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Processo Open Arms, il pm chiede sei anni per Matteo Salvini. Meloni: "Incredibile. Totale solidarietà"

Il leader della Lega è accusato di "sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio" per avere impedito lo sbarco di 147 migranti nel 2019. "Il diniego avvenne in totale spregio delle regole", sostiene la procuratrice aggiunta di Palermo

"Il diniego consapevole e volontario ha negato la posizione personale di 147 persone. Anche per queste persone ci accingiamo a chiedere la condanna dell'imputato oltre che per difendere i confini del diritto. Per questo chiediamo la condanna a 6 anni di reclusione". E' questa la richiesta di condanna per il ministro Matteo Salvini formulata dalla procuratrice aggiunta di Palermo, Marzia Sabella, in chiusura della requisitoria del processo Open Arms, che si è tenuta oggi nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. Il leader della Lega e attuale vicepremier, oggi assente in aula, è imputato per sequestro di persona e rifiuto d'atti d'ufficio per aver ritardato lo sbarco di 147 migranti a bordo della nave della ong Open Arms nell'agosto del 2019, quanto ricopriva la carica di ministro dell'Interno con il governo Conte I. 

Il presidente della II sezione penale ha rinviato il processo al 20 settembre, quando prenderanno la parola le parti civili. Il 18 ottobre è prevista l'arringa della difesa di Salvini. 

"È incredibile che un ministro della Repubblica Italiana rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della Nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini", ha commentato a stretto giro la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni in un post su X. "Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo. La mia totale solidarietà al ministro Salvini", ha concluso. 

 

    


   

"Pensiamo che il dibattimento abbia dimostrato che almeno dal 14 agosto 2019 sussisteva il chiaro e preciso obbligo del ministro italiano e di nessun altro di rilasciare il Pos", ovvero l'indicazione di un luogo sicuro per le operazioni di salvataggio, ha spiegato la procuratrice Sabella nella requisitoria. "Tale Pos – ha continuato – doveva essere rilasciato senza indugio, non un'ora dopo rispetto al momento in cui era stato richiesto; che il diniego avvenne in intenzionale e consapevole spregio delle regole; che l'intenzionale e consapevole spregio delle regole non avvenne per ragioni di natura preventiva o repressiva, né nella tutela dello stesso migrante ristretto, né per altro bene tutelato dall'ordinamento giuridico; che l'intenzionale e consapevole spregio delle regole non avvenne nel tentativo di proseguire un disegno politico governativo, magari con qualche forzatura giuridica non giusta ma quantomeno tendente alla giustizia. Che dunque il diniego consapevole e volontario ha leso la libertà personale di 147 persone per nessuna, ma proprio per nessuna, apprezzabile ragione".

 

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