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Orrori giudiziari

L'amnesia giustizialista di Pd e Cgil, neppure un saluto al funerale di Del Turco

Giuliano Cazzola

Durante la sua ingiusta detenzione, è stato abbandonato dalle forze di partito che oggi tuonano contro le condizioni carcerarie di Salis e Cospito. E il loro posto vuoto al funerale dell'ex sindacalista aumenta una voragine di silenzio e vergogna, mai colmata

Nelle cattedrali della sinistra non c’è posto per chi è vittima di una fatwa degli ayatollah delle procure. Il fatto è che l’utilizzo degli avvisi di garanzia come arma impropria non riguarda solo gli avversari politici, come è avvenuto da ultimo nella vicenda giudiziaria di Giovanni Toti (dopo i pogrom riservati a Silvio Berlusconi). Ma anche il trattamento a cui sono sottoposti i dirigenti, gli amministratori, i parlamentari e i militanti del partito non è certo conforme con il principio costituzionale della presunzione di innocenza. Si potrebbe compilare un elenco con tanti nomi di “bravi compagni” che, raggiunti da un avviso di garanzia, sono stati abbandonati come un povero cane in autostrada e con l’invito ad arrangiarsi. Alcuni hanno lamentato di non  aver ricevuto neppure una telefonata di incoraggiamento, come se il Pd avesse fatto proprio il suggerimento di Piercamillo Davigo quando – ancor folgorante in soglio – invitava la politica a fare pulizia al proprio interno in collaborazione con gli inquirenti.

  


 

Ma fino a oggi non si era mai arrivati ad assistere a una mancanza di quella pietas dovuta a chi muore dopo anni di solitudine e di sofferenza. E’ quanto è capitato a Ottaviano Del Turco, già segretario generale aggiunto della Fiom e della Cgil a fianco di leader storici come Luciano Lama e Bruno Trentin; poi ultimo segretario del Psi, deputato, senatore, presidente della Commissione Antimafia (che nella cultura della sinistra corrisponde al rango di Beato per la Chiesa), ministro delle Finanze, fondatore del Pd, parlamentare europeo e presidente di commissione a Strasburgo. Del Turco aveva davanti a sé anni di pensionamento sereno e ben remunerato, lontano dalle beghe italiane, ma gli fu chiesto di guidare la battaglia per la riconquista della sua regione, l’Abruzzo. Lo sventurato rispose. Il 14 luglio 2008 fu svegliato all’alba nel suo buen retiro di Collelongo dalla polizia giudiziaria, che lo affidò alla custodia del Carcere di massima sicurezza di Sulmona. Il procuratore capo di Pescara dott. Nicola Trifuoggi dichiarò in conferenza stampa che il presidente Del Turco era sommerso da prove schiaccianti. 


Il suo partito e la Cgil (allora diretta da personalità che dovevano tutto a Ottaviano) ebbero una ricaduta in uno di quegli attacchi di amnesia che costituiscono ormai un modus vivendi (si pensi che ora sono impegnati a cancellare quanto hanno fatto in tanti anni di presenza al governo). Tutti ricorderanno il putiferio che seguì la visita, tenuta riservata, di una delegazione autorevole del Pd ad Alfredo Cospito, condannato al 41-bis, e l’angoscia con cui furono seguite dal Nazareno le precarie condizioni di custodia, in quel di Budapest,di Ilaria Salis. Del Turco trascorse i giorni di carcerazione in grande solitudine. Allora ero deputato del Pdl e mi recai con tanto di comunicato a visitare quel carcere, insieme a una collega ex socialista e a conferire con Ottaviano sotto la sorveglianza del direttore. Ho saputo in questi giorni che anche Franco Marini, in via riservata, aveva compiuto quel passo, nel contesto di un silenzio assordante della Cgil e del Pd (un autorevole dirigente del partito invertì di sua iniziativa l’onere della prova augurando a Ottaviano di poter dimostrare la propria innocenza). Ricordo ancora il coraggio di Del Turco quando – scarcerato – rifiutava di nascondersi e si presentava alla Camera. Sedeva in Transatlantico vicino alla buvette, mi chiamava mentre ero in Aula; io lo raggiungevo e mi mettevo al suo fianco per assistere alla sfilata dei deputati del suo partito che ci passavano davanti  col passo dei maratoneti concedendogli – se non potevano evitarlo perchè non avevano dirottato altrove lo sguardo – un breve cenno di saluto. 


Ottaviano, nonostante che a ogni grado di giudizio le accuse venissero amputate dei reati più gravi ed infamanti, fu lasciato sempre solo. Anche quando, per effetto di una legge del cretinismo giustizialista, gli fu sospeso il  vitalizio, nonostante le gravi condizioni di salute  sempre  più invalidanti. Per fortuna ci furono altri che si assunsero il dovere di denunciare l’abuso e stigmatizzare il silenzio di chi avrebbe dovuto parlare, ma non osò


Davanti alla bara di Ottaviano Maurizio Landini ha rilasciato una dichiarazione onesta ma di circostanza, mentre dal Pd sono giunti solo commiati da singoli esponenti.  Al funerale non vi erano rappresentanze ufficiali del sindacato né del partito. Vi era solo una vecchia bandiera socialista ripiegata nella cassa. L’onore delle istituzioni è stato salvato dai sindaci del circondario cinti della fascia tricolore e dal presidente (di destra) della regione Marco Marsilio.