L'intervento della Polizia durante il rave organizzato nella zona a nord di Modena, nell'ottobre 2022 (foto Ansa)

Catalogo del nuovo populismo penale

417 anni di carcere. La sbornia giustizialista del governo Meloni

Ermes Antonucci

Nei primi due anni di attività dell'esecutivo sono stati introdotti 48 nuovi reati e svariati aumenti di pena per un totale di 417 anni di carcere in più nel nostro ordinamento. La vena securitaria di FdI e Lega è prevalsa sulle promesse liberali di Nordio

Quattrocentodiciassette anni di carcere. A tanto ammonta il numero di anni di pena in più inseriti nel nostro ordinamento da quando si è insediato il governo Meloni, che domani compie due anni. Abbiamo esaminato, una per una, le norme approvate dalla maggioranza e il risultato fa impallidire: 417 anni di carcere in più, frutto dell’introduzione di 48 nuovi reati (una media di due al mese) e svariati inasprimenti di pena. Una cifra destinata ad aumentare, se si considera che non tiene conto dei provvedimenti non ancora approvati definitivamente dal Parlamento. Il ddl Sicurezza, approvato dalla Camera e ora passato al Senato, tanto per fare un esempio, introduce in un colpo solo altri 24 tra nuovi reati, aggravanti e aumenti di pene. Insomma, altro che populismo penale, una sbornia giustizialista da offuscare il ricordo dei grillini al governo. E pensare che a rivestire l’incarico di ministro della Giustizia non c’è più Alfonso Bonafede, ma il liberale Carlo Nordio, colui che, uscendo dal Quirinale subito dopo aver giurato, si era detto favorevole alla depenalizzazione e all’abolizione di reati dal codice penale. 

 

Al contrario, l’elenco dei nuovi reati introdotti da allora è impressionante: rave illegali (fino a 6 anni di reclusione), morte e lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina (fino a 104 anni di reclusione), lesioni nei confronti di medici e operatori sanitari (fino a 5 anni), riproduzione abusiva di opere coperte da diritto d’autore (fino a 3 anni), incendio boschivo (fino a 3 anni), abbattimento di esemplari di orso bruno marsicano (fino a 2 anni), omicidio nautico, lesioni nautiche e violazioni del codice della nautica (fino a 76 anni), spaccio non occasionale di sostanze stupefacenti (fino a 5 anni), reato di “stesa” (fino a 8 anni), violazione degli ordini di protezione in caso di presunti abusi familiari (fino a 3 anni sei mesi), imbrattamento di teche e custodie che contengono opere d’arte nei musei (fino a 6 mesi), violazione delle disposizioni in materia di documentazione antimafia in caso di partecipazione ad appalti (fino a 6 anni), violenza o minaccia nei confronti del personale scolastico (fino a 4 anni), nuovi reati in materia di accessi abusivi a sistemi informatici e a informazioni relative alla sicurezza pubblica (fino a 138 anni), indebita destinazione di denaro o cose mobili (fino a 3 anni, ma fino a 4 se riguarda interessi finanziari dell’Unione europea), danneggiamento delle apparecchiature in uso nelle strutture sanitarie (fino a 5 anni), maternità surrogata all’estero (fino a 2 anni). Se a questi nuovi reati si aggiungono le norme che hanno aumentato le pene per vari reati si giunge al totale di 417 anni di carcere in più. Da avere le vertigini. 

 

Insomma, dopo due anni di governo Meloni si può affermare senza alcun dubbio che, tra lo spirito garantista di cui Forza Italia dice di farsi portatore e la vena securitaria e giustizialista che anima Fratelli d’Italia e Lega, a prevalere è stata quest’ultima. L’avvocato Gian Domenico Caiazza, già presidente dell’Unione delle camere penali italiane, definisce “impressionanti” i numeri calcolati dal Foglio: “E’ l’esatto contrario di quello che il ministro Nordio disse dopo il suo giuramento”. Il Guardasigilli, infatti, dichiarò: “La velocizzazione della giustizia transita attraverso una forte depenalizzazione quindi una riduzione dei reati. Occorre eliminare il pregiudizio che la sicurezza o la buona amministrazione siano tutelate dalle leggi penali. Questo non è vero. L’abbiamo sperimentato sul campo soprattutto quelli come me che hanno fatto per 40 anni i pubblici ministeri”. A distanza di due anni, nota Caiazza, “sta avvenendo proprio il contrario”: “E’ il segno del fallimento di un progetto di politica giudiziaria”. 

