toghe rosse e non

Lo scontro tra governo e magistratura divide anche le toghe

Ermes Antonucci

Magistratura democratica vuole che il Csm apra una pratica a tutela dei giudici romani che hanno respinto il trattenimento dei migranti in Albania. Ma viene attaccata da Magistratura indipendente sul caso Patarnello 

Persino qualche consigliere togato del Csm appartenente alla “sinistra giudiziaria”, lontano dai microfoni, lo ammette: la giudice Silvia Albano avrebbe potuto astenersi dal rilasciare interviste nei mesi scorsi in cui criticava la politica migratoria del governo. Il riferimento è alla presidente di Magistratura democratica, tra i giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma che pochi giorni fa hanno bocciato il trattenimento di 12 migranti nel centro di permanenza di Gjader, in Albania. Le uscite di Albano sono state molto criticate dalle forze di maggioranza, così come la decisione del tribunale. Nonostante questo, però, i membri togati del Consiglio superiore della magistratura appartenenti alle correnti di “centrosinistra” (Area, Md e Unicost) sono pronti a chiedere al comitato di presidenza l’apertura di una pratica a tutela dei giudici romani finiti nel mirino del governo.

 

La pratica a tutela è uno strumento ideato dal Csm negli anni Ottanta per replicare alle critiche rivolte da esponenti del mondo politico ai magistrati. Non ha un risvolto pratico, ma per lo più una valenza simbolica. Sulla decisione del tribunale di Roma le critiche dell’esecutivo sono state numerose e anche pesanti. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha definito la sentenza sull’Albania “abnorme”, aggiungendo che “non può essere la magistratura a definire uno stato più o meno sicuro, è una decisione di altissima politica”. Il vicepremier Matteo Salvini ha addirittura parlato di “attacco all’Italia e agli italiani sferrato da una parte di magistratura politicizzata”. Per le toghe di sinistra, il Csm dovrebbe prendere posizione in difesa dei giudici del tribunale di Roma in nome della tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, come già diverse volte accaduto in passato. 

 

La faccenda, tuttavia, stavolta è resa complicata dal coinvolgimento in prima persona di un’esponente di punta della sinistra giudiziaria, la presidente di Md Albano. Non solo. Nei mesi scorsi, prima di rigettare la convalida del trattenimento dei migranti spediti in Albania, Albano si è espressa più volte pubblicamente contro il piano predisposto dal governo. Intervistata da Repubblica lo scorso dicembre, Albano aveva detto: “Immagino che ci sarà una pioggia di ricorsi su cui dovremo pronunciarci. E se non ci sarà una legge di ratifica che definisca le deroghe al quadro normativo nazionale previste da questo protocollo non potremo che prenderne atto”. A maggio, intervistata da Domani, si era espressa sul decreto ministeriale che aveva allargato l’elenco dei paesi sicuri con queste parole: “Mi pare che l’esigenza sia più quella di controllare i flussi migratori che di garantire i bisogni di protezione imposti dalle convenzioni internazionali e dalla Costituzione”. Insomma, Albano aveva in qualche modo anticipato il giudizio sulle controversie sulle quali poi è stata chiamata a decidere, in modo non proprio opportuno sul piano istituzionale. 
E’ proprio per il passato (e il presente) di Albano che lo scontro tra governo e magistratura è subito diventato uno scontro tra governo e “toghe rosse”. 

 

I membri togati di area “centrosinistra” al Csm vorrebbero evitare di aggravare il livello del conflitto. Insomma, non vorrebbero essere soltanto loro a chiedere l’apertura di una pratica a tutela. Se ciò avvenisse, la richiesta potrebbe apparire all’esterno come un’ennesima sfida dei magistrati “rossi” all’esecutivo. L’obiettivo, così, è conquistare l’adesione dei consiglieri moderati di Magistratura indipendente. Che però ieri è intervenuta in maniera molto dura sul caso che ha investito Marco Patarnello, altra toga aderente a Magistratura democratica e sostituto procuratore generale della Cassazione, finito nell’occhio del ciclone per un messaggio inviato alla mailing list dell’Associazione nazionale magistrati.

 

“Il presidente del Consiglio dei ministri, di qualsiasi partito politico, non è mai un avversario da fermare o da combattere, ma un interlocutore istituzionale da rispettare. Sempre”, hanno affermato in una nota la presidente di Mi, Loredana Miccichè, e il segretario generale, Claudio Galoppi. “Deflettere da questo principio – hanno aggiunto – significa indebolire la funzione giudiziaria compromettendone il ruolo e la funzione costituzionale. Essere e apparire indipendenti è la prima condizione per la credibilità della magistratura che mai deve essere coinvolta nelle contingenti vicende e contrapposizioni politiche”.

 

La presa di distanza di Mi da Md è stata molto apprezzata da Lega (“sagge parole”) e Forza Italia. Così, l’obiettivo delle toghe di sinistra di raccogliere consenso trasversale al Csm sulla pratica a tutela sembra allontanarsi sempre di più  
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]