l'intervista
"Caso Natoli imbarazzante, il Csm può punire i consiglieri indagati". Parla Michele Vietti
L'ex vicepresidente del Csm: “I consiglieri hanno, prima ancora che dei doveri giuridici, dei doveri etici. Il Consiglio deve potersi autodeterminare nel sanzionare i propri componenti"
“Il caso Natoli, che conosco solo dalla lettura dei giornali, presenta dei profili imbarazzanti, sia perché attiene a un consigliere del Csm, sia perché, ancor di più, attiene a un componente della sezione disciplinare e ai suoi rapporti con un magistrato incolpato”. Lo dichiara al Foglio Michele Vietti, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura dal 2010 al 2014. La consigliera laica Rosanna Natoli, indicata da Fratelli d’Italia, è finita al centro di uno scandalo a luglio, quando è stata pubblicata la notizia (con relative registrazioni audio) di un suo incontro privato con una giudice sottoposta a processo disciplinare, alla quale ha fornito suggerimenti e svelato il segreto della camera di consiglio. Nonostante le pressioni, anche del Quirinale, Natoli ha deciso di non dimettersi dal Csm. La questione, tuttavia, si ripresenterà la prossima settimana, al primo plenum previsto dopo la pausa estiva.
“La vicenda è imbarazzante innanzitutto sotto l’aspetto etico”, dice Vietti. “I consiglieri hanno, prima ancora che dei doveri giuridici, dei doveri etici. Stiamo parlando di una carica che riguarda un organo di rilevanza costituzionale, presieduto dal presidente della Repubblica, che svolge ruoli delicatissimi rispetto alla magistratura, cioè uno dei tre poteri fondamentali dello stato. Non stiamo parlando del circolo Pickwick. Il Csm, proprio per il ruolo strategico che la Costituzione gli assegna, richiede rigore comportamentale”.
“Poco prima del mio insediamento – ricorda Vietti – il Consiglio ha adottato un proprio codice etico che contiene un riferimento esplicito all’autonomia della funzione: nessun consigliere, sia togato sia laico, deve farsi condizionare dall’esterno. È chiaro che se il Consiglio si dota di un codice comportamentale dovrà anche disporre di procedure adeguate per farlo rispettare, altrimenti che senso avrebbe?”. La legge istitutiva del Csm prevede che un consigliere sottoposto a procedimento penale possa essere sospeso con una decisione presa a scrutinio segreto con la maggioranza dei due terzi dei componenti del Consiglio stesso. Il comitato di presidenza del Csm sta valutando proprio la possibilità di votare la sospensione di Natoli al prossimo plenum.
Negli ultimi giorni alcuni, come il deputato Enrico Costa, hanno criticato questa ipotesi, ricordando la norma introdotta dalla recente riforma Cartabia, secondo cui la “mera iscrizione nel registro” degli indagati “non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attributo”. Ma dunque il Csm può o non può sospendere un suo componente indagato? “Tenderei a far prevalere l’interpretazione per cui il Consiglio deve potersi autodeterminare nel sanzionare i propri componenti”, replica Vietti. “Ricordo un precedente della mia consiliatura in cui, seppur in un caso diverso, perché si trattava di incompatibilità, il Consiglio votò a scrutinio segreto la decadenza – neanche la sospensione – del consigliere Matteo Brigandì. Credo che un organo di rilevanza costituzionale debba poter disporre dei rimedi per sanzionare comportamenti considerati censurabili dei propri componenti, ovviamente con il rispetto di tutte le garanzie. Del resto la norma sulla sospensione prevede una maggioranza qualificata di due terzi dei componenti. Non è una decisione affidata a una maggioranza risicata o a logiche di parte”.
Come risponde a chi contro-argomenta che in questo modo basterebbe l’apertura di una semplice indagine da parte di un pm per costringere il Csm a punire un consigliere? “È chiaro che la mera iscrizione per una vicenda ancora fumosa non può far scaturire sanzioni. Quando però il Consiglio dispone in proprio di elementi dell’indagine (quali ad esempio le registrazioni) è in grado di fare una deliberazione nel merito molto più puntuale rispetto alla mera iscrizione”, spiega l’ex vicepresidente del Csm.
Mettiamo il caso che un consigliere venga sospeso contro la sua volontà. Come farebbe il Csm ad andare avanti in una situazione del genere? “Penso, e immagino lo pensasse anche il legislatore del 1958, che la sospensione dovrebbe sollecitare la sensibilità dell’interessato, il quale, di fronte a un’eventuale manifestazione di volontà del Consiglio espressa con una maggioranza così ampia, ne dovrebbe trarre le conseguenze. Come dire, non si può stare in paradiso a dispetto dei santi”, afferma Vietti. A quel punto, in caso di dimissioni, la palla passerebbe al Parlamento in seduta comune, per l’elezione di un nuovo consigliere laico.