 

“La politica ha capito che il panpenalismo nell’immediato funziona in termini di consenso”, spiega Caiazza. “Il senso di insicurezza è diffusissimo, la percezione è largamente superiore alla realtà, i social premono verso quella direzione e quindi cosa c’è di meglio che annunciare aumenti di pena a costo zero? Il punto è che se tu, legislatore, punisci certe condotte in modo sproporzionato, stai sgangherando il sistema penale. Stai violando il principio di razionalità. Di questo passo si arriverà a prevedere una condanna a trent’anni per il borseggio in metropolitana. Prima o poi la Corte costituzionale dovrà intervenire”. “Ovviamente non è una novità – aggiunge l’ex presidente dei penalisti – Anche i governi di centrosinistra hanno inseguito il furore popolare. La cronaca offriva tre casi di persone uccise in strada e loro introducevano il reato di omicidio stradale. Insomma, questo inseguire la cronaca, le emozioni, la rabbia della gente non è esclusiva del governo di centrodestra, ma è una caratteristica della storia del nostro paese. Il governo Meloni, però, la sta portando all’estremo”. 
A impressionare maggiormente, oltre ai numeri, è il fatto che gran parte dei provvedimenti che hanno introdotto oltre 400 anni di carcere in più sono stati approvati quasi nell’indifferenza generale, salvo alcune eccezioni. Anche gli interventi che hanno avuto risalto sul piano mediatico, in realtà sono stati descritti soltanto in maniera parziale. Basti pensare al decreto Cutro, con cui il governo è intervenuto nel marzo 2023 per inasprire il contrasto all’immigrazione clandestina dopo il tragico naufragio avvenuto nelle acque crotonesi. Sugli organi di informazione si è data notizia dell’introduzione del nuovo reato che prevede fino a trent’anni di reclusione in caso di morte di più persone come conseguenza della violazione delle norme sull’immigrazione clandestina, ma un velo di disinteresse è sceso sulle altre misure contenute nel decreto. Nessuno, per esempio, ha scritto che la stessa pena (cioè fino a 30 anni di carcere) “si applica se dal fatto derivano la morte di una o più persone e lesioni gravi o gravissime a una o più persone”. E ancora: “Se dal fatto deriva la morte di una sola persona, si applica la pena della reclusione da quindici a ventiquattro anni”. Infine, “se derivano lesioni gravi o gravissime a una o più persone, si applica la pena della reclusione da dieci a venti anni”. Risultato: se si considerano anche gli aumenti di pena previsti, il decreto Cutro ha introdotto complessivamente nel nostro sistema penale 106 anni di reclusione in più (altro che trenta). 

 

Lo stesso è avvenuto nel caso della legge 138/2023, che nel settembre dello scorso anno ha introdotto il reato di omicidio nautico, punito con la reclusione fino a sette anni: “Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o della navigazione marittima o interna è punito con la reclusione da due a sette anni”. Ma se si va a leggere con attenzione il provvedimento, si scopre che questo introduce altri dieci reati, legati all’omicidio nautico commesso nei vari stati di ebbrezza alcolica (con pene che arrivano fino a dodici anni), e poi ai reati di lesioni gravi e gravissime commessi violando le norme sulla navigazione marittima (fino a sette anni se sotto l’effetto di alcool). In tutto fino a 76 anni di carcere. 

