. Logica conseguenza: Toti non può tornare in libertà fino a quando non si dimetterà da governatore. Una sorta di ricatto, con messa in mora della democrazia.

 

Questa lettura viene confermata dal Riesame e ribadita in una seconda misura di arresti domiciliari (stavolta per finanziamento illecito ai partiti) che viene fatta recapitare a Toti la mattina del 18 luglio, poche ore prima che le opposizioni scendano in piazza a Genova per chiedere le dimissioni del governatore. 

 

Con l’avvisaglia della richiesta di giudizio immediato, e il rischio per Toti di affrontare potenzialmente il processo ai domiciliari per un altro anno, si completa l’opera barbarica compiuta dalla magistratura. 

 

Da qui la decisione di Toti di dimettersi. Questo consentirà al suo legale, l’avvocato Stefano Savi, di chiedere lunedì la revoca degli arresti domiciliari, che a questo punto dovrebbe essere accolta, visto che Toti non riveste più l’incarico di presidente di regione. Toti tornerebbe in libertà. Ma non per sfuggire al giudizio immediato. “Per noi non sarebbe un problema, anzi ci eviterebbe di restare appesi a un processo per anni”, dice al Foglio Savi. Ciò che si cerca di fare è soltanto evitare di cadere nell’ennesima trappola ideata dai pm per tenere Toti in arresto per un tempo indefinito. 
     

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]