il dito e la luna

Il vero caso Scarpinato, intercettato 30 volte senza l'ok del Parlamento

Ermes Antonucci

Il centrodestra attacca il senatore grillino accusandolo di aver depistato un'audizione in Antimafia. Ma il vero problema è che Scarpinato sarebbe stato intercettato per ben 30 volte senza l'autorizzazione del Senato richiesta dalla Costituzione

Il destino beffardo ha voluto che il senatore grillino Roberto Scarpinato, pubblico ministero in pensione, padre dei più fantasiosi teoremi antimafia e strenuo difensore dell’uso delle intercettazioni, sia stato intercettato casualmente nell’ambito di un’inchiesta che vede coinvolto Gioacchino Natoli, ex presidente della Corte d’appello di Palermo, indagato dalla procura di Caltanissetta per favoreggiamento a Cosa nostra e calunnia per il presunto insabbiamento dell’indagine mafia-appalti. A riportare la notizia è stato il quotidiano La Verità, spiegando che dalle intercettazioni emergerebbe il tentativo di Scarpinato, membro della commissione Antimafia, di concordare domande e risposte dell’audizione di Natoli proprio di fronte alla commissione di Palazzo San Macuto. Per quanto la condotta di Scarpinato (se confermata) risulti inopportuna, ciò che colpisce è che il senatore sarebbe stato intercettato non una, ma almeno trenta volte, con una microspia collocata nello studio di Natoli, nonostante lo scudo previsto dalla Costituzione per i parlamentari. 

 

Se è possibile immaginare che i magistrati di Caltanissetta abbiano intercettato una prima conversazione tra il senatore Scarpinato e Natoli in maniera del tutto casuale (l’unico scenario in cui la Costituzione ammette la captazione di conversazioni private di un membro del Parlamento), diventa più difficile accettare l’idea che anche le successive 29 intercettazioni siano avvenute casualmente. Una volta identificato Scarpinato come l’interlocutore di Natoli, i pm nisseni avrebbero dovuto interrompere le intercettazioni ogni volta che le conversazioni coinvolgevano il senatore del Movimento 5 stelle, che, come tutti i parlamentari, non può essere sottoposto a intercettazione senza l’autorizzazione della Camera a cui appartiene. Non sarà stato difficile d’altronde per i pm capire, dopo la prima intercettazione casuale, che il soggetto con cui Natoli si intratteneva a parlare era proprio Roberto Scarpinato. 

 

Pur ammettendo che tutte e 30 le intercettazioni siano avvenute in maniera “casuale” (anche se si fa fatica a capire come), i pubblici ministeri e la polizia giudiziaria di Caltanissetta avrebbero comunque dovuto evitare di trascrivere quelle conversazioni in quanto non emergeva alcun elemento di rilievo penale e di interesse per l’indagine in corso. Non avendolo fatto, come nella migliore tradizione italiana, il contenuto di queste intercettazioni ha finito per essere pubblicato su un quotidiano, in violazione del segreto investigativo e a danno della reputazione di Scarpinato, che nel procedimento non è indagato.

 

La vicenda ricorda, seppur con “dimensioni” decisamente ridotte, quanto avvenuto al senatore Stefano Esposito, intercettato dal 2015 al 2018  addirittura 500 volte nell’ambito di una inchiesta a Torino condotta dal pm di Torino Gianfranco Colace, senza alcuna autorizzazione da parte del Parlamento. Il magistrato non solo dispose le intercettazioni pur sapendo che di mezzo c’era un senatore, ma alla fine dell’indagine giunse a chiedere il rinvio a giudizio per quest’ultimo, portando a sostegno delle accuse 130 delle oltre 500 intercettazioni compiute. Il gup di Torino, Lucia Minutella, incredibilmente accolse la richiesta di rinvio a giudizio per turbativa d’asta, corruzione e traffico di influenze illecite.

 

Sia l’operato del pm Colace che quello della giudice Minutella è stato bocciato duramente dalla Corte costituzionale, che ha stabilito in maniera netta l’illegittimità (e dunque l’inutilizzabilità) delle intercettazioni realizzate ai danni di Esposito. Proprio giovedì, al Consiglio superiore della magistratura è iniziato il procedimento disciplinare nei confronti di Colace e Minutella per le violazioni di legge commesse.

 

Di mezzo, insomma, c’è la difesa delle prerogative costituzionali dei parlamentari di fronte allo strapotere delle toghe. “Per quanto le mie idee politiche siano radicalmente distanti da quelle del senatore Scarpinato, ritengo la vicenda che lo ha investito molto grave”, afferma Esposito. “Come si può pensare che una persona venga intercettata in maniera casuale per ben trenta volte? E, soprattutto, perché quelle intercettazioni penalmente irrilevanti sono state trascritte? Certi pm stanno mettendo pesantemente in discussione il rispetto dell’articolo 68 della Costituzione. I parlamentari ormai sono privati dei loro diritti fondamentali, non sono liberi di svolgere la loro attività”, aggiunge l’ex senatore Pd. “Il Parlamento deve seriamente e rapidamente occuparsi di mettere mano alla legge 140 del 2003, attuativa dell’articolo 68 della Costituzione, per impedire la definitiva sottomissione del potere politico al potere giudiziario”. 

 

Fa specie che tutto ciò non sia stato compreso dai parlamentari di centrodestra, che in teoria dovrebbero essere sensibili al tema dell’equilibrio tra politica e magistratura. Gli esponenti di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, infatti, con una serie infinita di dichiarazioni hanno accusato Scarpinato di “depistare” i lavori della commissione Antimafia, chiedendo le sue dimissioni. Quando si dice guardare il dito anziché la luna. 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]