Quasi nel silenzio più assoluto, invece, è stato approvato il provvedimento che ha introdotto il maggior numero di nuovi reati e di aumenti di pena (fino ad addirittura 161 anni di carcere): la legge n. 90 del 28 giugno 2024, contenente “disposizioni in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici”. In questo caso, la vena securitaria della maggioranza sembra veramente essersi dispiegata in piena libertà. Il testo prevede, ad esempio, il reato di estorsione mediante reati informatici, punito con una pena fino a 12 anni di reclusione, ma fino a 22 anni se ricorrono alcune circostanze indicate dalla stessa legge. E’ poi prevista l’introduzione di nuovi reati o l’aumento di pene per quanto riguarda “accesso abusivo a un sistema informatico o telematico”, “detenzione, diffusione e installazione abusiva di apparecchiature, codici e altri mezzi atti all’accesso a sistemi informatici o telematici”, “intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche”, “danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità”. E chi più ne ha più ne metta. 

 

E’ significativo notare che la stretta giustizialista del governo Meloni è cominciata il 31 ottobre 2022, vale a dire soltanto nove giorni dopo il suo insediamento, con l’approvazione del decreto legge n. 162 contro i rave party. Il tutto per rispondere alle polemiche provocate da un mega raduno organizzato in un capannone a Modena. Da qui l’introduzione del reato di “invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica”, punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da mille a diecimila euro. Fu solo l’inizio dell’introduzione a pioggia di nuovi reati. Il carcere come soluzione a ogni male del paese.  Dopo il decreto Cutro, di cui abbiamo già parlato, il 30 marzo 2023, sempre con un decreto legge, il governo decise di seguire di nuovo la cronaca introducendo il reato che punisce chi provoca lesioni nei confronti di medici e operatori sanitari (reclusione da due a cinque anni). 

 

Come dimenticare poi l’introduzione, il 10 agosto 2023, sempre con decreto (che, ricordiamo, dovrebbe essere adottato in casi straordinari di necessità e di urgenza), del reato di abbattimento o cattura di orso bruno marsicano. Il linguaggio giuridico in questo caso restituisce tutto il parossismo della vicenda: “Arresto da sei mesi a due anni e ammenda da euro 4.000 a euro 10.000 per chi abbatte, cattura o detiene esemplari di orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus)”. Il reato venne introdotto sull’onda emotiva dell’uccisione dell’orsa Amarena (così venne chiamata), ammazzata a fucilate a San Benedetto dei Marsi, in Abruzzo. Si tratta probabilmente del caso più emblematico di impazzimento del populismo penale. Basti pensare che secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) sono 161 le specie di animali a rischio estinzione in Italia, quindi seguendo la logica panpenalistica nell’ordinamento penale bisognerebbe introdurre 161 reati autonomi a tutela di queste specie.

 

Un altro momento di svolta della politica penale del governo si è avuto il 15 settembre 2023, con l’approvazione del decreto Caivano, adottato sull’onda dell’indignazione generata dal caso delle violenze ai danni di due bambine da parte di un gruppo di ragazzi, in gran parte minori. La misura prevede una serie di aumenti di pene, soprattutto per le violazioni delle norme sul porto d’armi, stabilisce addirittura la reclusione fino a due anni per i genitori che non mandano i figli alla scuola dell’obbligo senza giustificato motivo,  e poi introduce il celebre “reato di stesa”, definito in gergo giuridico “pubblica intimidazione con uso di armi”: “Chiunque, al fine di incutere pubblico timore o di suscitare tumulto o pubblico disordine o di attentare alla sicurezza pubblica, fa esplodere colpi di arma da fuoco o fa scoppiare bombe o altri ordigni o materie esplodenti” (reclusione da tre a otto anni). E pensare che a proporre l’introduzione di questo reato, come di quello sull’abbattimento dell’orso marsicano, è stata Forza Italia. Complessivamente, comunque, il decreto Caivano ha introdotto misure che prevedono 26 anni in più di carcere. 

