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L'intervento

Il principio estrapolato dalla sentenza Ue sui paesi sicuri non è vincolante

Pier Luigi Portaluri

La sentenza della Corte dell'Unione europea vincola tutti i legislatori e i giudici dei 27 stati membri, ma il Tribunale di Roma si è servito di un semplice passaggio argomentativo per giustificare la sua decisione

Lo hanno dichiarato morto in tutti i modi. Sorpassato, inutile. Povero Montesquieu. Povero lui e la sua formula aurea, la separazione dei poteri. Vecchio arnese del diritto, lo ha apostrofato un noto giurista scomparso di recente. Quello stesso che, insegnando ai giovani magistrati, li esortava a non curarsi troppo della legge: che così veniva ridotta al rango di un eventuale e sgradevole incidente di percorso lungo la via che porta alla sentenza. Un altro accademico, poi, non ha esitato a dire che alla legge si devono dare due sole possibilità. O accetta di dire ciò che nel caso concreto il giudice vuole farle dire; oppure la si accantona. Proprio come si fa con un’entità reazionaria da debellare. Se quella specifica legge proprio non ci vuole stare a farsi portatrice di un significato che il senso delle sue parole impedisce di darle, ne si può forzare il significato sino all’estremo. E anche oltre. Ma sempre – ovviamente – a fin di “bene”.

Ecco il punto. Quale “bene”? Ovviamente quello che ogni giudice ritiene essere tale in nome della sua personale e insindacabile tavola di valori: che troverà di volta in volta un appoggio di comodo, una bonne à tout faire. Un paravento. Molto gettonata per questi fini, purtroppo, è la nostra bella Costituzione: piena di norme inevitabilmente vaghe, e quindi usata come dispenser da cui prelevare l’articolo che di volta in volta fa più comodo al pm o al tribunale di turno per interpretare a proprio modo una legge.

Sin qui il meccanismo usato da alcuni giudici per alterare gli equilibri della separazione dei poteri è stato abbastanza semplice. Le cose si sono complicate un po’ da quando è arrivata l’Ue, con le sue norme, che prevalgono su quelle italiane. E poi con il suo giudice, la Corte di giustizia, che stabilisce se la legge di uno stato membro contrasta con quella europea, per cui va ignorata. Attenzione. Quello che la Corte decide in un caso specifico – riguardi la Francia, la Bulgaria o la Lituania – vale come principio generale vincolante in tutti gli stati dell’Unione. Anche per l’Italia, quindi. Arriviamo al caso migranti. Giorni fa la Corte ha stabilito che – in base a una direttiva dell’Ue – uno stato per essere definito sicuro deve essere tale in tutte le parti del suo territorio. Se invece anche una sola zona del paese è insicura, insicuro diviene tutto lo stato.

La Corte ha insomma interpretato quella direttiva in modo secco: non ci sono stati demi-vierge, sicuri in una parte, pericolosi in un’altra. O tutto, o niente. Questo – e solo questo – è il principio stabilito dal giudice europeo; e che vincola davvero i legislatori e i giudici dei 27 stati membri. Tutto il resto, cioè tutte le considerazioni e le argomentazioni che si leggono nella sentenza della Corte, sono semplici discorsi che servono solo a giustificare il percorso logico e giuridico che ha portato la Corte stessa a stabilire quel principio. E’ “soltanto” materiale discorsivo, quindi, che serve per consentire il controllo dell’opinione pubblica sulla ragionevolezza della sentenza. Ma che non vincola nessuno. Fra questi passaggi argomentativi ce n’è uno, dove si parla di un problema che non era oggetto della causa: la possibilità di considerare non sicuro uno stato dove vi sono persecuzioni, torture, trattamenti, pene inumane o degradanti. Qui, dunque, la Corte non ha espresso nessun principio vincolante.

Ma è proprio questo, invece, il passaggio che il Tribunale di Roma – commettendo un errore tecnico – ha ritenuto vincolante, per cui non ha convalidato il trattenimento del migrante egiziano. In sintesi. Il giudice romano si è servito di un semplice passaggio argomentativo della sentenza della Corte di Giustizia, usandolo come se fosse invece un principio vincolante. E quindi ha detto di avere – per così dire – le mani legate, perché la sua decisione discenderebbe automaticamente dal contenuto della sentenza europea. Ecco le sue parole: “In ragione dei principî affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, il paese di origine del trattenuto non può essere riconosciuto come paese sicuro”.

Al panorama purtroppo già noto, questa decisione romana aggiunge un altro strumento con cui taluni giudici interpretano il diritto. Ma lui aveva già capito tutto. Diceva: “mit Einmischung anderer Mittel”. Che suona più o meno “facendo una miscela di più mezzi”. Parlava, appunto, della guerra e della politica. Ed era von Clausewitz.


Pier Luigi Portaluri, Università del Salento

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