indagato a vita

Dell'Utri indagato da trent'anni per le stragi mafiose grazie a un trucco dei pm di Firenze

Ermes Antonucci

Si chiama "clonazione del fascicolo" e consente ai pubblici ministeri di aprire indagini, archiviarle e poi riaprirle per un tempo indefinito, come nel caso dell'ex senatore, accusato da trent'anni con Berlusconi di essere mandante delle stragi di Cosa nostra del 1993-1994

Altro che pecora Dolly. Le clonazioni più incredibili della storia umana avvengono dentro gli uffici di alcune procure italiane. Come quella di Firenze. Dal 1996 i pm fiorentini indagano su Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, accusandoli nientedimeno che di essere i mandanti esterni delle stragi di Cosa nostra del 1993-1994. Da allora si è perso il conto del numero di fascicoli aperti, archiviati e poi di nuovo riaperti per questa accusa. L’indagine aperta nel 1996 venne archiviata due anni dopo, senza alcun risultato. L’inchiesta è stata poi riaperta e archiviata di nuovo nel 2011. Per poi essere di nuovo riaperta nel 2017. Leggendo ora le carte che si celano dietro la richiesta di rinvio a giudizio della procura di Firenze nei confronti di Dell’Utri e sua moglie per non aver comunicato la variazione patrimoniale dovuta ai soldi ricevuti da Berlusconi, si scopre che l’inchiesta del 2017 è stata intanto chiusa e riaperta per l’ennesima volta: l’iscrizione di Dell’Utri nel fascicolo “madre” (quello sulle stragi) risale infatti al 9 dicembre 2022. Il segreto di tutto ciò si chiama clonazione del fascicolo.

 

A spiegare come funziona il “trucco della clonazione” è stato addirittura il ministro della Giustizia Carlo Nordio (per quarant’anni pm a Venezia), in un’intervista rilasciata a questo giornale un anno fa: “Funziona in questo modo. Tu hai in mano un’inchiesta. A un certo punto non hai cavato un ragno dal buco e chiedi l’archiviazione. Lo fai ma ti tieni un pezzo, il modello 45, e lo mantieni in cassetto. Su quello costruisci una seconda indagine. Poi alla fine il modello 45 si trasforma in un modello 21, e sostieni di aver trovato un indagato, vero o falso che sia. A quel punto chiedi al gip l’archiviazione ma ti tieni un pezzetto del nuovo fascicolo. Si chiama clonazione non a caso. E lo abbiamo fatto tutti. Chi lo fa in modo sistematico lo fa perché non ha in mente un reato o un fatto. Lo fa perché ha in mente una persona che vuole colpire. Questo è inammissibile”, disse Nordio, annunciando una riforma per debellare questa prassi. 

 

A distanza di un anno, il consiglio che si può rivolgere al ministro Nordio è di interessarsi a ciò che avviene alla procura di Firenze. E’ difficile, infatti, trovare un caso più lampante di clonazione di fascicolo di quello aperto ormai quasi trent’anni fa dai pm fiorentini nei confronti di Berlusconi e Dell’Utri per le stragi mafiose del 1993-1994. 

 

La richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dello storico amico del Cav. è infatti legata a stretto giro all’inchiesta “madre” sulle stragi. Secondo i pm di Firenze, Dell’Utri avrebbe omesso di comunicare l’aumento del proprio patrimonio personale, circa 42 milioni di euro, dovuti in larga parte a versamenti fatti da Berlusconi, “al fine di occultare la più grave condotta di concorso nelle stragi ascrivibile a Silvio Berlusconi e allo stesso Marcello Dell’Utri”. In altre parole, il denaro ricevuto dall’ex premier costituirebbe “il quantum percepito da Dell’Utri per assicurare l’impunità a Silvio Berlusconi”. Siamo di fronte, come è evidente, alla fantagiustizia: per i pm (Luca Tescaroli, nel frattempo promosso a procuratore di Prato, Luca Turco e Lorenzo Gestri), i bonifici effettuati alla luce del sole da Berlusconi a Dell’Utri per aiutarlo ad affrontare le spese legali per i processi e le ripercussioni sul piano famigliare sarebbero diventati improvvisamente la prova di un accordo volto a ottenere il silenzio dell’ex senatore.

 

Il teorema fiorentino ha portato al sequestro preventivo di 10,8 milioni di euro ai danni di Dell’Utri e di sua moglie (pur essendo stato bocciato dal tribunale di Palermo, che ha negato la confisca del patrimonio di Dell’Utri ritenendo la tesi dei bonifici per il silenzio sulle stragi “estremamente semplicistica e indimostrata”). 

 

Visto che la mancata comunicazione dell’aumento del patrimonio sarebbe per i pm finalizzata a nascondere le gravi condotte avute attorno alle stragi mafiose, il legale di Dell’Utri, l’avvocato Francesco Centonze, ha chiesto ovviamente di poter prendere visione del fascicolo principale (quello sulle stragi, appunto). La richiesta è stata negata dal gip  perché il filone di indagine è ancora aperto: secondo quanto comunicato dai pm, l’iscrizione di Dell’Utri  nel registro degli indagati “risale al 9 dicembre 2022”. Dal momento che un’indagine per reati così gravi non può durare più di due anni, se ne deduce che il fascicolo aperto nel 2017 è stato archiviato, per poi essere riaperto – con la stessa accusa – nel dicembre 2022. Sorpresa.  

 

Il paradosso è evidente: Dell’Utri dovrà difendersi dall’accusa di aver ricevuto soldi da Berlusconi per nascondere la partecipazione alle stragi mafiose che però non è mai stata dimostrata, ma praticamente viene data per scontata. Tutto ciò con buona pace del diritto di difesa, visto anche che dal filone “madre” vengono riversati nell’indagine sull’omessa comunicazione solo gli atti selezionati dai pm. 

 

Intanto il destino di Dell’Utri resta quello di essere indagato a vita.
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]