Il presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera (foto LaPresse) 

indagini illegali

Le sentenze della Consulta non valgono per la procura di Torino

Ermes Antonucci

Lo scorso dicembre la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime le intercettazioni realizzate dai pm torinesi ai danni dell'ex senatore Esposito. Ora si scopre che le captazioni non solo non sono state distrutte, ma sono state tutte depositate in un'altra indagine che non riguarda Esposito

Può una procura della repubblica infischiarsene di una sentenza della Corte costituzionale che la riguarda espressamente, violando non solo le prerogative del Parlamento, ma anche i diritti fondamentali di difesa dei cittadini? A quanto pare sì, se si osserva ciò che sta avvenendo a Torino. Lo scorso dicembre i giudici costituzionali hanno condannato con una sentenza durissima l’operato del pm torinese Gianfranco Colace, che nell’ambito di un’indagine nei confronti di un imprenditore, Giulio Muttoni, ha fatto intercettare per tre anni circa 500 volte l’allora senatore Pd Stefano Esposito, senza chiedere alcuna autorizzazione del Parlamento come invece richiederebbe la Costituzione (articolo 68).

 

Il magistrato non solo dispose le intercettazioni pur sapendo che di mezzo c’era un senatore, ma alla fine dell’indagine giunse a chiedere il rinvio a giudizio per quest’ultimo, portando a sostegno delle accuse 130 delle oltre 500 intercettazioni compiute. Il gup di Torino, Giulia Minutella, incredibilmente accolse la richiesta di rinvio a giudizio per turbativa d’asta, corruzione e traffico di influenze illecite. Chiamato a esprimersi sul conflitto di attribuzione tra poteri dello stato sollevato dalla giunta per le immunità del Senato, la Corte costituzionale ha stabilito in maniera chiara l’illegittimità (e dunque l’inutilizzabilità) delle intercettazioni realizzate ai danni di Esposito: le captazioni nei confronti di Muttoni erano infatti “in realtà unicamente preordinate ad accedere alla sfera di comunicazione del parlamentare senza aver mai richiesto alcuna autorizzazione al Senato della Repubblica”. I giudici, di conseguenza, hanno annullato il rinvio a giudizio nei confronti di Esposito, mentre il procuratore generale della Corte di cassazione ha avviato un procedimento disciplinare a carico di Colace e Minutella per le palesi irregolarità riscontrate. 

 

La legge che disciplina le immunità parlamentari (la n. 140 del 2003) prevede che le intercettazioni compiute illecitamente, come quelle contro Esposito, debbano essere distrutte. A distanza di nove mesi dalla sentenza della Consulta, invece, Esposito ha scoperto per puro caso che le 130 intercettazioni non solo non sono state mai distrutte ma, come se non bastasse, sono state tutte depositate come fonti di prova all’interno di un altro fascicolo di indagine che – in maniera ancora più incredibile – non riguarda né lui né Muttoni. L’indagine in questione coinvolge infatti altre 21 persone, accusate a vario titolo di corruzione, associazione a delinquere e interferenze illecite nella vita privata. Lo scorso giugno l’indagine è stata chiusa con la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Colace e del collega Giovanni Caspani, con l’avallo della procuratrice di Torino facente funzioni, Enrica Gabetta

 

Perché le intercettazioni nei confronti di Esposito, ritenute illecite dalla Consulta, sono state depositate in questo altro procedimento? La ragione sfugge alla logica. “Evidentemente alla procura di Torino vige un codice di procedura penale diverso dal resto d’Italia”, dice Esposito al Foglio. “Non riesco a comprendere perché le intercettazioni, che avrebbero dovuto essere distrutte, sono state depositate in un altro procedimento. Non ne capisco neanche l’utilità processuale, visto che io non ho nulla a che fare con questa indagine”, aggiunge. “Mi viene il sospetto che ci sia un intento di sfregio nei confronti del sottoscritto e di sfida nei confronti della Consulta per una sentenza che non è stata gradita”, prosegue l’ex senatore, che si dice “piuttosto sconfortato”: “Nonostante siano passati quasi otto anni non riesco a vedere la fine di questa persecuzione giudiziaria, perché ormai di questo si tratta. La violazione della legge la stanno facendo quelli che mi hanno accusato”. 

 

Visto l’andazzo, paradossalmente nessuno può escludere che le intercettazioni compiute per la Consulta in maniera illegale siano state depositate anche in altri procedimenti penali. 

 

Intanto Esposito annuncia: “Sto valutando di fare l’ennesima segnalazione al procuratore generale della Corte di cassazione. Chissà intanto se di fronte a questa notizia si desterà il ministro Nordio”. 
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]