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Il legale della famiglia Cecchettin contro la gogna ai danni del padre di Turetta: “Intercettazioni irrilevanti”

Ermes Antonucci

"Le intercettazioni del dialogo in carcere fra Filippo Turetta e i suoi genitori non hanno alcuna rilevanza processuale. Non aveva alcun senso anche divulgarle sui giornali", dice al Foglio l'avvocato Stefano Tigani, legale della famiglia della ragazza uccisa. Le colpe della procura

“Da cittadino, ancor prima che da penalista, sono molto perplesso sulla diffusione delle intercettazioni del dialogo in carcere fra Filippo Turetta e i suoi genitori. Che rilevanza possono avere nel processo? Nessuna. Penso anche che non avesse alcun senso divulgarle sui giornali. Già è una vicenda dolorosa. Così non si fa altro che aggiungere inutilmente dolore a dolore”. Lo dichiara, intervistato dal Foglio, l’avvocato Stefano Tigani, legale della famiglia Cecchettin, parte civile nel processo (che inizierà il 23 settembre) nei confronti di Filippo Turetta, il giovane reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin. “Che senso ha intercettare il padre che parla al figlio al primo colloquio in carcere dopo l’omicidio?”, si chiede Tigani. “Non me la sento neanche di giudicare le parole del padre, in quella situazione può anche essergli scappata qualche frase, non si può giudicare. Di certo queste intercettazioni non avranno alcuna rilevanza nel processo, che invece si concentrerà su altri aspetti come la sussistenza della premeditazione o il vizio di mente”. Insomma, anche l’avvocato che rappresenta il padre di Giulia Cecchettin, Gino, e la sua famiglia è sconcertato dalla diffusione delle intercettazioni riguardanti il primo colloquio avvenuto nel carcere di Verona, lo scorso 3 dicembre, tra Filippo Turetta e i suoi genitori.

 

La pubblicazione delle frasi con cui Nicola Turetta, padre del giovane, ha cercato di tranquillizzare il figlio, con l’evidente scopo di dissuaderlo dal compiere gesti estremi, ha suscitato un’ondata di indignazione nell’opinione pubblica. Tanto da spingere lo stesso Nicola Turetta a chiedere pubblicamente scusa. 

 

Ma com’è stato possibile che l’intercettazione, del tutto penalmente irrilevante, sia finita su tutti i principali organi di informazione? Stavolta non c’è nessuna violazione del segreto investigativo: a quanto risulta, infatti, l’intercettazione in questione è stata inserita nel fascicolo per il dibattimento. I giornali sono quindi liberi, in propria (in)coscienza, di dare vita all’ennesima gogna mediatico-giudiziaria, ma la domanda da porsi è un’altra: perché il pubblico ministero di Venezia che coordina le indagini, Andrea Petroni, ha deciso di inserire nel fascicolo un’intercettazione che chiaramente non ha alcuna rilevanza processuale?

 

Proprio sulla base di questa domanda, il senatore di Forza Italia, Pierantonio Zanettin, ha ritenuto doveroso presentare immediatamente un’interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Ma sarebbe interessante sapere cosa ne pensano anche il capo della procura di Venezia, Bruno Cherchi, e  il Consiglio superiore della magistratura. Oppure anche questa grave vicenda è destinata a finire nel dimenticatoio senza alcuna verifica dei profili di responsabilità? La gogna mediatica è intanto riuscita nell’obiettivo di spingere il padre di Turetta all’umiliazione pubblica.

 

“Quegli istanti per noi erano devastanti. Non sapevamo come gestirli. Vi prego, non prendete in considerazione quelle stupide frasi. Vi supplico, siate comprensivi”, ha detto al Corriere della Sera. “C’erano stati tre suicidi a Montorio in quei giorni – ha aggiunto – Ci avevano appena riferito che anche nostro figlio era a rischio”. Lette le sue frasi sui media, Nicola Turetta ha detto di non essere riuscito a dormire. “Sto malissimo. Sono uscito di casa per non preoccupare ulteriormente mia moglie e l’altro mio figlio. Ora si trovano ad affrontare una gogna mediatica dopo quel colloquio pubblicato dai giornali. Io ed Elisabetta avevamo appena trovato la forza di tornare al lavoro. Abbiamo un altro figlio a cui pensare, dobbiamo cercare di andare avanti in qualche modo, anche se è difficilissimo. Chi avrà il coraggio di affrontare gli sguardi e il giudizio dopo quei titoloni che mi dipingono come un mostro... Ero solo un padre disperato. Chiedo scusa. Provo vergogna per quelle frasi, non le ho mai pensate, in quegli istanti ho solo cercato di evitare che Filippo si suicidasse”. La gogna è servita. 
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]