il peso della gogna
L'infinita indagine sul Pio Albergo Trivulzio: a 4 anni e mezzo dalla pandemia è ancora aperta
L'inchiesta sulle morti avvenute nella storica casa di cura milanese durante la prima ondata del coronavirus è ancora aperta, nonostante la richiesta di archiviazione della procura. Prossima udienza prevista a dicembre, a quasi cinque anni dall’inizio della pandemia
Sarà il nome della struttura, a cui l’animo forcaiolo degli italiani è legato fin dai tempi di Mani pulite, sarà la campagna mediatica che alcuni giornali (Rep. in testa) diedero vita agli inizi del 2020 sulla “strage dei nonni”, fatto sta che a distanza di quattro anni e mezzo dalla pandemia l’indagine milanese sulle morti avvenute in quel periodo al Pio Albergo Trivulzio è ancora aperta. Con molta probabilità si tratta dell’unica inchiesta non ancora archiviata riguardante i decessi avvenuti nelle case di riposo, nelle Rsa e negli ospedali durante la pandemia di Covid-19.
Tutte le indagini che infatti sono state aperte nei mesi successivi alla prima ondata di coronavirus, incentrate su accuse gravissime come epidemia colposa, omicidio e lesioni colpose nei confronti dei dirigenti e dei medici delle strutture assistenziali e ospedaliere, sono state via via archiviate su richiesta delle stesse procure che avevano aperto i fascicoli. Torino, Trento, Cremona, Lodi, Bari, solo per citare alcuni casi. Persino la procura di Bergamo, che era arrivata a mettere sotto accusa mezzo governo per la gestione dell’emergenza (accuse archiviate dal tribunale dei ministri), lo scorso maggio è arrivata a chiedere l’archiviazione della parte dell’indagine che era rimasta aperta e che coinvolgeva dirigenti e medici dell’ospedale di Alzano Lombardo.
L’inchiesta milanese sul Pio Albergo Trivulzio (Pat), invece, resta incredibilmente ancora aperta. Dopo mesi di indagine, nell’ottobre 2021 i pm avevano chiesto l’archiviazione dell’indagine a carico della storica casa di cura milanese e del suo ex direttore generale Giuseppe Calicchio (difesi dall’avvocato Vinicio Nardo), indagati per epidemia colposa, omicidio colposo e violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, per la morte di diversi pazienti ospitati nella struttura durante la prima ondata della pandemia.
Gli inquirenti, coordinati dall’aggiunto Tiziana Siciliano, avevano sottolineato che dalle approfondite indagini effettuate “non è stata acquisita alcuna evidenza di condotte colpose o comunque irregolari, casualmente rilevanti nei singoli decessi, in ordine all’assistenza prestata”. Anzi, si leggeva ancora nella richiesta di archiviazione, “con riguardo ai singoli casi, neppure sono state accertate evidenze di carenze specifiche, diverse dalle criticità generali, riguardo le misure protettive o di contenimento, che possano con verosimiglianza avere inciso sul contagio dei singoli soggetti”.
Erano stati alcuni quotidiani, in particolare Repubblica con Gad Lerner (e un’inchiesta intitolata “L’epidemia insabbiata”) a dare avvio alla campagna mediatico-giudiziaria sulla presunta “strage nascosta” al Pat e nelle altre Rsa lombarde. L’accusa mossa nei confronti dei vertici della struttura era di aver contribuito alla morte di oltre cento anziani, intimando al personale medico di non utilizzare mascherine, e di aver poi occultato i dati relativi ai decessi. Accuse smentite dai pm: i medici e i dirigenti avevano fatto tutto ciò che era possibile.
Il Pio Albergo Trivulzio, però, come confermato dall’alta attenzione mediatica, non è un luogo qualsiasi. E’ il posto in cui il 17 febbraio 1992 Mario Chiesa, presidente del Pat e membro di spicco del Psi milanese, venne arrestato in flagranza di reato mentre intascava una tangente in un’operazione guidata dal pm Antonio Di Pietro. L’arresto avrebbe dato avvio a Mani pulite. Insomma, il Pat è impresso nella memoria storica degli italiani.
Sarà anche per questo, chissà, che il 30 giugno 2022 la giudice per le indagini preliminari Alessandra Cecchelli non ha accolto la richiesta di archiviazione della procura, sostenendo che durante la prima ondata di coronavirus “si è verificato il decesso di un numero evidentemente spropositato di ospiti”, circa 400. La giudice ha così imposto ai pm di svolgere indagini per altri sei mesi.
Si arriva così a marzo 2023. La gip Cecchelli, passata a nuovo ruolo, è intanto stata sostituita dalla giudice Marta Pollicino. La nuova gip decide di nominare una commissione di otto esperti, incaricandola di svolgere una perizia tecnica. Alla commissione viene chiesto di accertare quanto accaduto al Pat in tutto il 2020 e l’esistenza di eventuali nessi causali tra presunte omissioni nell’adozione di misure cautelari e di contenimento del virus e i contagi e i decessi. Ai periti vengono dati 180 giorni per completare il lavoro.
A ottobre, però, la commissione chiede e ottiene dalla gip una prima proroga di altri 180 giorni. Si arriva agli inizi di giugno 2024, ma la perizia non è ancora pronta. La gip concede un’altra proroga di 60 giorni. Non bastano neanche questi. Nei giorni scorsi, la gip ha così accolto la richiesta di una terza proroga di 40 giorni, spostando il deposito della perizia alla metà di settembre. In tempo, si spera, per l’udienza prevista il 18 dicembre 2024. A quasi cinque anni dall’inizio della pandemia. Un’indagine infinita.