 

Il decreto ha introdotto anche altre norme che estendono la possibilità per la magistratura di adottare misure cautelari in carcere per i minori. Come risultato, a un anno di distanza il numero di giovani reclusi negli istituti penali per minorenni ha raggiunto un record storico (oltrepassando quota 500), causando un grave sovraffollamento negli istituti. Tutto ciò, si badi, nonostante i reati commessi dai minori siano pure in calo. 
L’azione della maggioranza di centrodestra ha poi continuato a inseguire la cronaca. Con la legge numero 25 del 4 marzo 2024, per esempio, in seguito ad alcuni casi di aggressione a docenti da parte di alcuni genitori, la pena per l’aggressione nei confronti del personale scolastico è stata aumentata fino a sette anni e mezzo, mentre l’oltraggio fino a quattro anni e mezzo. Lo stesso è avvenuto di recente, a inizio ottobre, dopo una serie di casi di aggressione ai danni di medici e di devastazione di pronto soccorso e strutture sanitarie. Con un decreto legge (n. 137 del 2024), il governo ha introdotto un nuovo reato che prevede addirittura fino a cinque anni di reclusione per chi “distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili” le apparecchiature usate nelle strutture sanitarie. 

 

La ciliegina sulla torta è arrivata mercoledì scorso, con l’approvazione definitiva in Senato della legge che rende punibile la maternità surrogata anche se realizzata dal cittadino italiano all’estero: reclusione da tre mesi a due anni e multa da 600 mila a un milione di euro. Anche se diversi giuristi hanno espresso forti dubbi sulla reale applicabilità della norma. Il quadro è destinato a peggiorare ulteriormente con il ddl Sicurezza, già approvato dalla Camera e ora in esame al Senato. Come abbiamo già evidenziato su queste pagine, il provvedimento introduce in un colpo solo 24 tra nuovi reati, aggravanti e inasprimenti di pene. Il testo introduce innanzitutto nuovi reati e inasprisce le pene nell’ambito della lotta al terrorismo. Ma è in materia di sicurezza urbana che il provvedimento si scatena. Introduce il nuovo reato di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui” (reclusione fino a sette anni), come se oggi l’occupazione delle case non fosse punibile, e prevede una stretta sui borseggiatori, con un’aggravante che punisce chi commette reati “a bordo treno o nelle aree interne delle stazioni ferroviarie e delle relative aree adiacenti”. Il ddl inasprisce poi le pene per il delitto di danneggiamento in occasione di manifestazioni pubbliche, trasforma in illecito penale “il blocco stradale o ferroviario attuato mediante ostruzione fatta col proprio corpo”, introduce ben tre aggravanti ai delitti di violenza o minaccia e di resistenza a pubblico ufficiale. Introduce, inoltre, il nuovo reato di “lesioni personali a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell’atto o a causa dell’adempimento delle sue funzioni”, con reclusione fino a sedici anni. In ambito carcerario, infine, si prevede l’introduzione di un ennesimo reato, denominato “rivolta all’interno di un istituto penitenziario” (reclusione da due a otto anni), specificando che può costituire il reato di rivolta la “resistenza, anche passiva, all’esecuzione degli ordini impartiti”. 
La parte più grottesca del ddl Sicurezza è l’aggravante comune per i reati commessi in metropolitana o sul treno. Insomma, un omicidio commesso a piazza Navona è meno grave di un omicidio commesso alla stazione Termini. Ma stiamo impazzendo?”, dice Gian Domenico Caiazza. “I reati di minacce o resistenza a pubblico ufficiale raggiungono livelli di pena prossimi o superiori allo stupro. Senza parlare, poi, delle ostatività. L’istigazione a delinquere diventa un reato ostativo, quindi in caso di condanna non puoi avere benefici: vai in carcere. Per capirci, l’omicidio non è ostativo. Non so se è chiaro il paradosso”, prosegue Caiazza. 

“Ci si deve interrogare perché una stupidaggine del genere possa essere approvata. Avviene perché la gente è arrabbiata per ciò che succede nelle metropolitane, come i furti da parte di ragazze rom e le aggressioni ai capitreno. Non nego che ci siano delle realtà preoccupanti, ma non si può per questo introdurre un’aggravante comune per i reati commessi in metropolitana o sul treno. Sono discorsi che non hanno alcun senso. C’è solo un legislatore che insegue la bava della gente sui social”, conclude Caiazza. La bava, a quanto pare, continuerà a dettare l’azione del governo Meloni.
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]