trionfo del giustizialismo

L'ennesima conferenza stampa show di Gratteri, tra forca e attacchi ai politici

Ermes Antonucci

Il procuratore di Napoli davanti ai giornalisti si fa beffe della legge sulla presunzione di innocenza e lancia il suo ultimo teorema: "Le rivolte in carcere? Colpa dei parlamentari"

Condannato a 61 anni di reclusione e libero dopo 19 anni. Diversi giornali hanno riportato con enfasi, e una celata indignazione, una dichiarazione fatta dal procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, durante una conferenza stampa tenuta martedì per illustrare i dettagli di una maxi operazione contro la camorra. “L’indagato principale è un noto pregiudicato, Aldo Picca, che è stato condannato a 61 anni di reclusione e dopo 19 anni è uscito dal carcere. Appena è uscito dal carcere ha ricominciato a riorganizzarsi”, ha detto Gratteri davanti ai giornalisti. L’affermazione è stata riportata dai cronisti senza batter ciglio, insomma senza che nessuno si chiedesse: ma è possibile che in Italia una persona sia condannata a 61 anni di carcere e ne sconti solo 19? E’ evidente che questo non è possibile. 

 

Il nostro codice penale, all’articolo 78, stabilisce che nel caso di concorso di reati la pena “non può eccedere trent’anni di reclusione”. Dunque, anche se Picca avesse accumulato condanne per un totale di 61 anni di carcere, la pena finale non avrebbe potuto superare i trent’anni. Indagando sulla figura di Picca si scopre che è accaduto proprio questo: condannato alla pena massima di trent’anni, Picca è tornato in libertà nel 2020 dopo 20 anni di carcere, grazie alle detrazioni di pena previste dalla legge (45 giorni per ogni semestre di condanna espiata in caso di “buona condotta”) e la probabile carcerazione preventiva scontata in precedenza. Picca era poi stato riarrestato nel 2023 con l’accusa di estorsione. La storia dei “61 anni di carcere”, insomma, non sta in piedi. Evidentemente, anziché fornire informazioni precise, l’obiettivo di Gratteri era, come sempre, quello di far passare l’immagine di un paese in cui domina l’impunità. 

 

Non si è trattata dell’unica stravaganza della conferenza stampa di Gratteri. Il capo della procura di Napoli, come ormai suo solito, ha infatti ironizzato sulla legge che, in ossequio a una direttiva europea sul rafforzamento della presunzione di innocenza, impone ai pubblici ministeri un atto di semplice civiltà, cioè quello di non presentare come colpevoli già accertati dei cittadini soltanto indagati. In apertura della conferenza stampa, così, Gratteri ha dichiarato: “L’indagine è la dimostrazione tecnico-giuridica dell’esistenza di un’associazione a delinquere dedita al traffico di stupefacenti, di un’associazione a delinquere di stampo mafioso e di tutta quella serie di reati fine tipici di un’associazione mafiosa, quali estorsione, traffico di droga, riciclaggio e autoriciclaggio. Quindi questa notte abbiamo arrestato trentadue presunti innocenti”. Risate degli astanti, inclusi i giornalisti e persino dei rappresentanti delle forze dell’ordine. Con buona pace della presunzione di innocenza. 

 

Gratteri è poi tornato a denunciare l’uso di cellulari da parte dei detenuti reclusi nelle carceri, rilanciando i suoi numeri sui dispositivi presenti dietro le sbarre: “In un carcere mediamente ci sono 100 telefonini”, ha detto. Una statistica ben poco credibile, non solo perché a inizio luglio lo stesso Gratteri aveva dichiarato che “in ogni carcere ci sono 200 telefonini che funzionano” (dunque il doppio), ma anche perché, essendo 190 gli istituti di pena, dovremmo concludere che nelle carceri italiane vengono usati quasi 20 mila cellulari, a fronte di 61 mila detenuti. 

 

Ma la conferenza stampa di martedì ha raggiunto il suo apice quando Gratteri se l’è presa con chi propone misure eccezionali per far fronte all’emergenza del sovraffollamento nelle carceri: “Sento parlare anche a livello parlamentare di indulti e amnistie. Sono argomenti molto pericolosi e io penso che uno dei motivi delle rivolte che ci sono quasi quotidianamente nelle carceri è proprio questo, ovvero annunciare cose che poi non si realizzeranno”. Insomma, per il pm la colpa delle rivolte in carcere è dei parlamentari che propongono l’adozione di indulti o amnistie. Gratteri è in cortocircuito: prima si lamenta di non poter parlare liberamente con i giornalisti e poi auspica bavagli per i politici. 
 

Di più su questi argomenti:
  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]